X-FRAGILE CORRETTA NEL

TOPO

 

 

La sindrome dell’X-fragile, così definita per la caratteristica fragilità del cromosoma accertata dai primi studi citogenetici, rimane un problema irrisolto della medicina ed una dura sfida per i terapisti impegnati nella promozione delle abilità deficitarie nei bambini affetti. Il gene ritenuto responsabile (Fmr1 = fragile X mental retardation 1), localizzato sul braccio lungo del cromosoma X (Xq27.3) e contenente un’estesa ripetizione della tripletta CGG nel primo esone, codifica la proteina FMRP (fragile X mental retardation protein); il suo silenziamento trascrizionale sembra essere all’origine della disfunzione cellulare che colpisce i neuroni (Si veda per ulteriori dati: Note Notizie 26-05-07 L’X-fragile presenta un numero minore di sinapsi).

Il ritardo mentale e le alterazioni dello sviluppo neuropsichico di difficile o incerta diagnosi eziologica sempre più spesso sono attribuite a questa malattia genetica, che attualmente occupa il secondo posto dopo la sindrome di Down fra le forme di deficit mentale ereditario (negli USA il primo, con un maschio colpito ogni 200 ed una femmina ogni 400) e costituisce la principale causa di autismo infantile, rendendo sempre più pressante e sentita l’esigenza di disporre di mezzi terapeutici efficaci.

Fra i ricercatori più attivamente impegnati in questo campo, il gruppo del Massachusetts Institute of Technology (MIT) che fa capo a Bear, si è distinto per aver proposto una teoria molecolare della patogenesi dei sintomi e, più recentemente, per aver suffragato tale modello teorico con una sperimentazione che ha ottenuto la correzione genetica del disturbo indotto nel topo (Dolen G., et al. Correction of fragile-X syndrome in mice. Neuron 56, 955-962, 2007).

Secondo i ricercatori del MIT, gli aspetti neurologici della sindrome risulterebbero da un eccesso di segnalazione mediata dal gruppo-1 dei recettori metabotropici per il glutammato (mGluR), in particolare da mGluR5. In estrema sintesi: in condizioni fisiologiche la FMRP inibirebbe tali recettori in corrispondenza delle sinapsi, il venir meno di questa regolazione sarebbe all’origine dei sintomi.

Per verificare direttamente questo assunto, sono state incrociate due linee di topi transgenici, una priva del gene Fmr1 (topi Fmr1-KO) ed una in cui i livelli di mGluR5 erano ridotti del 50%. I topi Fmr1-KO mostravano varie disfunzioni neurologiche accostabili a quelle della sindrome umana; i ricercatori hanno verificato se nei topi mutanti la riduzione dei livelli di mGluR5 fosse in grado di correggere alcuni difetti.

E’ risultato che i topi con la doppia mutazione presentavano densità delle spine dendritiche e plasticità della dominanza oculare al livello dei topi normali di controllo; in altre parole, la seconda mutazione otteneva la correzione delle alterazioni espresse in forma marcata negli Fmr1-KO.

Una delle azioni a valle dei recettori metabotropici, che si ritiene sia regolata da FMRP, è la promozione della sintesi delle proteine sinaptiche. Nei mutanti Fmr1-KO, infatti, si rilevava un’accresciuta sintesi proteica totale nei neuroni dell’ippocampo, ma tale aumento delle proteine non si verificava più nelle cellule ippocampali dei topi con la doppia mutazione.

Le alterazioni dello sviluppo nervoso e di funzioni cognitive quali memoria e apprendimento, tipiche della sindrome dell’X-fragile, sono riprodotte nei mutanti Fmr1-KO, pertanto i ricercatori hanno provato a verificarne la riduzione nei mutanti doppi che, secondo la tesi espressa dal loro modello teorico, avrebbero dovuto compensare il difetto.

A tale scopo, hanno impiegato un paradigma comportamentale che consente di studiare l’acquisizione e la successiva estinzione di un’associazione fra uno stimolo sgradevole ed una camera oscura.

I livelli di estinzione dei topi Fmr1-KO, rispetto a quelli dei topi di controllo normali, risultavano molto più alti, rivelando un cattivo apprendimento, che si può accostare a quanto si verifica nella sindrome umana. Questo esito era annullato dalla doppia mutazione.

Un’altra importante verifica ha riguardato la suscettibilità alle crisi epilettiche, che nei doppi mutanti è risultata minore di quella dei topi che riproducono la sindrome umana.

Questo studio fornisce un notevole supporto alla teoria patogenetica proposta da Bear e colleghi e giustifica la sperimentazione di un approccio terapeutico volto a ridurre l’attività dei recettori metabotropici del glutammato.

Dolen e Bear si occupano del trattamento della sindrome dell’X-fragile con antagonisti dei recettori mGluR5 in una rassegna di prossima pubblicazione (Dolen G., Bear M. F. Role for metabotropic glutamate receptor 5 (mGluR5) in the pathogenesis of the fragile-X syndrome. J. Physiol. [Epub ahead of print, Jan. 17], 2008).

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Floriani per la correzione della bozza.

 

Diane Richmond

BM&L-Febbraio 2008

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