BRAIN MIND & LIFE: UCCELLI E CERVELLO

AGGIORNAMENTO

 

Firenze, 28 OTTOBRE 2005

SCHEDA INTRODUTTIVA

 

RICERCA NEGLI UCCELLI E NEUROSCIENZE 

 

 

Quando a un congresso di inizio anni Novanta furono mostrate le immagini di una gallina che si comportava come una quaglia dopo un trapianto di circuiti nervosi, fummo in molti a provare pena per il povero animale: l’immagine dei tentativi innaturali e inefficaci di volare era di quelle difficili da dimenticare. Tuttavia, proprio in quella circostanza, molti ricercatori parlarono del debito di riconoscenza che il progresso neuroscientifico ha contratto nei confronti dei pennuti, e noi citammo Fernando Nottebohm che, nel corso del decennio precedente, aveva per primo dimostrato la neurogenesi in un cervello di animale adulto, studiando il canto degli uccelli.

Introducendo questa discussione tematica sui risultati della ricerca neuroscientifica condotta su specie aviarie, che trae spunto dalla presentazione dell’interessante lavoro che dal 1977 Irene Pepperberg conduce con un pappagallo cenerino di nome Alex, dovremmo distinguere ciò che abbiamo imparato sul sistema nervoso in generale da ciò che abbiamo appreso sugli uccelli stessi, ma questo non sempre è facile, come ci si potrà rendere conto da questa breve esposizione.

 Gli studi pionieristici di Cerella (1977), che Gerald Edelman è solito citare nelle sue lezioni, dimostrarono che i piccioni dopo aver visto esemplari di foglie di una varietà di quercia (Q. alba), erano in grado di estrarne un prototipo schematico “mentale” che consentiva loro di riconoscere le foglie di vari tipi di quercia (fino a 40) e di distinguerle da quelle di altri alberi. Questa capacità fu indagata da Herrnstein -uno studioso che si era già occupato dei “concetti visivi dei piccioni” (1964)- il quale dimostrò che questi uccelli sono  in grado di formare dei prototipi anche da immagini riproducenti acqua, donne, alberi e pesci (1982). Cerella, Herrnstein ed Edelman chiamano questa abilità generalizzazione, noi preferiamo descriverla come capacità di formare ed utilizzare per il riconoscimento memorie tipologiche che includono forme isomorfe o varianti di un tema strutturale paradigmatico.

Ciò che colpisce, è che questi volatili sono in grado di operare delle distinzioni sulla base di criteri che corrispondono a quelli impiegati dall’intelligenza umana per la costruzione di classi, ovvero per la classificazione.

Un altro straordinario filone di studi riguarda le capacità aritmetiche: vari uccelli hanno mostrato la capacità di distinguere e riconoscere gli insiemi di bassa numerosità sulla base di un meccanismo operante anche nel cervello dei mammiferi.

La maggior parte dei tassonomisti concorda nel riconoscere l’esistenza di una trentina di ordini di uccelli, per un totale di circa 8500 specie viventi, delle quali all’incirca la metà si classifica nel sottordine degli Oscini, ossia degli uccelli canori, parte dell’Ordine dei Passeriformi. E’ noto che nelle specie più comuni il canto è caratteristica del maschio e serve ad attrarre la femmina, ma svolge anche altre funzioni quali la segnalazione della presenza ai vicini e l’affermazione di diritti su un territorio di riproduzione.

Il canto degli uccelli ha delle caratteristiche strutturali (unità minima, frase, canzone) e fisiologiche (sequenze cerebrali ed esecuzione vocale) in comune con il linguaggio verbale umano, pertanto il suo studio consente di acquisire dati per la costruzione di modelli elementari o schematici dei processi alla base della nostra comunicazione (Note e Notizie 05-02-05 Scoperte negli uccelli unità minime per lunghe memorie).

Come prima accennato, proprio studiando il canto degli uccelli, Fernando Nottebohm dimostrava per la prima volta un fenomeno di neurogenesi nel cervello di un vertebrato adulto: evidenziò e fotografò al microscopio nuovi neuroni in migrazione, prima lungo fibre astrocitarie radiali -come i neuroblasti durante lo sviluppo- e poi attraverso il proencefalo in tutto il cervello. Nottebohm dimostrò anche che i nuovi neuroni andavano ad occupare posti specifici nei circuiti necessari all’apprendimento del canto ed ipotizzò che la comprensione dei meccanismi di espressione dei geni che regolano questi processi, potesse condurre a terapie delle malattie neurodegenerative che colpiscono il cervello umano (Science 225, 4666, 7 settembre 1984; Nature 335, 6188, 22 settembre 1988).

