Una nuova terapia per la malattia di Parkinson

Diretta infusione cerebrale di un fattore neurotrofico

 

 

Sebbene in molti pazienti la terapia della malattia di Parkinson con L-DOPA, agonisti dopaminergici, anticolinergici ed altri farmaci impiegati di routine, manifesti presto i propri limiti, come nel caso della discinesia che insorge mediamente dopo tre anni, complessivamente l’efficacia dei trattamenti attuali è notevole, riuscendo a garantire discrete condizioni di vita agli affetti per molti anni. Il problema reale, che accomuna le malattie neurodegenerative, è rappresentato dall’irreversibilità di un processo inesorabilmente progressivo (per un quadro generale sulla malattia di Parkinson si veda “Parkin e Parkinson” del 6 aprile scorso) per questo motivo una terapia che non si limiti a sostituire gli effetti dopaminergici dei neuroni distrutti, ma sia rivolta a contrastare il processo degenerativo è attualmente oggetto di molte ricerche. Un trial di terapia sperimentale che sembra essere molto promettente, è quello condotto da Steven Gill dell’Institute of Neuroscience di Bristol: da due anni è in trattamento un gruppo di pazienti con l’infusione cerebrale diretta, mediante una sottile cannula impiantata in permanenza, del fattore neurotrofico derivato da linee cellulari gliali (GDNF). Il lavoro che sarà pubblicato su Nature Medicine (S. S. Gill et al. Direct brain infusion of glial cell line derived neurotrophic factor in Parkinson disease. Nature Medicine, published online, doi:10.1038/nm850, 2003) sembra chiaramente mostrare i segni di una sia pur limitatissima rigenerazione. I neuroni dopaminergici vanno incontro a sprouting, formando nuovi dendriti, ed è anche possible dimostrare un aumento dell’attività di sintesi della dopamina intraneuronica. Uno dei pazienti in trattamento, precedentemente costretto a limitarsi ad una vita casalinga, ora è entrato a far parte della locale squadra di bowling.

 Se i dati esposti saranno confermati, la terapia con questo fattore neurotrofico sarebbe la prima in grado di determinare una reale inversione della progressiva perdita dei neuroni della substantia nigra di Soemmering (vedi Sostanza Nera in “Alfabeta”). Sebbene Gill ritenga che a breve, al più fra cinque anni, questo trattamento potrà diventare routinario, sarà necessario attendere e valutare l’evoluzione di questo ed altri studi controllati, soprattutto per il rischio di insorgenza di effetti collaterali a lungo termine.

 

                                                                                                                     BM&L- April 2003