L’ESERCIZIO FISICO GENERA NEURONI NELL’IPPOCAMPO

 

 

Fin dalla scoperta della neurogenesi nell’encefalo di vertebrati adulti, che si fa in genere risalire agli studi condotti negli anni Ottanta da Fernando Nottebohm sul cervello degli uccelli, è stato chiaro che l’accertamento del significato biologico e del ruolo fisiologico della produzione di nuovi neuroni nel sistema nervoso centrale dei mammiferi non sarebbe stata impresa facile per molte ragioni, fra le quali l’entità minima del fenomeno e la sua problematica dimostrabilità in vivo.

In realtà la ricerca sullo sviluppo di nuovi neuroni nel cervello adulto è cominciata molto tempo prima degli esperimenti sull’apprendimento del canto negli uccelli, ma è stata ostacolata e rallentata in parte dagli stessi problemi che oggi rendono difficile l’accertamento del suo significato fisiologico. Infatti, la dimostrazione da parte di Peter Eriksson e Fred Gage dell’esistenza di neurogenesi spontanea nell’uomo dopo lo sviluppo cerebrale embrionario, è stata preceduta da un iter sperimentale lungo oltre trent’anni e a molti ignoto, del quale qui di seguito ricordiamo solo le tre tappe più importanti.

Già nel 1962 Joseph Altman aveva rilevato chiari segni di neurogenesi nell’ippocampo di ratto, ma la ripetizione degli esperimenti da parte di altri ricercatori non aveva confermato il risultato, gettando dubbi e ingiusto discredito su quel lavoro. Il gruppo di Altman proseguì lo studio dimostrando la migrazione delle cellule ippocampali neonate verso altre sedi cerebrali. Le riserve e le critiche espresse da fonti autorevoli indussero molti ricercatori ad abbandonare la ricerca sulla neurogenesi, tanto che non vi furono pubblicazioni di rilievo fino al 1979, quando Michael Kaplan e i suoi collaboratori confermarono i risultati di Altman. Nel 1983, dopo altri quattro anni di lavoro, lo stesso gruppo dimostrò la presenza di precursori di cellule nervose nel proencefalo di scimmia adulta, aprendo la strada al reperimento nell’uomo (per ulteriori dettagli si veda “Genesi e rigenerazione dei neuroni” in “Il Neurone – per iniziare).

Per studiare il significato funzionale della neurogenesi nel cervello adulto, un obiettivo importante è identificare un preciso correlato in vivo. Con questo scopo un gruppo di ricercatori della Columbia University, guidati da Scott Small, ha avviato uno studio in collaborazione con Fred Gage e colleghi del Salk Institute for Biological Sciences di San Diego. Basandosi sull’accoppiamento fra neurogenesi ed angiogenesi hanno valutato se le misure del volume di sangue cerebrale (CBV) mediante risonanza magnetica nucleare (MRI), potessero costituire uno specifico correlato in vivo del processo di formazione di nuovi neuroni (Pereira A. C. e coll. An in vivo correlate of exercise-induced neurogenesis in the adult dentate gyrus. Proc Natl Acad Sci USA 104 (13): 5638-5643, 2007).

Precedenti ricerche avevano dimostrato che l’esercizio muscolare può stimolare la neurogenesi nel cervello di topo, per cui i ricercatori hanno realizzato mappe del CBV, mediante MRI, di topi sottoposti ad esercizio. Seguendo nel corso di due settimane le modificazioni del volume ematico cerebrale verosimilmente conseguenti all’angiogenesi, sono riusciti a monitorare l’accrescimento dell’ippocampo dei roditori in intensa attività fisica. I rilievi sono stati confrontati con quelli di un gruppo di controllo costituito da topi in condizioni di vita abituali.

Tra tutte le sub-regioni dell’ippocampo, l’esercizio è risultato avere un effetto primario sul CBV del giro dentato, la struttura ippocampale con un’accertata attività neurogenetica nell’animale adulto. La diretta valutazione post mortem della produzione di nuovi neuroni corrispondeva esattamente ai reperti MRI del CBV dei topi.