Oltre che per la loro dimostrata appartenenza filogenetica ai Rettili, gli uccelli sono straordinari da molti punti di vista, basti pensare alla longevità: un canarino pesa quanto un topolino ma vive dieci volte di più, alcuni pappagalli in Sud America hanno costituito, per gli storici, traccia del passaggio degli Spagnoli risalente a quasi cent’anni prima per le parole che questi erano in grado di ripetere. Un altro aspetto affascinante è dato dalla capacità di alcune specie di ritornare al proprio nido o alla terra di origine da luoghi straordinariamente lontani. Per secoli i piccioni viaggiatori hanno costituito il più veloce sistema di telecomunicazione in ambito umano: la stessa agenzia Reuters, ai suoi albori, affidava le notizie alle ali di impagabili collaboratori pennuti. Ancora nel 1850, si legge nella storia di questa agenzia, mancando il collegamento telegrafico fra Aquisgrana e Bruxelles, le quotazioni del mercato finanziario erano trasmesse da uno stormo di 40 piccioni. Le basi neurofisiologiche di questa straordinaria abilità sono oggetto di studio e di interessanti nuove acquisizioni (Note e Notizie 14-01-05 Un segreto tra becco e cervello).

Lo studio del fenomeno della migrazione, i cui fondamenti neurobiologici sono ormai accertati, continua a fornire nuove nozioni e sorprese rilevanti (Note e Notizie 29-10-05 Un secondo meccanismo negli uccelli migratori).

Veniamo ora all’occasione che ha motivato questo incontro di aggiornamento, ossia la presentazione a Firenze delle ricerche di Irene Pepperberg.

Mi piace notare che questa studiosa, docente all’Università di Tucson in Arizona, proviene culturalmente dalla chimica teorica ed ha cominciato ad occuparsi di capacità cognitive degli uccelli per diletto, incuriosita dagli studi sulle abilità di comunicazione dei primati. La Pepperberg notava che questi ultimi, più intelligenti degli uccelli ma privi di parola, richiedevano che si insegnasse loro ad usare lettere da ordinare su lavagne magnetiche per comporre piccole frasi di senso, oppure gli si insegnassero delle semìe sostitutive come il linguaggio dei gesti dei sordomuti. In quegli anni in tutto il mondo si parlava di due scimpanzé: Sarah, la scimmia di David Premack, e Washoe, che i coniugi Gardner avevano allevato con la cura di un figlio. La Pepperberg fu attratta dall’idea di poter utilizzare la capacità dei pappagalli di ripetere spontaneamente parole, per indagare le ulteriori possibilità del substrato neurale che rende questo fenomeno possibile.

La specie cui appartiene Alex può raggiungere i sessant’anni, per cui il suo cervello all’età di 13 mesi, quando ha avuto inizio l’addestramento, era come quello di un bambino in età pre-scolare. Oggi il pappagallo della Pepperberg è in grado di identificare, chiedere e descrivere oltre cento oggetti con un’accuratezza stimata intorno all’80%. Per dare un’idea di queste abilità, chiudiamo questa scheda introduttiva con la trascrizione della registrazione di un breve dialogo.

 

DIALOGO FRA ALEX E IRENE

 

La ricercatrice accosta al pappagallo un ampio vassoio bianco su cui sono disposti alla rinfusa palline di lana blu e verde, quattro dadi blu e quattro verdi.

 

IRENE – Bene Alex, ecco il tuo vassoio. Vuoi dirmi quanti sono i dadi blu?

 

ALEX – Dadi.

 

IRENE – Certo, dadi … Quanti sono quelli blu?

 

ALEX – Quattro.

 

IRENE – Giusto. Vuoi il dado?

 

ALEX – Voglio una noce.

 

IRENE – Okay, eccoti una noce. (Irene aspetta mentre Alex mangia la noce e, quando sembra abbia finito, riprende) Ora, sai dirmi quante sono le palline di lana verde?

 

ALEX – Sei.

 

IRENE – Bravo.

 

Nicole Cardon & Diane Richmond

BM&L-Ottobre 2005

www.brainmindlife.org