LA MALATTIA DI PARKINSON, BM&L E IL “SITO ITALIANO SULLA MALATTIA DI PARKINSON”

 

 

 

Un’introduzione estremamente sintetica ai principali aspetti semeiologici e clinici della malattia di Parkinson si trova nelle prime righe di “Parkin e Parkinson” (vedi in NOTE E NOTIZIE alla data 6 aprile 2003). Il breve riassunto, concepito per ricapitolare tutti i principali segni che è possibile rilevare, è stato particolarmente apprezzato dagli studenti delle facoltà mediche che, avendo già studiato l’argomento in varie trattazioni, hanno trovato questa sintesi utilmente efficace.

Le nostre “Note e Notizie” (fatta eccezione per quelle di evidente carattere generale), infatti, si rivolgono a studiosi e studenti e a tutti coloro che, avendo già una preparazione di base, siano disposti ad un approfondimento specialistico. Il “target”, come si suole dire, è quello della rivista scientifica di settore. Naturalmente ci piacerebbe rendere ciascuno degli argomenti completamente fruibile da parte del grande pubblico, ma questo è spesso impossibile per le materie scientifiche, a meno che non si vogliano trasmettere solo concetti vaghi e generici.

In altre sedi abbiamo discusso il problema della “diffusione della conoscenza scientifica” sottolineando la necessità di una formazione, talvolta anche molto articolata, semplicemente per capire l’oggetto di una ricerca; questa intrinseca difficoltà è così stata efficacemente sintetizzata in un dibattito da una nostra giovane collaboratrice: non si può spiegare il teorema di Pitagora a chi non sa le tabelline.

 

Ciò premesso, dobbiamo dire che proviamo sempre un certo disagio (chi scrive, parla a nome di molti soci che condividono questa sensazione) quando visitiamo siti web di argomento medico che pretendono di rivolgersi “a tutti” proponendo come notizie di cronaca, allo stesso modo, risultati della ricerca e lanci di agenzie. A proposito della malattia di Parkinson, abbiamo visitato quello che si propone come “Il sito italiano della Malattia di Parkinson”(www.parkinson.it) ed il disagio si è immediatamente mutato in preoccupazione, leggendo sotto il titolo “La stimolazione cerebrale profonda del nucleo subtalamico guidata dalla risonanza magnetica”, questa notizia: “Questa procedura è sicura ed efficace e permette di risparmiare tempi e costi”.

Che questa procedura invasiva, che fino ad oggi non ha dimostrato alcuna particolare efficacia tranne qualche effetto sul tremore e sul movimento, faccia risparmiare tempi e costi, è vero. Il problema è che è assolutamente falso affermare che sia “sicura” ed “efficace”.

Si potrebbe stilare una lunga lista di limiti, difetti e problemi connessi con questa tecnica che prevede, mediante un intervento chirurgico, l’impianto di elettrodi per stimolare un nucleo cerebrale; ma ci limiteremo a citare i risultati di due sole ricerche, perché i loro titoli compaiono su quello stesso sito.

Il primo dei due lavori riferisce di uno studio condotto su sette pazienti cui erano stati impiantati elettrodi per la stimolazione profonda bilaterale del Nucleo Subtalamico, allo scopo di verificare l’efficacia su due sintomi della malattia di Parkinson che riguardano la sfera della comunicazione verbale: la disartria, ossia un disturbo dell’articolazione delle parole, e la scarsa comprensibilità delle parole pronunciate, per effetto della combinazione di una serie di fattori, fra cui l’indebolimento della voce.

I risultati di questo lavoro (consultabile intergralmente su “Pub-Med”: M. Rousseaux e coll. Effects of subthalamic nucleus stimulation on parkinsonian dysarthria and speech intelligibility. J. Neurol. 251 (3), 327-334, 2004) sono inequivocabilmente chiari.

Gli effetti sulla disartria apparivano deboli, e in due delle sette persone si è registrato un peggioramento dell’intellegibilità delle parole pronunciate, accompagnato a discinesia facciale e del tronco. Il giudizio degli autori su questa tecnica chirurgica è complessivamente negativo. Bisogna notare che gli effetti dannosi e quelli collaterali erano più marcati quando la stimolazione era combinata al trattamento farmacologico. Dato di rilievo, perché in nessun caso l’elettrostimolazione cerebrale profonda si è mostrata in grado di sostituire gli effetti delle cure farmacologiche. E non potrebbe essere diversamente, perché la terapia con L-DOPA fornisce il substrato per la sintesi della molecola carente, mentre gli elettrodi agiscono solo stimolando i neuroni superstiti a scaricare di più.

Ma veniamo al secondo lavoro menzionato.

