IMPARARE A SENTIRE IL
PROFUMO DELLE ROSE
Fra i sensi speciali, l’olfatto è rimasto il più misterioso e
negletto soprattutto perché, non essendo alterato in patologie numerose ed
invalidanti come la vista e l’udito, non ha attratto l’interesse e i capitali della
ricerca medica, rimanendo relegato nella cultura collettiva al ruolo di
curiosità scientifica da documentario televisivo o da articoli divulgativi per
ragazzi. Eppure, per vari motivi, lo studio di questo senso ha avuto spesso un
ruolo cruciale nella ricerca neuroscientifica. Basti pensare che nei mammiferi
l’olfatto propone il rapporto anatomico più stretto ed immediato fra recettore e
corteccia cerebrale e, in un certo senso, fra cervello e mondo esterno; il
mezzo più sicuro per interpretare la segnalazione legata all’accoppiamento,
perché le molecole odorose sono rilasciate dalle femmine nella fase recettiva
dell’estro e non sono segnali presenti anche in altri periodi come quelli
visivi; e, infine, un modello di informazione sensoriale direttamente integrata
con un'altra (gusto) e prevalentemente agente sul comportamento attraverso
processi non coscienti.
L’Italia ha avuto un’antesignana in questo campo di studi in
Eleonora Giorgi, molto meno nota dell’attrice cinematografica sua omonima ma, a
nostro avviso, ben più meritevole. La Giorgi, seguendo il codice di odori di Hainer
e colleghi, è stata fra i primi ricercatori al mondo ad applicare modelli
matematici allo studio della percezione delle molecole odorose. Da questi studi
degli anni Settanta, si giunge alla prima applicazione della teoria del caos al
cervello da parte di Skarda e Freeman (1987), basata proprio sul senso dell’olfatto.
Più recentemente, con l’assegnazione del premio Nobel nel
2004 a Richard Axel e Linda Buck che hanno individuato una vasta famiglia di
geni dei recettori dell’olfatto e definito alcuni principi della fisiologia di
questo senso, la percezione degli odori è definitivamente uscita dall’ombra
delle aree di studio di minore importanza (Note
e Notizie 06-10-04 Premio Nobel a Richard Axel e Linda B. Buck per la genetica
e la fisiologia dell’olfatto).
Nonostante i notevoli progressi che sono stati compiuti da
quando si definiva la necessità di ripartire lo studio in quattro distinti
livelli (molecolare, neurale, psicofisico e comportamentale), molti ricercatori
impostano i loro lavori assumendo che la qualità dell’odore possa essere
interamente desunta dalla struttura chimica della molecola odorosa, senza tener
conto che gli studi condotti nell’uomo hanno dimostrato che la conoscenza
molecolare non è sufficiente per definire la qualità dell’odore. Infatti, lo
stesso input olfattivo può generare percezioni diverse, dipendenti dall’apprendimento
e dalle esperienze precedenti. Li, Luxemberg, Parrish e Gottfried, combinando l’esame
mediante risonanza magnetica nucleare ad un paradigma di apprendimento
percettivo, hanno osservato come l’esperienza sensoriale modifichi la
percezione dell’odore e la sua codifica nel cervello umano (Learning to smell the roses: experience-dependent neural plasticity
in human piriform and orbitofrontal cortices. Neuron 52, 1097-1108,
2006).
Il lavoro, che nel suggestivo titolo (Learning to smell
the roses) anticipa l’importanza dell’apprendimento nell’esperienza
percettiva del singolo, ha rilevato che, l’esposizione prolungata ad un
profumo-target, aumenta sia la capacità di riconoscere odori a questo simili
per caratteristiche qualitative, sia la capacità di riconoscere molecole
appartenenti allo stesso gruppo funzionale del target. Negli
esperimenti, all’accresciuta abilità di discriminazione olfattiva, faceva
riscontro un aumento di risposte indotte da apprendimento nella corteccia piriforme ed orbito-frontale. In
particolare si è rilevato che l’ampiezza dell’attivazione della corteccia orbito-frontale
consentiva di prevedere un miglioramento nella prestazione alla successiva prova
di discriminazione.
Un dato particolarmente interessante che emerge da questo
studio, è che la rappresentazione neurale della qualità dell’odore può essere
rapidamente modificata per effetto dell’esperienza, come in un processo di
aggiornamento del codice tanto efficiente e veloce da non avere apparentemente uguali.