SIMBOLO SOGGETTIVO COME
PATTO NON RISPETTATO
Nell’antica Grecia due persone
legate da un’intesa spezzavano in due una medaglia e ciascuno ne custodiva una
parte fino a quando fosse stato necessario, per mostrare l’identità o la
titolarità dell’accordo, far combaciare la propria metà con quella del sodale.
A questa speciale medaglia
“con-divisa” si dava il nome di simbolo.
Ma l’origine della parola è più
antica, e la storia da cui derivano le ragioni dell’etimo nasconde un sapere
utile per introdursi allo studio dei legami che, attraverso i simboli, si
stabiliscono fra senso ed emozione.
Approfondendo la discussione
avviata nei giorni scorsi (si veda: Note e Notizie 25-06-05
Simbolo, segno e potere evocativo) Giuseppe Perrella ha svolto una
relazione sui rapporti fra rappresentazione simbolica e valore del significato.
Prendendo le mosse
dall’affascinante saggio di Maurice Leenhardt “Do Kamo”, il presidente di
BM&L-Italia ha ripercorso, attraverso le storie della Grecia arcaica ed
antica, alcuni tratti fondamentali dell’esperienza umana del valore simbolico.
Gli esecrabili Danai portarono
doni simbolici ai pacifici Argonauti: giganteschi scudi, il cui significato non
poteva essere quello d’uso, perché troppo grandi; lo stesso valeva per vasi,
picche e covoni. Si trattava di doni. I doni si scambiavano dopo una guerra,
come pegno di pace. Definivano un patto. Dunque, dovevano significare pace.
Come è noto non fu così: i Danai
ingannarono gli Argonauti che si erano fidati di un valore attribuito unilateralmente
e, in questo caso, con intenzione fraudolenta.
Symbolon deriva da Symballein che vuol dire “gettare insieme”.
Simbolo vuol dire patto: il simbolo è un patto sul significato. Appunto.
La garanzia circa il senso non è nell’oggetto, ma nei sottoscrittori del patto,
nella loro buona fede. Dunque, un simbolo è potenzialmente multisignificativo
ed il suo significato è il prodotto di un arbitrio concordato, pertanto, coesione e coerenza del suo valore sono
minacciati se i contraenti sono divisi da interessi divergenti.
Oggi definiamo il simbolo come “segno o figura di cosa
materiale o la cosa stessa presi a rappresentare cosa morale, concetto o
personaggio”,
caratterizzandolo per la sua specifica natura in rapporto al significato. Un
riquadro di stoffa che chiamiamo “tovaglia” esaurisce il suo senso nell’uso per
la mensa; un riquadro equivalente, che sia una bandiera, assume valore
simbolico. In questo valore possiamo riconoscere due qualità peculiari su cui
si basa il significato: 1) convenzione 2) molteplicità.
La convenzione è una sorta di artificio, per cui
ci si accorda sulla scelta di un significato sulla base di una motivazione
particolare o di un arbitrio (es.: il tricolore -verde, bianco e rosso- indica
l’Italia).
La molteplicità o multisignificatività del simbolo è conseguenza del non
essere un segno in rapporto biunivoco con un singolo oggetto. Ad esempio, la
bandiera italiana in uno stadio può simboleggiare la nazionale di calcio, su
una confezione di formaggio o spaghetti, può indicare la provenienza del
prodotto, ecc.
Sancito il patto, come accade per
i simboli di una cultura, sia nella storia dei popoli sia nell’ontogenesi della
coscienza individuale, il valore di senso viene “ereditato” o, in vari altri
modi, appreso. A questo si aggiunge, negli spazi aperti della
multisignificatività, ogni valore personale che l’esperienza di vita avrà
fissato nella memoria del soggetto. A tutti questi valori è connesso un potere
di evocazione.
Nella vita mentale di ciascuno di
noi può accadere che si sperimenti una perdita di efficacia del senso
convenzionale e, conseguentemente, un’alterazione del potere di evocazione
legato ai simboli.
Nei casi proposti alla
discussione, un’attribuzione non condivisa di valore simbolico non è
un’opinione personale sul senso di un segno, ma molto di più. Per chi è entrato
nel mondo adulto, fatto del sistema dei segni della propria cultura, è quasi
come “rompere un patto”, uscire dal sistema delle convenzioni di senso
elementari. Ciò non accade per una scelta razionale, come in un agire
filosofico, ideologico o politico, ma per eventi mentali che appartengono più
alla sfera degli affetti, delle emozioni, dei bisogni, che a quella della
cognizione, della logica, del calcolo.
Su questa base, Giuseppe Perrella
ha proposto una nuova angolazione prospettica per la discussione degli
argomenti affrontati la scorsa settimana.