RITA LEVI-MONTALCINI COMPIE CENTO ANNI

 

 

“La conoscenza è per definizione un bene – forse il bene primario dell’uomo – perché senza di essa non vi possono essere le altre libertà fondamentali alle quali ci si appella di continuo”[1]. Con questa frase di Rita Levi-Montalcini, Giuseppe Perrella, Presidente della Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, ha aperto la sua relazione per la celebrazione del centesimo compleanno della scienziata torinese, ed ha poi proseguito impiegando la dimensione della conoscenza come chiave di lettura della biografia scientifica e personale della scopritrice del fattore di crescita della cellula nervosa o NGF (nerve growth factor)[2]. Dall’impiego del metodo scientifico in laboratorio, all’esercizio della conoscenza come prassi quotidiana di approccio alla realtà, il conoscere nelle sue forme tecniche, così come nella sua essenza di modus vivendi, è stato ed è al centro dell’esistenza della neurobiologa e probabilmente ha contribuito alla sua longevità[3].

I suoi studi hanno aperto una finestra sul mondo vasto e complesso della regolazione dello sviluppo del sistema nervoso, infatti, come si legge nella motivazione dell’assegnazione del Premio Nobel da parte dell’Accademia delle Scienze di Svezia, prima dei suoi studi non vi era alcuna idea di “come lo sviluppo del sistema nervoso e l’innervazione degli organi fossero regolati”. La regolazione dello sviluppo e i suoi meccanismi molecolari costituiscono un vasto ambito di conoscenza che impegnerà la ricerca ancora per molti decenni.

L’uditorio ha avuto modo di rendersi conto di quanto la molecola isolata dalla madre nobile della neurobiologia italiana sia di attualità, seguendo una rassegna sintetica dei più recenti sviluppi della ricerca sull’NGF, conclusa con un riferimento ad uno studio del suo impiego per la terapia della malattia di Alzheimer[4].

Le principali tappe della vita della Montalcini, quali la nascita a Torino il 22 aprile del 1909, la laurea in medicina e chirurgia nel 1936, la scoperta dell’NGF negli anni Cinquanta, il Premio Nobel nel 1986, la nomina a senatore a vita nel 2001, sono ormai diffusamente note e molti aspetti biografici, così come il racconto delle vicende ricche di imprevisti che hanno portato ad isolare il primo fattore di crescita[5], sono stati oggetto delle relazioni svolte negli anni precedenti, alle quali il presidente ha rimandato (Note e Notizie 26-04-08 Giuseppe Perrella ringrazia Rita Levi Montalcini nel suo 99° compleanno; Note e Notizie 21-04-07 Buon compleanno a Rita Levi Montalcini da BM&L; Note e Notizie 18-12-05 Giuseppe Perrella su Rita Levi Montalcini)[6], richiamando l’attenzione su una seconda chiave di lettura, dopo quella della conoscenza: la priorità del valore dei contenuti della ricerca sulle forme della sua organizzazione.

La Montalcini ebbe facilmente accesso al laboratorio di Giuseppe Levi il quale, quando fu espulso dall’Università a causa delle leggi razziali, trovò asilo presso la sua allieva che trasformò la camera da letto di casa sua in un piccolo laboratorio di fortuna. Qui di seguito leggiamo uno stralcio della sua narrazione di quei giorni.

“Quando cominciai il mio lavoro negli anni Quaranta, gli strumenti necessari per attuare il mio programma non erano molti […] la spesa più impegnativa fu uno stereomicroscopio per operare gli embrioni e un microscopio binoculare Zeiss. Completava l’attrezzatura una serie di pinze da orologiaio, microforbici e strumenti chirurgici consistenti in comuni aghi da cucito che trasformavo, con l’aiuto di una pietra molare a grana finissima, in microbisturi taglienti e in spatole. La mia piccola camera da letto fu trasformata in laboratorio. Di fronte alla finestra che affacciava su un lungo balcone prospiciente il cortile del palazzo, sistemai il tavolo con la cassetta nella quale operavo gli embrioni. Tra il tavolo operatorio e il letto, su due altri tavoli, disposi il microtomo e il microscopio Zeiss […]. L’inverno del ’40 e la primavera del ’41 trascorsero nell’esecuzione degli esperimenti nel mio minuscolo laboratorio”[7].

In proposito il presidente ha sottolineato: “Nella loro giornata di lavoro, tutto il tempo era dedicato alla realizzazione degli esperimenti, all’interpretazione dei risultati e alla elaborazione di strategie sperimentali per la prosecuzione del cammino di conoscenza”.

