UN SECONDO MECCANISMO
NEGLI UCCELLI MIGRATORI
La capacità di
alcune specie animali di compiere migliaia di chilometri lungo rotte
transcontinentali con un preciso orientamento ha sempre affascinato l’uomo.
Attualmente si conoscono due tipi di strategie che consentono all’istinto,
ovvero agli schemi d’azione geneticamente specificati, di fare da bussola nelle
straordinarie imprese migratorie.
La prima strategia, impiegata dal sistema nervoso degli uccelli e
delle tartarughe marine, segue questo principio: l’orientamento verso il polo è
dato dalla direzione lungo la superficie della terra in cui l’angolo fra la
componente verticale del campo magnetico ed il vettore di gravità è il minore
possibile. Si ritiene che questa strategia migratoria sia possibile grazie a
reazioni chimiche sensibili al campo magnetico, innescate durante
l’assorbimento della luce da parte di fotopigmenti retinici specializzati.
Modificazioni dei campi magnetici determinano effetti su queste reazioni che si
traducono in segnalazione per i neuroni specifici.
La seconda strategia, seguita dai salmoni e dalle aragoste, determina
il nord impiegando la componente orizzontale del campo magnetico.
Wiltschko e i
suoi collaboratori hanno studiato l’influenza dell’intensità della luce sull’abilità
di orientamento di una varietà di robin (Turdus migratorius).
Nel campo
geomagnetico locale, sotto l’effetto di una luce turchese di bassa intensità, i
tordi mostravano un normale comportamento migratorio dirigendosi a sud in
autunno e verso nord in primavera. Impiegando una luce turchese di alta
intensità il comportamento degli uccelli ne era disturbato: in entrambe le
stagioni preferivano la rotta settentrionale.
Questo risultato
inaspettato ha indotto i ricercatori a studiare il meccanismo di orientamento
in luce di alta intensità, manipolando il campo magnetico. Il risultato è
davvero interessante. L’inversione della componente orizzontale del campo magnetico
determinava il cambiamento di direzione degli uccelli; al contrario, la
manipolazione della componente verticale non produceva effetti, come se i
tordi, in luce di alta intensità, impiegassero la strategia dei salmoni e delle
aragoste. Pertanto, Wiltschko e i suoi colleghi hanno deciso di mettere alla
prova questa ipotesi sottoponendo gli uccelli ad un campo magnetico oscillante,
condizione che disturba l’orientamento basato sulla componente verticale del
campo magnetico. Il risultato era un chiaro disorientamento dei tordi in luce
di bassa intensità e nessuna modificazione nell’esperimento con l’illuminazione
di alta intensità (Wiltschko et al, Two
different types of light-dependent responses to magnetic field in birds. Curr.
Biol. 15, 1518-1523, 2005).
Gli autori
concludono che gli uccelli possiedono entrambi i meccanismi di magnetorecezione
alla base delle due strategie migratorie e, in alcune condizioni, si può
verificare una conversione dalla prima alla seconda modalità di orientamento.