NUOVE VIE PER TRATTARE LE LESIONI DEL MIDOLLO SPINALE

 

 

Anche se sono stati compiuti apprezzabili progressi nella terapia delle lesioni del midollo spinale, in molti casi l’esito del trattamento è deludente, perciò clinici e pazienti attendono dalla ricerca nuovi contributi che possano far compiere un salto di qualità ai metodi di cura, così da ottenere risultati anche in tutti quei casi che sono ancora senza speranza. Un’opinione che si va diffondendo sempre più fra i ricercatori, è che allo stato attuale delle conoscenze il trend per l’immediato futuro va verso terapie basate su un approccio multiplo. Ovvero, si ritiene che la combinazione di più interventi basati su criteri diversi ed integrati con metodi riabilitativi avanzati ed adattati al singolo paziente, piuttosto che l’intervento basato su un singolo approccio, possa ottenere gli esiti migliori. In questa ottica, i risultati di due recenti lavori che qui di seguito recensiamo, e quelli esposti nell’altra nota contestualmente pubblicata (Note e Notizie 26-09-09 I macrofagi che riparano le lesioni del midollo spinale) possono costituire tre nuove possibilità da convertire in tre strategie terapeutiche da aggiungere a quelle esistenti.

Precedenti studi hanno dimostrato che la Neurotrofina 3 (NT3) è in grado di promuovere la rigenerazione assonica oltre il sito della lesione midollare, anche se i neuriti rigenerati fallivano nel tentativo di raggiungere il giusto obiettivo (target area) per il collegamento sinaptico. Tuszynski e colleghi del Department of Neurosciences, University of California, San Diego, hanno verificato se l’espressione di NT3 nella  target area potesse agire come una traccia chemiotropica per gli assoni rigeneranti (Alto T. L. et al. Chemotropic guidance facilitates axonal regeneration and synapse formation after spinal cord injury. Nature Neuroscience 12 (9), 1106-1113, 2009).

Iniettando un lentivirus esprimente NT3 nei neuroni del nucleo gracile del tronco encefalico, ossia nella target area del fascio appartenente alla regione del midollo spinale interessata dal danno, si determinava una guida corretta ed efficace per gli assoni che raggiungevano il loro obiettivo topografico naturale. In questa sede i terminali assonici mostravano gli elementi ultrastrutturali tipici delle sinapsi.

Il successo di questo approccio è però parziale, perché i neuriti non divenivano cilindrassi, ossia non andavano incontro ad un normale processo di mielinizzazione, e le registrazioni elettrofisiologiche non hanno rilevato attività sinaptica.

Un’altra possibilità terapeutica la suggerisce il lavoro condotto da Fawcett e tre suoi collaboratori del Centre for Brain Repair, Department of Clinical Neuroscience, University of Cambridge, che hanno studiato gli effetti di un enzima sulla riabilitazione per uno specifico compito motorio (Garcia-Alias G., et al. Chondroitinase ABC treatment opens a window of opportunity for task-specific rehabilitation. Nature Neuroscience 12 (9), 1145-1151, 2009).

La condroitinasi ABC, che degrada gli elementi costitutivi della cicatrice gliale e delle reti perineuroniche, dopo una lesione del midollo spinale promuove la crescita degli assoni e la plasticità. La sua azione non si è dimostrata in grado di determinare una riparazione apprezzabile delle vie cortico-spinali danneggiate, sebbene abbia favorito apprendimenti motori di base. Sembra che l’enzima possa promuovere solo connessioni sinaptiche casuali, tuttavia Fawcett e colleghi hanno voluto verificare gli effetti della sua azione combinata con la riabilitazione specifica per un compito, in roditori con lesione spinale. La sperimentazione è stata condotta comparando il trattamento combinato con quello della sola condroitinasi ABC e del solo esercizio riabilitativo. Il compito consisteva nel recupero di piccoli boli di cibo, secondo una modalità che rappresenta un test per la funzione cortico-spinale.

La terapia combinata ha migliorato più dei singoli trattamenti l’apprendimento motorio e, dunque, l’abilità nei movimenti della zampa.

Questo risultato positivo dovrà fare i conti con un limite importante, qualora lo si voglia trasferire in terapia medica: lo specifico miglioramento di una singola abilità motoria riduceva la prestazione nelle altre.

 

L’autore della nota invita a leggere sul nostro sito gli scritti di argomento connesso.

 

Giovanni Rossi

BM&L-Settembre 2009

www.brainmindlife.org

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]