In Italia si assiste da tempo ad una burocratizzazione di molti aspetti che attengono all’accesso alla carriera di ricercatore, alla realizzazione di un progetto di ricerca, all’ottenimento di fondi, e così via, in una misura che, come già osservava Leonardo Ancona sulla base degli studi di Erickson, sembra essere inversamente proporzionale al grado di competenza dei gestori del potere decisionale[8], e direttamente proporzionale al grado di manipolazione che costoro intendono operare. Sembra anche che oggi vi sia assuefazione al fatto che nell’accesso alla ricerca siano preferiti coloro che sono più strettamente collegati ai gestori e ai loro interessi, che gli altri debbano accumulare titoli fino ad oltre i quarant’anni prima di poter realmente iniziare a condurre esperimenti, che molti possano impiegare l’immagine di ricercatore o professore per costruire carriere politiche destinate a generare altre fonti di reddito e profitto, spesso senza produrre nulla di rilevante per la scienza e per la collettività. Tutto l’opposto di quanto avveniva nel laboratorio di Viktor Hamburger a St. Louis o in quello di Giuseppe Levi a Torino, dal quale sono venuti tre premi Nobel: Salvador Luria, Renato Dulbecco e, appunto, la Montalcini.

Proseguendo nell’esposizione, Giuseppe Perrella ha introdotto il modo in cui la scienziata torinese ha affrontato ed affronta la vecchiaia, con la seguente citazione: “Nel gioco della vita la carta di maggior valore è rappresentata dalla capacità di avvalersi, in tutte le fasi e in particolare nella fase senile, delle proprie facoltà mentali e psichiche”[9].

Anche se, sia la longevità che l’integrità cerebrale devono molto al patrimonio genetico ricevuto in eredità, non si devono trascurare gli effetti della saggia amministrazione di sé[10]. L’atteggiamento attivo e fiducioso col quale la professoressa impegna il proprio intelletto, frequentando quotidianamente il laboratorio, leggendo articoli sull’NGF e saggi scientifici, ha senz’altro un ruolo importante nel mantenimento della sua straordinaria efficienza cognitiva. In chiave psicologica, una risorsa straordinaria è rappresentata dal trarre stimoli e gratificazioni dall’impegno quotidiano delle proprie risorse cognitive e non da un eventuale riconoscimento: “Lo scopo ultimo di quanto si produce non è il premio, ma il piacere di utilizzare al meglio le capacità cognitive delle quali è dotato l’Homo sapiens”, ha recentemente affermato per incoraggiare i giovani[11]. Il trarre energie dal proprio impegno attivo e non dipendere da un evento esterno e incerto, contribuisce alla stabilità psicologica ed al mantenimento di uno stato psichico di fondo tendente alla fiducia e all’ottimismo. Il suo atteggiamento positivo la porta a non vivere come handicap la diminuzione dell’udito che la obbliga a servirsi di un apparecchio acustico, né quella della vista che la costringe a leggere con un ingranditore.

Rita Levi-Montalcini, nella sua costanza e perseveranza, sa di realizzare i valori ai quali è stata formata fin dall’infanzia. Non è un mistero che sia atea, tuttavia la sua vita, in una prospettiva cristiana, assomiglia a quella del vignaiolo del Vangelo che va a lavorare nella vigna pur avendo detto di non volervi andare. In altre parole, pur affermando di non credere nell’esistenza di un Dio che ci premia e ci punisce, la sua vita è stata un continuo impegno volto al bene e “senza peccati gravi”, come ha lei stessa affermato[12]. E’ costante il suo impegno nel promuovere l’istruzione e l’alta qualificazione professionale delle donne africane, attraverso la fondazione che porta il nome del padre, ed è frequente il suo sostegno a grandi iniziative umanitarie, come la lotta contro le mutilazioni genitali femminili. La sua dedizione al problema degli ammalati di sclerosi multipla non è disgiunta dall’attenzione ai giovani ricercatori che operano in questo campo, fra i quali ogni anno dal 1999 è scelto il più meritevole per l’assegnazione di un premio che porta il suo nome.

La terza ed ultima chiave di lettura della biografia montalciniana proposta dal nostro presidente è la volontà. Il costante esercizio di un volere in grado di dirigere e finalizzare l’atto quotidiano appare come una pratica capace di rinforzare l’Io e generare effetti positivi nell’equilibrio mente/corpo. Seguendo la traccia del pensiero di Seneca, possiamo affermare che la virtù della perseveranza nel dedicarsi alle cose che valgono trascurando quelle apprezzate dalla maggioranza ma prive di valore costruttivo, è la migliore espressione della volontà che conduce ad un equilibrio generatore di forza, e si può definire col titolo stesso di un’opera del filosofo di Cordova: Costanza del Saggio.

Secondo Giuseppe Perrella il lungo percorso della vita di Rita Levi-Montalcini sembra aver seguito il precetto di Seneca: “Occorre perseverare e con applicazione assidua acquistare vigore, fino a che diventi saggezza quel che era buona volontà”[13].

 

Nicole Cardon & Monica Lanfredini

BM&L-Aprile 2009

www.brainmindlife.org

 

[Tipologia del testo: RESOCONTO DI UNA RELAZIONE ORALE]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Rita Levi-Montalcini, Abbi il coraggio di conoscere, p. 196, Rizzoli, Milano 2004.