In questo caso si studiava un noto effetto collaterale della stimolazione del Nucleo Subtalamico per comprenderne la genesi: l’aumento di peso.

Diciannove pazienti operati mediante l’impianto di elettrodi sono stati confrontati con quattordici pazienti non sottoposti all’intervento (Frederic Macia e coll. Parkinson's disease patients with bilateral subthalamic deep brain stimulation gain weight. Movement Disorders 19 (2) 206-212, 2003). I pazienti sottoposti all’impianto ed alla stimolazione con elettrodi presentavano un significativo aumento di peso (+ 9.7 ± 7 Kg), un rilevante incremento dell’indice di massa corporea (+ 4.7 Kg/m2) con un aumento della massa del grasso dopo stimolazione. Il loro consumo di energia giornaliero rimaneva immutato, ma il consumo di energia a riposo si riduceva notevolmente. Pertanto, la stimolazione cerebrale con elettrodi produceva una marcata riduzione del metabolismo a riposo, cui gli autori dell’articolo attribuiscono il rapido incremento ponderale con aumento della massa grassa.

Naturalmente studi clinici di questo genere non sono in grado di indagare i processi molecolari alla base di questi effetti patologici.

A tal proposito, più che un’obiezione concettuale a questo tipo di rimedio palliativo e a tutti i trattamenti che stimolano i neuroni funzionanti nelle malattie degenerative, poniamo un quesito problematico: fino a che punto è lecito forzare il funzionamento di ciò che rimane, quando non si riesce ad arrestare o rallentare la distruzione di quel compartimento cellulare? Ed ancora: trattamenti basati su queste stimolazioni che rapporto hanno con l’attuale concezione della terapia nella medicina scientifica fondata sui criteri della patologia cellulare e molecolare?

Questi sono alcuni dei problemi che si pongono i neurologi e i ricercatori di tutto il mondo.

La fondatezza scientifica ed il rapporto benefici/effetti collaterali, non sono parte di un’astratta disquisizione accademica, ma rappresentano l’angolazione visuale che il medico deve assumere nell’alleanza con il suo paziente per combattere la malattia.

Se una persona è disposta a sottoporsi ad un intervento chirurgico che la trasforma in una cavia con elettrodi impiantati nel cervello per ricevere delle scariche elettriche, in quelle condizioni che gli animalisti non accettano nemmeno per ratti e topi, lo fa unicamente nella certezza di un beneficio maggiore di quello che ottiene dalle cure farmacologiche. E, se uno dei criteri preliminari per valutare il beneficio di una nuova terapia consiste nel confrontarla con quelle che già si impiegano, un criterio ancora più elementare è  rapportare il mezzo terapeutico alle conoscenze di eziopatogenesi e fisiopatologia della malattia.

In questo senso l’elettrostimolazione è più rozza della terapia “sostitutiva” che fornisce il precursore (L-DOPA) del principale neurotrasmettitore carente (si ha anche carenza di serotonina), ossia la dopamina, e incomparabilmente grossolana se paragonata all’impianto di precursori di neuroni (il cosiddetto trapianto di cellule staminali), che pure non ha ancora dato risultati soddisfacenti.

Pertanto il suo impiego si giustificherebbe solo alla luce di una maggiore efficacia complessiva, con un duraturo miglioramento della qualità della vita, difficile da immaginare in una persona che rischia di ritrovarsi in poco tempo obesa e con i disturbi del linguaggio della fase più avanzata.

 

Ritornando al sito sulla malattia di Parkinson, si deve osservare che il riportare su una pagina web le traduzioni di parte dei riassunti di articoli, scelti alla rinfusa e più o meno validi, purché parlino dell’argomento, senza distinguere la propaganda dalla ricerca e senza darne una lettura meditata e competente, non è solo inutile, ma può davvero essere dannoso.

 

Dunque, ci si può chiedere: a chi veramente serve questo sito?

Sicuramente non serve agli studenti, che possono trovare, sulla Malattia di Parkinson, trattazioni più scientifiche, dettagliate e complete sui libri di testo di neurologia; non serve all’aggiornamento degli studiosi del settore che hanno bisogno di attingere alle banche-dati dei lavori scientifici e non a notizie confezionate nello stile della “merce mediatica”.

Allora serve ai pazienti? Direi proprio di no, se con informazioni di questo genere li si porta a nutrire false speranze.

Ma sicuramente mi sbaglio, perché il mio pessimismo mi impedisce di cogliere virtù nascoste ad altri evidenti, ad esempio percepite dall’agenzia ANSA e da tutti gli sponsors che investono in quell’impresa.

 

BM&L- Aprile 2004