JESSE GELSINGER SOGNAVA UNA CURA PER TUTTI QUELLI CHE SOFFRONO DI MALI COME IL SUO

 

Jesse Gelsinger era un ragazzo diciottenne affetto da una forma lieve di deficit di ornitina-transcarbamilasi (OTCD), una epatopatia ereditaria con diversi gradi di espressione clinica. Nel settembre del 1999, all’Istituto per la Terapia Genica Umana dell’Università della Pennsylvania, Jesse fu incluso fra i volontari per la sperimentazione clinica di una nuova terapia genica. Degli Adenovirus modificati, fungendo da vettori, avrebbero dovuto portare nelle sue cellule epatiche una copia del gene sano, ossia in grado di codificare correttamente l’ornitina transcarbamilasi, eliminando gli effetti del deficit.

Dopo poco tempo dalla somministrazione il ragazzo cominciò a sentirsi male con gravi sintomi respiratori, verosimilmente dovuti ad una sindrome da distress acuto. In breve si manifestò un’insufficienza organica multipla acuta e ingravescente.

Un grave effetto collaterale si era manifestato anche in un altro volontario, prima del trial che includeva Jesse Gelsinger, ma i ricercatori della Pennsylvania University non avvisarono i responsabili della Food and Drug Administration (FDA, l’organismo di controllo sulla ricerca biomedica) come previsto dal regolamento. I medici che visitarono il volontario considerarono la dose virale eccessiva, altri ipotizzarono una reazione anafilattica. L’ipotesi apparve plausibile perché la reazione anafilattica richiede un secondo incontro con un antigene già in passato incontrato (in quello che si definisce contatto sensibilizzante) e questo è molto facile con gli antigeni degli Adenovirus, ovunque diffusi e comuni ospiti delle nostre vie aeree.

Intanto le condizioni di Jesse Gelsinger si aggravarono ancora e il quarto giorno morì.

L’autopsia mostrò che gli Adenovirus ingegnerizzati si erano diffusi alla milza, ai linfonodi, al midollo osseo e l’esame dei suoi reperti epatici rivelò che le condizioni del suo fegato erano troppo alterate per affrontare i rischi di una sperimentazione clinica.

Bisogna dire che dopo questo tragico evento l’FDA sospese tutti i trials clinici di terapia genica e l’NIH immediatamente definì nuove guidelines e nuove direttive per rendere impossibile il ripetersi di una tale tragedia.

Qui riportiamo le accuse mosse dall’FDA ai ricercatori responsabili della morte di Gelsinger:

 

The FDA charges the clinical researchers in the Gelsinger study with:

 

(1)    inadequately informing Gelsinger of the risks the trial entailed and soft-pedaling the fact that the therapy itself held no benefit  for him;

 

(2)    admitting Gelsinger to the study when his liver function did not meet parameters for inclusion in it;

 

(3)    not informing the FDA immediately by telephone (as FDA regulations require) of serious patient side effects in prior, similar tests; and

 

(4)    having a conflict between their interest in a gene technology company that contributes one-fourth of the institute’s annual budget and their interest in the safety and protection of research subjects.

 

 

Da sottolineare che emotivamente si colpì anche la viroterapia che adottava Adenovirus, ma che impiegava già versioni non in grado di entrare in cellule diverse da quelle tumorali (vedi “ Glioma: la viroterapia come nuova frontiera ” in Note e Notizie, 25-10-03). Tuttavia questa pressione psicologica ha sortito l’effetto di determinare un ulteriore lavoro per rendere più sicuri i virus adoperati in viroterapia.

L’opinione di chi scrive, offerta come spunto per il prossimo dibattito, può forse apparire molto radicale: è presto per la terapia genica, diamo prima il tempo alla genetica di base di rispondere a qualcuno dei tanti interrogativi che renderebbero la sperimentazione umana più sicura. Voi cosa ne pensate?                 

 

BM&L- Ottobre 2003