LE PLACCHE PRECEDONO IL DANNO NELL’ALZHEIMER

 

 

La teoria patogenetica che attribuisce ai peptidi β-amiloidi il ruolo di primum movens assume che il loro accumulo sia all’origine dei deficit neurologici della malattia di Alzheimer ma, come abbiamo osservato presentando un lavoro che ha accertato un’azione dei lipidi sulle placche amiloidi (Note e Notizie 16-02-08 Chiarito un ruolo dei lipidi nell’Alzheimer), rimangono ancora molti dubbi e problemi. Uno di questi è dato dal rapporto temporale fra la formazione delle placche e la genesi del danno: sulla base di evidenze sperimentali, alcuni ricercatori hanno sostenuto che i peptidi β-amiloidi tossici (prodotti dal precursore proteico APP mediante l’azione di β- e γ-secretasi) esercitino la loro azione prima di aggregarsi, precipitare e attrarre la microglia, perciò hanno considerato gli addensamenti amiloidi un effetto collaterale, piuttosto che un elemento causale.

Questo punto di vista ricorda la vecchia ipotesi che definiva le placche amiloidi “pietre tombali”, considerandole espressione della fase conclusiva del danno. Anche se la funzione di deposito di peptidi tossici attivati dai lipidi -proposta nella citata nota dello scorso 16 febbraio- consente di rivedere lo schematismo del passato e conciliare una visione delle placche come esito di processi di accumulo con quella di fonte di peptidi attivi che innescano il ripetuto avvio dei processi di danno, rimane l’interrogativo circa la cronologia di questi eventi. Infatti, fino ad oggi, la successione delle fasi che portano alla degenerazione è stata ricostruita indirettamente.

Per avere una conoscenza diretta di quanto accade, Meyer-Luehmann e collaboratori della Harvard Medical School, mediante una tecnica di neuroimaging basata sulla microscopia multifotonica, hanno studiato in vivo i tempi degli eventi patologici in un modello murino di patologia neurodegenerativa cerebrale (Meyer-Luehmann, et al. Rapid appearance and local toxicity of amyloid-β plaques in a mouse model of Alzheimer’s disease. Nature 451, 720-724, 2008).

Intento dichiarato dei ricercatori di Harvard era la verifica di un caposaldo dell’ipotesi dell’amiloide, ossia che la deposizione di β-amiloide preceda ed induca le alterazioni che causano la demenza. E’ noto che questa interpretazione ha avuto il suo storico paladino in Dennis Selkoe, un caposcuola di Harvard.

Si tenga conto, più in generale, che dopo decenni di contrapposizione fra sostenitori di questa tesi ed assertori del ruolo della proteina tau nella promozione del danno, sembrava si fosse giunti ad un accordo generale nel riconoscere un rapporto di causa-effetto fra le reazioni innescate dai peptidi amiloidi e l’iperfosforilazione della tau all’origine delle lesioni degenerative del citoscheletro assonico. Tuttavia, recenti risultati sperimentali in contrasto con questa visione, hanno fornito nuovi argomenti ai detrattori dell’ipotesi dell’amiloide, che ora propongono come primum movens alterazioni del traffico assonico o della struttura dell’assone.

Nei giovani topi transgenici [APPswe/PS1d9xYFP (B6C3-YFP)], modello sperimentale di malattia di Alzheimer, i ricercatori hanno studiato inizio e sviluppo della lesione amiloide, mettendola in rapporto con processi neuropatologici.

Il primo evento rilevato è stata la formazione delle placche, che è risultata rapida e precoce, verificandosi entro le prime 24 ore. A distanza di 1-2 giorni dall’apparire della placca amiloide, si assisteva all’attivazione e al reclutamento di cellule della microglia in quella sede. E’ risultato terzo, in ordine di tempo, lo sviluppo di neuriti distrofici.

Anche se i risultati di questo studio non possono considerarsi una risposta definitiva alla domanda su ciò che accade nella realtà umana -con i vari profili genetici e le diverse forme di espressione clinica della malattia- non si può negare che pongano all’attenzione dei ricercatori la possibilità che questa successione temporale costituisca, in molti casi, una traccia sulla quale si sovrappongono i tempi di altri eventi e i circoli viziosi della patogenesi.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Floriani per la correzione della bozza.

 

Nicole Cardon

BM&L-Marzo 2008

www.brainmindlife.org