CHIARITO UN RUOLO DEI LIPIDI NELL’ALZHEIMER

 

 

Le placche amiloidi, insieme con gli aggregati neurofibrillari, sono considerate il contrassegno istopatologico della malattia fin dalla prima descrizione che ne diede Alois Alzheimer nel 1906 (si veda: La Malattia di Alzheimer – un’introduzione), e proprio lo studio della sostanza amiloide delle placche ha condotto all’identificazione della cascata di eventi molecolari di maggior rilievo nella patogenesi del danno, tuttavia il rapporto fra queste lesioni e l’andamento della malattia presenta ancora lati oscuri e problemi insoluti.

Attualmente si ritiene che lo sviluppo delle placche implichi l’assemblaggio di peptidi β-amiloidi solubili di 42-43 aminoacidi (βA) in fibrille amiloidi mature, mediante la formazione di protofibrille intermedie, ritenute le specie molecolari tossiche responsabili della progressione della malattia (sulle differenze fra oligomeri, si veda: Note e Notizie 27-05-06 Alzheimer: individuato processo nei disturbi di memoria precoci).

Secondo tale modello interpretativo degli eventi patogenetici legati ai peptidi βA, le aggregazioni fibrillari stabili, ultimo prodotto della via biochimica, pur accrescendo di dimensioni le placche, non produrrebbero degenerazione neuronica e, pertanto, sarebbero responsabili di quei quadri autoptici in cui gli ammassi di amiloide, microglia, detriti cellulari ed altre componenti, non causano demenza (placche senili, placche asintomatiche).

Martins e colleghi hanno ipotizzato e verificato un ruolo dei lipidi cerebrali nel rendere neurotossico il materiale delle placche nella malattia di Alzheimer (Martins I. C., et al. Lipids revert inert Aβ amyloid fibrils to neurotoxic protofibrils that affect learning in mice. EMBO J. 27, 224-233, 2008).

Da tempo si è posto al vaglio sperimentale il ruolo ipotetico di alterazioni del metabolismo lipidico nella patogenesi della neurodegenerazione, ma fino ad ora non è stato possibile definire un preciso legame fra l’azione dei lipidi e la neurotossicità mediata da amiloide. Per identificare questo nesso, i ricercatori hanno studiato l’influenza dei lipidi sulla tossicità delle specie amiloidi in colture di neuroni dell’ippocampo.

Stabilito che il trattamento delle colture con fibrille amiloidi mature non risultava neurotossico, si è proceduto alla pre-incubazione delle macromolecole fibrillari con liposomi contenenti lipidi biologici o sintetici. La miscela si è rivelata in grado di indurre apoptosi nei neuroni ippocampali, dimostrando un ruolo dei lipidi nell’innesco del processo.

Per cercare di comprendere gli eventi responsabili dell’effetto, i ricercatori hanno condotto vari saggi biofisici, dai quali è emerso che i lipidi naturali erano in grado di riportare le fibrille amiloidi mature allo stato di protofibrille tossiche. E’ interessante notare che la destabilizzazione e la solubilizzazione delle formazioni fibrillari da parte dei lipidi, non riporta verso la scomposizione in monomeri βA, ma presenta all’equilibrio un chiaro spostamento verso le protofibrille.  

Questo risultato appare di grande rilievo, perché fino ad oggi si era creduto che le reazioni che portano i monomeri, attraverso lo stato protofibrillare, a costituire aggregati di fibrille insolubili, fossero sostanzialmente irreversibili.

Analisi successive hanno rivelato che le “protofibrille di ritorno” erano biochimicamente e biofisicamente simili a quelle originarie, derivate dall’assemblaggio dei monomeri βA, e dunque era verosimile che conservassero il potenziale neurolesivo.

Per verificare se le protofibrille ottenute per riconversione lipidica avessero attività tossica in vivo, i ricercatori hanno iniettato la miscela di fibrille amiloidi e liposomi nel cervello di topi adulti.

Le protofibrille, appena formate, si sono rapidamente diffuse nel tessuto cerebrale, distribuendosi estesamente alle tipiche sedi di lesione della malattia di Alzheimer e dando luogo ad aree di maggiore addensamento, dove hanno causato lievi danni neurotossici.

Le protofibrille hanno determinato fosforilazione della proteina tau, indice importante di un processo di tipo alzheimeriano. E’ noto, infatti, che da alcuni anni è stato stabilito proprio nell’induzione dell’iperfosforilazione di questa proteina del citoscheletro assonico da parte delle specie amiloidi tossiche, il legame fra la cascata di reazioni innescata dai peptidi βA (teoria eziopatogenetica della β-amiloide) e gli aggregati neurofibrillari intracellulari.

I topi che avevano sviluppato lesioni da protofibrille prodotte per riconversione lipidica, sono stati studiati per verificare le alterazioni del comportamento e della cognizione, e confrontarle con quelle indotte dalle analoghe specie molecolari ottenute direttamente per aggregazione dei monomeri. Gli esperimenti hanno mostrato che le protofibrille rigenerate dai lipidi sono in grado, come quelle prodotte per aggregazione diretta, di determinare locomozione eccessiva, iperattività e danni temporanei alla formazione della memoria e al condizionamento della paura.

I risultati di questo lavoro indicano che le placche amiloidi potrebbero non essere stabili e statiche, come a lungo ritenuto, ma potrebbero costituire una fonte di molecole amiloidi tossiche, resa attiva dall’azione dei lipidi cerebrali che provocherebbero la solubilizzazione degli aggregati e la conseguente diffusione delle protofibrille nelle sedi elettive del danno.

Un tale processo potrebbe spiegare perché il numero delle placche, la loro dimensione ed anche il grado di attività infiammatoria nel loro contesto, spesso non sono proporzionali ai deficit funzionali rilevati nei pazienti, e suggerisce che la regolazione dell’equilibrio fra aggregati stabili e protofibrille solubili da parte dei lipidi cerebrali, potrebbe essere un evento decisivo nel determinare la progressione e il livello di gravità della malattia.

 

L’autrice della nota ringrazia il presidente della Società Nazionale di Neuroscienze, Giuseppe Perrella, col quale ha discusso l’argomento trattato, e la dottoressa Floriani per la correzione della bozza.

 

Nicole Cardon

BM&L-Febbraio 2008

www.brainmindlife.org