METANALISI DEGLI ANTIDEPRESSIVI A DIBATTITO

 

 

Sul numero di aprile di Nature Reviews Neuroscience, Claudia Viedermann riferisce le più importanti opinioni espresse in un dibattito a distanza, seguito alla pubblicazione della meta-analisi su PLoS Medicine della maggior parte dei lavori di sperimentazione clinica che avevano portato alla registrazione di quattro degli antidepressivi più frequentemente prescritti, ossia gli inibitori selettivi della captazione della serotonina (SSRI) Prozac, Seroxat, Effexor e Serzone (Claudia Viedermann, Depressing News. Nature Reviews Neuroscience 9 (4): 252, 2008).

Irving Kirsch, uno degli autori dello studio metanalitico che è giunto all’attenzione dei grandi mezzi di informazione di massa, traendo le sue conclusioni dai risultati ottenuti, ha dichiarato: “Sembra che vi siano poche ragioni per prescrivere farmaci antidepressivi ad alcuno, eccetto i pazienti più gravemente depressi” (Guardian.co.uk).

I dati oggettivi derivanti dall’elaborazione meta-analitica, hanno infatti messo a nudo i limiti dell’azione di queste molecole, inducendo molti medici specialisti a rivedere il proprio atteggiamento fiducioso verso l’impiego terapeutico, attualmente esteso a molte condizioni di disagio psichico in cui compaiono sintomi depressivi, nonché a sindromi come il disturbo ossessivo-compulsivo. Gli autori della meta-analisi sollevano dubbi sulla reale efficacia degli SSRI, condivisi da David Healy, psichiatra dell’Università di Cardiff, che ha dichiarato a New Scientist: “…Questo studio conferma il sospetto che l’efficacia di questi farmaci è stata drammaticamente sovrastimata.” (NewScientist.com).

L’industria farmaceutica, che trae enormi proventi dalla vendita degli antidepressivi, ha difeso ha spada tratta il loro impiego. Richard Turner, dell’Association of the British Pharmaceutical Industry, ha dichiarato: “Questi medicamenti sono stati registrati da numerose autorità di controllo in tutto il mondo che, verificando tutte le evidenze, hanno determinato che funzionano meglio del placebo.” (BBC News).

Claudia Viedermann afferma che sarà opportuno disporre di approfondite analisi dei dati che vadano oltre il periodo di un mese e mezzo coperto dallo studio in questione, tuttavia gli esiti della meta-analisi per questa durata sono inconfutabili e, se si considera che sempre più si va diffondendo fra i medici l’idea sotto-culturale di prescrivere “pillole della felicità”, soprattutto nei paesi di lingua inglese di tradizione neo-positivista, appare necessaria una riflessione autocritica da parte di molte scuole di psichiatria.

Andrew McCulloch della Mental Health Foundation ha dichiarato in proposito: “Siamo diventati iper-fiduciosi negli antidepressivi […], le psicoterapie, l’exercise referral ed altri trattamenti sono efficaci per la depressione.” (BBC News).

Ludovica R. Poggi ha osservato che il risalto mediatico che si dà da oltre due mesi a questi risultati, che accostano l’efficacia degli antidepressivi a quella del placebo, può essere stato alimentato ad arte da coloro che hanno interessi nella vendita di questi farmaci, per spostare l’attenzione dalla loro pericolosità (vedi IN CORSO: Danni da antidepressivi al cervello giovane) alla loro efficacia -terreno sul quale la vittoria è più facile- allontanando dall’opinione medica e pubblica gli elementi oggettivi, già all’attenzione dell’FDA, che possono mettere in pericolo bambini, adolescenti e persone con profili genetici diversi da quelli della maggioranza o della media statistica.

Riserve di carattere scientifico al criterio d’impiego di questi farmaci, in relazione alla patogenesi della depressione, sono state espresse da decenni e riferite in un’intervista del nostro presidente (vedi INTERVISTE: Intervista a Giuseppe Perrella, Presidente della Società Nazionale di Neuroscienze, 2003).

 

Giovanni Rossi

BM&L-Maggio 2008

www.brainmindlife.org