IL MIGLIOR TRATTAMENTO DEL DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO

 

(QUARTA PARTE)

 

Proseguiamo nella pubblicazione della trascrizione dell’intervento del Presidente della Società Nazionale di Neuroscienze all’incontro dei soci di “Brain, Mind & Life Italia”, dedicato ai recenti sviluppi della ricerca sul disturbo ossessivo-compulsivo. La prime tre parti sono state pubblicate nelle scorse settimane (Note e Notizie 25-10-08 Il miglior trattamento del disturbo ossessivo-compulsivo – prima parte; Note e Notizie 01-11-08 Il miglior trattamento del disturbo ossessivo-compulsivo – seconda parte; Note e Notizie 08-11-08 Il miglior trattamento del disturbo ossessivo-compulsivo – terza parte). La quinta parte sarà pubblicata la prossima settimana.

 

E infatti, almeno nella sostanza, era proprio così: Schwartz aveva concepito un metodo per far sì che i suoi pazienti potessero rimodellare le proprie funzioni cerebrali attraverso strategie di pensiero ed attività. Ma, l’aspetto che rendeva veramente interessante seguire il lavoro che si stava conducendo presso la UCLA, in un periodo in cui le terapie non farmacologiche erano in massima parte fondate su concezioni di scuola, più legate a tradizioni interpretative che a conoscenze scientifiche, era che il metodo di trattamento veniva valutato nella sua efficacia mediante il riscontro oggettivo della PET, la quale avrebbe potuto anche indirettamente confutare o confermare la validità della teoria patogenetica, in base alla concordanza o discordanza dei dati di neuroimmagine con il permanere o ridursi della sintomatologia.

Come ha avuto modo di spiegare Mario Beauregard, suo collega ed amico, lo psichiatra della UCLA rifiutava i metodi direttivi e coercitivi tipici della terapia comportamentista, e riteneva inefficace l’approccio più diffuso, quello di tipo cognitivo-comportamentale, basato sulla correzione di “punti di vista distorti”. Di fatto, il suo metodo non considerava le razionalizzazioni dei pazienti come opinioni erronee e, meno che mai, riteneva che la cura potesse consistere nel far loro cambiare idea o, come si dice in inglese, in changing their minds, ma, piuttosto, in changing their brains.

In altre parole, voleva fare in modo, come il mio amico affetto da OCD, che i “circuiti sfuggiti al controllo” fossero ricondotti ad un’attività normale da una “palestra mentale”.

Il mio interesse era anche accresciuto dal fatto che, a differenza di quanto era stato assunto da molti teorici americani del trattamento cognitivo-comportamentale, che consideravano il paziente tutt’uno con la sua ideazione sintomatica,  Schwartz definiva l’OCD alieno dalle persone che ne erano affette, evidentemente in virtù di un’esperienza clinica non tanto diversa dalla mia. La costante e netta scissione del soggetto dall’oggetto-sintomo, sembrava trovare una giustificazione nei reperti PET: le aree prefrontali filogeneticamente più recenti, cui si attribuiscono le funzioni cerebrali del più alto livello di integrazione e quelle psichiche del più alto grado di astrazione, risultavano indenni dal funzionamento patologico.

Jeffrey Schwartz aveva definito un programma in quattro fasi così denominate: Relabel, Reattribute, Reassign e Revalue. Il suo scopo o, per meglio dire, la sua ambizione, sembrava essere quella di ottenere un rimodellamento del cervello stesso, attraverso le strategie e gli esercizi volti a liberare la vita mentale dai sintomi.

Ciascuno dei quattro passi del suo programma aveva uno scopo ben preciso e, sebbene l’esposizione che avevo letto avesse suscitato in me la diffidenza che provo sempre per le forme di intervento che sembrano voler ingabbiare la vita psichica in un’angusta schematicità, ne ricavai un’impressione positiva, tanto che crebbe in me l’attesa per i risultati della sperimentazione terapeutica che il gruppo di  Schwartz stava conducendo su pazienti affetti da sindromi diagnosticate come forme di OCD da moderate a gravi.

 

[continua]

 

La registrazione è stata trascritta da Isabella Floriani

BM&L-Novembre 2008

www.brainmindlife.org

 

[Tipologia del testo: RELAZIONE ORALE TRASCRITTA]