SIMBOLO, SEGNO E POTERE EVOCATIVO   

 

 

Due gruppi di ricerca di Brain Mind & Life, il gruppo che studia la forma e quello che studia il dolore, si sono incontrati per discutere del potere evocativo di sofferenza di oggetti, eventi, fatti e circostanze.

Ciò che è in grado di provocare nel nostro cervello l’attivazione di stati funzionali che corrispondono ad esperienze dolorose, può agire come segno (traccia) in grado di riattivare memorie pregresse, o presentarsi come vero e proprio simbolo, che custodisce ed esprime contenuti di rappresentazione capaci di evocare dolore anche direttamente, oltre che per allusione ad altre fonti interne od esterne di sofferenza.

Una lunga tradizione di studi su segni e simboli in psicoanalisi e in semeiotica psichiatrica, per decenni ha affrontato complessi problemi, legati soprattutto al valore di significato latente nella mente di chi interpreta segni e simboli, cercando di stabilire un confine fra inferenza normale e proiezione patologica, fra la “ragione oggettiva del medico” e quella “soggettiva del paziente”, e, in ultima analisi, cercando di sciogliere i nodi di senso fra individuale ed universale espressi dal simbolo-sinthomo.

Un’impostazione più pragmatica, nell’ambito psicoanalitico italiano, è quella che si fa risalire a Franco Fornari (Simbolo e Codice, Feltrinelli, Milano 1976) il quale individuava la categoria generale dei SEGNI distinti in Indici, Ikone e Simboli: Indici, esprimenti contiguità; Ikone, esprimenti rassomiglianza morfologica o ripetizione; Simboli diacritici, metonimici o basati su contiguità; Simboli confusivi, metaforici o basati su similarità.

Tuttavia, questi studi erano prevalentemente focalizzati sul sintomo, sia nella sua materialità corporea, come un pugno chiuso per paralisi isterica, sia in una realtà esterna al corpo, come per l’oggetto fobico. Trattavano, quindi, soprattutto di rappresentazioni analogiche o cifrate di un senso che si poteva rintracciare nel corpo, nell’inconscio o nella coscienza del soggetto. Così come il segno e il sintomo della semeiotica medica sono manifestazioni di una malattia che va diagnosticata, l’oggetto di questi studi era principalmente costituito dalla ricerca del significato psichico di quelle manifestazioni.

La discussione di BM&L è stata, invece, particolarmente incentrata sul potere di evocazione che, in molti casi, possono assumere rappresentazioni del mondo che ci circonda.

Il potere di risposta più elementare di un organismo si basa su automatismi percettivi geneticamente definiti: la luce intensa, ad esempio, porta a socchiudere gli occhi (riflesso di ammiccamento), la stimolazione pruriginosa della pelle genera il riflesso di grattamento, un rumore forte può determinare una risposta motoria. Queste reazioni si basano a loro volta su uno schema ancora più elementare che è quello dello “stimolo” adeguato: perché risponda il cervello ad un fenomeno elettromagnetico è necessario che questo sia caratterizzato da una frequenza e lunghezza d’onda elettromagnetica in grado di attivare le cellule della retina dell’occhio o dell’organo del Corti dell’orecchio. Si comprende come gli schemi più semplici di risposta, basati sulla percezione, possano essere stereotipi in una specie animale e spesso identici in molte specie.

Il potere di evocazione sembra emanciparsi dai vincoli biologici che individuano categorie di stimoli sulla base di requisiti fisici o chimici, potendosi rintracciare nell’effetto che la forma, o altri requisiti di un oggetto o di un evento, producono attraverso la decodifica individuale, talvolta assolutamente soggettiva, che ne fa una mente.

La discussione si è sviluppata attraverso un’interessante esposizione di dati, teorie e tesi, spesso contrapposte, che sicuramente daranno luogo ad altre occasioni di approfondimento e dibattito.

 

BM&L-Giugno 2005