Le immagini correlate in vivo alla produzione di nuovi neuroni per effetto dell’esercizio, sono apparse come uno specchio fedele degli eventi cellulari. Su questa base i ricercatori hanno avviato la fase successiva dello studio sull’uomo.

Come in precedenza per il topo, hanno realizzato in soggetti volontari sottoposti a regolare esercizio motorio, mappe della progressiva formazione di nuovo tessuto nell’ippocampo sulla base dei rilievi CBV ottenuti mediante MRI. Il gruppo di controllo era costituito da persone che parallelamente conducevano vita sedentaria.

Anche nell’uomo l’esercizio ha rivelato un effetto primario sulla neurogenesi del giro dentato.

I ricercatori hanno sottoposto i volontari ad una serie di tests cognitivi per valutare la presenza di eventuali effetti sulla memoria e su prestazioni generalmente attribuite all’attività di reti neuroniche che hanno il loro fulcro nell’ippocampo.

Il risultato ha dimostrato che maggiore era stata la neurogenesi, più alto era il rendimento ai tests. E’ anche interessante notare che l’entità dell’effetto dell’esercizio sul CBV del giro dentato correlava esattamente e selettivamente con gli effetti sulle funzioni cardiopolmonare e cognitiva.

I risultati di questo lavoro ci offrono uno strumento indiretto ma prezioso per misurare la neurogenesi umana in vivo e per proseguirne lo studio del suo andamento per effetto di eventi fisiologici e patologici.

Scott Small intende ripetere questi esperimenti in soggetti di età avanzata, nell’ambito di un programma di studio degli effetti dell’esercizio fisico sul decadimento mnemonico dell’età involutiva.

Negli ultimi anni, con l’individuazione di un numero in costante crescita di fattori in grado di promuovere o inibire la neurogenesi nell’encefalo adulto, si sta componendo un quadro sempre più complesso che rende ardua la comprensione dei principi che regolano il processo anche nelle due circostanze più studiate, ossia la formazione di nuove memorie e la reintegrazione dei neuroni perduti.

Dal riscontro della produzione di neuroni indotta da molecole come il VEGF (vascular endothelial growth factor), al recentissimo rilievo della nascita di nuove cellule nervose nel cervello di topoline adulte esposte a ferormoni maschili, lo spettro di agenti potenzialmente neurogenetici è divenuto così vasto da richiedere la definizione di criteri che consentano, ad esempio, di determinare la quota di cellule neoprodotte necessaria ad un prefigurabile scopo funzionale, e ancora le condizioni in cui realmente un organismo animale impiega i neuroni neonati per fare fronte ad una definita esigenza. Infatti, da alcuni anni e con una frequenza crescente, la ricerca ci propone lavori che dimostrano le potenzialità neurogenetiche di svariati fattori e un accresciuto livello di prestazione dei roditori con un maggior numero di neuroni nell’ippocampo e nella corteccia cerebrale, senza che si abbia la possibilità di riportare i risultati a riferimenti quantitativi e qualitativi generali che consentirebbero stime comparative e in valore assoluto dell’entità del fenomeno studiato. In altre parole, riteniamo che siano necessari degli studi volti al fine di stabilire dei termini di significatività fisiologica dei processi neurogenetici nel sistema nervoso degli animali adulti.

In attesa di poter disporre di tali criteri, riteniamo che l’identificazione di precisi correlati in vivo degli eventi di genesi di nuovi neuroni cerebrali sia il miglior risultato cui si possa aspirare.

 

L’autrice della nota ringrazia Giuseppe Perrella, presidente della Società Nazionale di Neuroscienze, con il quale ha discusso l’argomento trattato ed elaborato il presente testo.

 

Diane Richmond

BM&L-Settembre 2007

www.brainmindlife.org