PROBLEMI PSICOLOGICI ED ETICI CON GLI ANTICORPI PREDITTIVI

 

 

L’incontro del gruppo di studio sulle malattie demielinizzanti di BM&L-Italia dello scorso giovedì 22 marzo (Note e Notizie 24-03-07 Sclerosi multipla ed anticorpi predittivi) ha suscitato una discussione circa i problemi psicologici ed etici sollevati dalle procedure di screening in generale, e più in particolare nei casi di patologie che sarebbe possibile prevedere, diagnosticare e monitorare mediante il rilievo della presenza dei cosiddetti autoanticorpi predittivi.

Molti dei problemi discussi investono questioni più volte affrontate in sede di dibattito teorico a proposito di altre condizioni (ad es.: stato di portatore di una malattia infettiva contagiosa, suscettibilità genetica per una condizione letale, ecc.) e in tali casi rimaste, per la loro stessa natura, aperte a prospettive diverse e talora contrastanti. I temi del dibattito si possono così sintetizzare per argomenti: l’esigenza di certezza, che abbiamo tutti, circa l’esistenza di uno stato di malattia, contrapposta a una diagnosi di probabilità; i limiti reciproci dell’interesse pubblico e di quello privato; la responsabilità del medico in chiave deontologica e il suo conflitto con altre istanze di morale sociale.

Dal dibattito è emerso chiaramente l’intreccio fra questioni tecniche e psicologiche che non si presta ad una risoluzione generale, ma richiede di essere affrontato caso per caso. Ad esempio, i falsi positivi e i falsi negativi che nella pratica medica sono fra loro equiparati nel giudizio complessivo di “margine di errore di un test”, hanno nella realtà un peso del tutto diverso. Si pensi ad un falso positivo in una persona che si trova in una condizione di vulnerabilità psicologica: le eventuali conseguenze negative derivanti dall’aver appreso che nel suo futuro ci sarà la malattia, non trovano contropartita o giustificazione alcuna quando la comunicazione è un errore. Si pensi che il venire a conoscenza di essere a rischio di malattia, nella maggior parte delle persone affette da disturbi d’ansia, genera un ulteriore squilibrio che in alcuni casi, come hanno messo in evidenza studi di psiconeuroimmunologia, può essere esso stesso causa di malattia organica.

Al termine dell’incontro si è deciso un ulteriore approfondimento a partire dai seguenti quesiti e problemi.

 

E’ giusto ed opportuno diagnosticare e comunicare, con largo anticipo sull’epoca della manifestazione dei sintomi, una malattia per la quale non si dispone di trattamenti preventivi o cure?

 

Quando una malattia autoimmune è ricorrente in una famiglia, devono essere sottoposti ad esame i parenti dei membri affetti? Un colloquio psicologico preventivo non sarebbe utile per valutare, ad esempio, se una persona vivrebbe meglio con il dubbio di potersi ammalare (non sottoponendosi ad esami) o con l’eventuale certezza (sottoponendosi alla valutazione) di essere ad alto rischio di una forma grave?

 

Quale margine di errore si può accettare per i falsi positivi ed i falsi negativi di un test?

 

La pubblica diffusione del risultato positivo di un test espone al rischio di una penalizzazione manifesta (criteri per la concessione di prestiti e la stipula di contratti di polizze assicurative) od occulta (discriminazione de facto nei criteri di assunzione da parte di aziende ed altri soggetti datori di lavoro, svantaggi e rischi nella posizione e nella stabilità lavorativa, ecc.), pertanto è opportuna la sua segretezza. Tuttavia, in alcuni casi la tutela dell’interesse pubblico pone gravi dilemmi.

E’ stato riferito, in proposito, il caso di un giovane pilota di una compagnia aerea americana, diagnosticato di sclerosi multipla in fase di esordio. Accertata la patologia, il medico aveva raccomandato al suo paziente di programmare un cambio di mansioni o lavoro per gli anni successivi e, per onorare il rapporto di fiducia con lui, decise di non rivelare la diagnosi all’ufficio amministrativo della compagnia, quando fu consultato in merito a disturbi visivi e cadute improvvise cui era andato incontro il giovane. La remissione della malattia, con una condizione di salute del pilota che appariva ottima, avevano indotto i responsabili della compagnia aerea a rimandare la soluzione di ogni dubbio alla scadenza degli esami medici di routine cui il personale si sottopone per legge.

Dopo qualche giorno si verificò una sciagura aerea che ebbe grande risalto giornalistico e televisivo per la morte di tutti i passeggeri e dell’equipaggio: il pilota era il giovane affetto da sclerosi multipla e, come ha rivelato l’esame della scatola nera, aveva compiuto un errore umano non spiegabile per il suo grado di perizia, se non con un improvviso deficit senso-motorio.

 

L’autrice della nota ringrazia Isabella Floriani per la correzione della bozza.

 

Diane Richmond

BM&L-Marzo 2007

www.brainmindlife.org