IL MIGLIOR TRATTAMENTO
DEL DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO
(SECONDA PARTE)
Proseguiamo nella pubblicazione della trascrizione dell’intervento del Presidente della Società Nazionale di Neuroscienze all’incontro dei soci di “Brain, Mind & Life Italia” dedicato ai recenti sviluppi della ricerca sul disturbo ossessivo-compulsivo. La prima parte è stata pubblicata la scorsa settimana (Note e Notizie 25-10-08 Il miglior trattamento del disturbo ossessivo-compulsivo).
“Al mio amico, che
aveva letto tutto quanto poteva sull’argomento e mi chiedeva un’opinione,
illustrai la mia ipotesi: dei circuiti cerebrali, per un difetto funzionale di
presumibile origine genetica, in particolari condizioni si sottraggono
all’integrazione propria dell’equilibrio omeostatico complessivo, generando
un’attività che spinge i sottosistemi encefalici verso la produzione dei
sintomi. Verosimilmente, gli impulsi creati da questo anomalo funzionamento
inducono risposte cerebrali tendenti a ristabilire fra i circuiti l’equilibrio
di base proprio dell’organizzazione fisiologica complessiva. L’azione dei
“sistemi globali”, che gestiscono gli eccessi locali investendo la coscienza,
sarebbe responsabile della risposta costituita da un particolare tipo di
ideazione, le cui caratteristiche si possono facilmente descrivere nei termini
psicoanalitici della razionalizzazione.
La persona è spinta verso un contenuto mentale ed un assetto psichico
particolare da uno stato cerebrale che avrebbe questa origine neurobiologica, e
non sarebbe il prodotto di un inconscio patogeno, come allora si voleva in una
prospettiva freudiana. Aggiunsi anche di essere convinto che il cedere alla
tendenza di porre in atto comportamenti strutturati come conseguenza degli
impulsi, creasse un apprendimento capace di aggravare i sintomi. In
particolare, poiché sulla ripetizione si fonda il consolidarsi delle memorie,
ritenevo e ritengo probabile che l’assecondare le spinte compulsive rafforzi l’attività
sinaptica legata a quel funzionamento, accrescendone l’efficienza e l’importanza,
con il conseguente accentuarsi delle manifestazioni sintomatiche.
Ipotizzavo che lo
svincolarsi dei circuiti iperfunzionanti dall’equilibrio dinamico che vige nel
cervello consistesse in un sottrarsi al controllo neoencefalico, accedendo ai
meccanismi a ricompensa sottocorticali in grado di generare la compulsione.
Quest’ultima idea era stata ritenuta un’eresia dai miei professori, perché
l’opinione corrente in psichiatria si era formata su un modello di paziente
ossessivo iperattivo nell’elaborazione cosciente, che si voleva affidata alla
neocorteccia dei lobi frontali.
Reso
edotto di tutto quanto ho appena sintetizzato, il mio amico sostenne che la mia
ipotesi eziopatogenetica, indipendentemente da future conferme o smentite
sperimentali, appariva compatibile con la sua realtà e meno astrusa di quelle
che attribuivano ai sintomi il valore di simboli il cui significato era da
ricercarsi nell’inconscio. Informatosi, poi, sulle terapie farmacologiche,
allora basate sull’uso di benzodiazepine ed antidepressivi triciclici, decise
che il miglior trattamento per il suo problema non sarebbe stato di natura
psichiatrica, ma sarebbe consistito nel frequentare una “palestra mentale” che
lo avesse indotto ad impegnare le sue risorse cognitive ed affettive in
un’attività in grado di togliere spazio al funzionamento anomalo, creando
abitudini fortemente consolidate.
Mise in
atto il proposito e, dopo qualche mese, ebbe i primi risultati. Con distacco
autoironico, caratteristico della sua viva intelligenza, definiva “tentazioni” le
spinte ossessive, “vizi” le condotte compulsive e “perseveranza quotidiana nel
coltivare le virtù”, l’impegno della sua volontà. Mi riferì di riuscire a
soffocare l’emergere degli impulsi con il consolidamento delle “priorità
virtuose” che lo tenevano in costante rapporto con altre persone,
allontanandolo dalle “tentazioni”. Ebbe a dire: “Ho insegnato a molte persone a
costringermi nel modo giusto, a vincolarmi alle loro attività, così da
crearmi priorità esterne più forti dei miei vizi. All’inizio sudavo freddo e mi
sentivo in conflitto, poi, poco a poco, sono passato anche emotivamente dalla
parte dei miei alleati esterni.”
[continua]
[Tipologia del testo: RELAZIONE ORALE
TRASCRITTA]