[2] L’NGF è un dimero costituito da due catene polipeptidiche identiche di 13.250 Da, con tratti di sequenza in comune con l’insulina. Il gene è membro della famiglia NGF-beta con localizzazione 1p13.1.

[3] Il nostro presidente ipotizza che la sopravvivenza dei nuovi neuroni ippocampali indotta dall’impegno cognitivo, e lo stimolo alla neurogenesi cerebrale indotto dall’attività, incidano positivamente sulla durata della vita, anche se tale ipotesi, a quanto ci risulta, attende ancora una conferma sperimentale.  

[4] Una recensione di questo studio sarà proposta la prossima settimana.

[5] Storicamente, l’NGF è stato in assoluto il primo fattore di crescita ad essere isolato e, a lungo, lo si è definito fattore neurotrofico, ma oggi si sa che il suo spettro d’azione è molto più ampio. Non è stato scoperto nel 1951, come erroneamente riportato dal quotidiano “La Repubblica” dell’11 aprile 2009, ma alcuni anni dopo. Nel 1953 fu eseguito da Hertha Meyer e dalla Montalcini, presso l’Istituto di Biofisica di Rio de Janeiro, il primo esperimento in coltura che dimostrava che i sarcomi di pollo 180 e 37 erano in grado di stimolare la crescita di gangli nervosi. La Montalcini ipotizzò che un fattore contenuto in quei tumori agisse da stimolo, ma non sapeva se si trattasse di un acido nucleico o di una proteina. Come riferito dalla Montalcini stessa in un articolo del 1979, il biochimico Stanley Cohen si unì al loro gruppo della Washington University di St. Louis per identificare l’agente attivo. Ben presto Cohen  riuscì a purificare la frazione tumorale in grado di stimolare la crescita delle fibre nervose ed ipotizzò che la molecola responsabile dell’effetto fosse una nucleoproteina (non si sapeva molto degli acidi nucleici; proprio nel 1953 Watson, Crick e Wilkins pubblicarono il celebre articolo che proponeva la struttura a doppia elica del DNA). Fu poi un evento fortuito, che si verificò due anni più tardi, a consentire l’identificazione del fattore di crescita. Per chiarire se la frazione molecolare attiva fosse la proteina o l’acido nucleico, Cohen decise di degradare gli acidi nucleici mediante la fosfodiesterasi contenuta in un veleno di serpente; in tal modo scoprì per caso che il veleno aveva un potere di stimolare la crescita dei gangli nervosi maggiore dei due sarcomi del pollo e, successivamente, riuscì ad identificare il fattore con una proteina. Furono poi Ruth Hogue Angeletti e Ralph Bradshaw a determinare la sequenza aminoacidica dell’NGF. Una ricostruzione più dettagliata dei contributi che hanno portato alla conoscenza dell’NGF si trova in Note e Notizie 30-04-03 Il lavoro di Angelo Vescovi e Gianvito Martino sulla rigenerazione della mielina.

[6] Cercando nell’elenco delle “Note e Notizie” si trovano numerosi altri riferimenti a Rita Levi-Montalcini.

[7] Rita Levi-Montalcini, Cronologia di una scoperta. Baldini, Castoldi e Dalai, Milano 2009 (Il volume è in vendita a 18 € dal 14 aprile 2009). Si veda anche l’autobiografia Elogio dell’imperfezione (Garzanti, 1987).

 

[8] La “burocraticità”, sosteneva Leonardo Ancona, è un vizio che si contrappone alla virtù della competenza: meno si è competenti, più si tende ad essere burocratici. Neurologo e neuropsichiatra, il professor Ancona, allievo e collaboratore di Agostino Gemelli, condusse studi di psicologia sperimentale presso il Massachusetts Institute of Technology (MIT) e tentò una sintesi fra le teorie psicoanalitiche e le tesi emergenti da altri filoni della ricerca psicologica e neuroscientifica.

[9] Rita Levi-Montalcini, Abbi il coraggio di conoscere, p. 99, Rizzoli, Milano 2004. Il titolo del capitolo sintetizza egregiamente l’idea di fondo: “Il cervello non deve mai andare in pensione”.

 

[10] L’igiene alimentare dei longevi prevede sempre un apporto alimentare molto ridotto. La Montalcini è al corrente degli sviluppi della ricerca in questo campo (si vedano: Note e Notizie 15-09-07 Come la riduzione di cibo allunga la vita; Note e Notizie 14-03-09 La riduzione di cibo sembra migliorare la memoria), ma ha già da lungo tempo limitato al minimo indispensabile l’assunzione di cibo: un solo pasto all’ora del pranzo e, talvolta, a sera si concede un brodo o un’arancia.

[11] Rita Levi-Montalcini, Vivere (come me) fino a 100 anni. La Repubblica, p.19, sabato 11 aprile 2009.

[12] Rita Levi-Montalcini, ibidem.

[13] Lucio Anneo Seneca, ep. 16,1, in Tutte le Opere, a cura di Giovanni Reale, Bompiani, Milano 2000.