VITE PER LA SCIENZA
E
SCIENZA PER LA VITA







George Gray classificò le sinapsi

Sebbene sia frequentemente citato nelle trattazioni specialistiche, è quasi del tutto ignorato dai divulgatori e da molti autori di manuali per studenti universitari; eppure il prezioso contributo di Geroge Gray alle neuroscienze è di quelli che danno valore ad una vita intera.

Gray è stato il primo microscopista elettronico a dirigere la propria attenzione sulle differenze strutturali fra le sinapsi dovute alla densità nell’area post-sinaptica. Nel 1959, studiando le giunzioni fra neuroni della corteccia cerebrale, propose la ripartizione delle sinapsi in due classi: la prima (detta, poi, Tipo I di Gray) caratterizzata da una marcata densità post-sinaptica e, in genere, da una fessura sinaptica più ampia; la seconda (detta, poi, Tipo II di Gray) in cui la densità post-sinaptica è molto meno pronunciata, tanto che le due sponde appaiono simmetriche (sinapsi simmetriche).
Le indagini fisiologiche caratterizzarono il primo tipo di sinapsi come eccitatorie ed il secondo come inibitorie. Ma, se la sperimentazione successiva ha mostrato che questa attribuzione di significato funzionale non vale sempre e per tutte le aree del sistema nervoso, le acquisizioni morfologiche di Gray sono rimaste valide ed il loro maggiore merito consiste nell’aver aperto la strada agli studi più recenti di isolamento e caratterizzazione chimica dei recettori e delle altre molecole post-sinaptiche sulla base di una descrizione rigorosa e dettagliata.

Roberto Colonna - BM&L

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Giuseppe Brotzu scoprì la prima cefalosporina

La scoperta delle cefalosporine è da attribuire a un batteriologo sardo, Giuseppe Brotzu, il quale nel 1945 isolò e coltivò Cephalosporium acremonium, dimostrandone le proprietà antibiotiche.

Contrariamente a quanto spesso si legge, non fu un caso di serendipity, ovvero di scoperta casuale, come la favola persiana vuole accadesse ai tre principi di Serendip. Le ricerche di Brotzu, infatti, miravano proprio all’identificazione e all’isolamento di nuovi microrganismi produttori di antibiotici. Sfortunatamente, non disponendo di risorse, non poté procedere personalmente alla purificazione delle molecole attive e, quindi, decise di inviare una coltura del suo Cephalosporium ad Oxford, dove nove anni più tardi, nel 1954, la prima cefalosporina fu purificata. Il lavoro di Abraham e Newton, che stabilirono la struttura chimica con il caratteristico nucleo dell’acido 7-aminocefalosporanico, fu possibile solo in quanto la coltura era stata loro servita, è il caso di dirlo, su una piastra d’argento.

Filippo Rucellai - BM&L

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Barbara Mc Clintock e i geni che saltano

Quando nel 1951 Barbara Mc Clintock presentò ad un congresso l’ipotesi che le variazioni nella screziatura del granturco fossero dovute ad un meccanismo che prevedeva il salto di geni lungo i cromosomi, fu derisa più che avversata dal suo uditorio. Ella stessa racconta: “I was ridiculed or told that I was really mad”.
In sintesi, secondo la sua tesi, i geni che determinano il colore dei chicchi e delle foglie sarebbero stati regolati, mediante attivazione o inibizione, da altri geni in grado di spostarsi lungo i cromosomi durante la divisione cellulare.
Sembrò una follia, e tale fu considerata per oltre un ventennio, in quanto a quel tempo i geni erano ritenuti parti fisse e stabili della molecola del DNA, pena la perdita dell’informazione.
Probabilmente nel prodursi dell’effetto di “idea assurda” sul primo uditorio e su gran parte della comunità scientifica internazionale negli anni seguenti, aveva giocato un ruolo la bias psicologica che tende a farci propendere per la staticità di ciò che ha funzione di fondamento o di base. Inoltre, lo sviluppo degli studi sugli acidi nucleici sembrava andare in direzione opposta: una struttura così sofisticata quale quella che Wilkins, Watson e Crick avevano proposto nel 1953, caratterizzata da un preciso codice, come avevano dimostrato gli studi di Niremberg, mal si conciliava con l’idea di “geni cavalletta”, come vennero chiamati. Ma se la plausibilità per verosimiglianza può agire sull’inconscio dei ricercatori come su quello di qualsiasi altra persona, è noto a tutti che non rappresenta un criterio esplicito della razionalità scientifica e del metodo nelle scienze sperimentali. Infatti, il fattore decisivo per il rifiuto dell’ipotesi della biologa vegetale americana, non fu rappresentato dall’apparente incongruenza con il quadro generale delle conoscenze, ma dal difetto di prove sperimentali convincenti.
La scarsità di prove sperimentali era dovuta ad un preciso limite, dato dagli organismi su cui venivano effettuati gli studi. Perché, se è vero che storicamente la genetica nasce dagli studi dell’abate Gregorio Mendel sui piselli, è pur vero che la botanica non è particolarmente adatta agli studi di genetica molecolare. Ad esempio, il granturco ha un ciclo vitale di un anno, se si confronta con il tempo di divisione del batterio-cavia più comune, Escherichia Coli (circa 60 minuti, ma si può abbassare fino a 20, aggiungendo alla coltura purine e pirimidine), ci si rende conto della differenza abissale. E’ da notare che il mancato accoglimento di una tesi non si risolve in una preclusione preconcetta, nel mondo della ricerca, pertanto la tenacia rimane una dote di fondamentale importanza in questi casi. Era necessario promuovere lo studio del fenomeno del presunto spostamento genico su batteri ed altri organismi, che avrebbero consentito letteralmente migliaia di esperimenti. Ed è ciò che accadde, anche grazie alla costanza appassionata della Mc Clintock. Il salto dei geni fu osservato in molti organismi e, dimostrato senza ombra di dubbio, fu battezzato “Trasposizione”: la comunità scientifica internazionale fece ammenda, riconoscendo a pieno il valore della scoperta della ricercatrice americana.
Nel 1983 Barbara Mc Clintock fu insignita del premio Nobel. 

                                                                                                                        Conte Lucrezio – BM&L

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