DIMENTICARE LA COCAINA

 

 

Un nuovo lavoro condotto da Miller e Marshall ripropone lo stimolante tema dei patterns mentali connessi con la dipendenza da sostanze psicotrope, quali memorie da cancellare (Miller & Marshall, Molecular substrates for retrieval and reconsolidation of cocaine associated contextual memory. Neuron 47, 873-884, 2005).

In questo studio è stato impiegato il modello della preferenza del luogo, condizionata dall’associazione con l’effetto ricompensa della cocaina: i ratti che avevano associato una camera all’assunzione della sostanza, continuavano a preferire la permanenza in quella camera anche quando non vi era più cocaina disponibile. Si è riscontrata la stretta associazione fra questo comportamento e l’attivazione nei neuroni della parte centrale del nucleo accumbens dei geni ERK, CREB, ELK1 e Fos (Via dell’ERK).

E’ interessante rilevare che la parte esterna del nucleo accumbens, importante nello sviluppo e nel mantenimento del tipico comportamento di ricerca della cocaina, non presenta nelle sue cellule nervose l’attivazione della Via dell’ERK, in tal modo è possibile distinguere la base neurobiologica della dipendenza da quella della preferenza della camera.

Miller e Marshall hanno voluto verificare se effettivamente i geni della Via dell’ERK sono responsabili del comportamento di preferenza, impiegando a tal fine un composto con proprietà inibitorie quale l’U0126.

Iniettando l’U0126 nei neuroni della parte centrale del nucleo accumbens dei ratti dipendenti ed affezionati alla camera delle passate assunzioni, si otteneva il blocco dell’espressione dei geni ERK, CREB, ELK1 e Fos, ossia dell’intera Via dell’ERK,  così come la scomparsa della preferenza.

Questo risultato indica la possibilità di agire selettivamente su un tipo di memoria e, se lo si associa a quelli di altre ricerche che dimostrano come si possa bloccare solo la formazione di memorie attive nel comportamento di ricerca della sostanza (si veda: Note e Notizie 10-12-05 Per dimenticare la cocaina si può inattivare ZIF268), si comprende come si possano nutrire speranze circa lo sviluppo di farmaci in grado di agire specificamente sulle memorie derivanti dall’assunzione di sostanze psicotrope d’abuso. Jane Qiu sostiene questo punto di vista affermando che sarà possibile determinare delle “amnesie selettive”, per curare alcune forme di malattie da dipendenza, senza avere effetti generali su tutti i ricordi (Jane Qiu, Brainwashing. Nature Review Neuroscience 6, 824, 2005).

Si possono, però, avanzare rilievi critici a questa opinione. Innanzitutto, si può rilevare che queste ricerche mettono in evidenza l’esistenza di un substrato diverso per memorie differenti legate alla dipendenza e dimostrano la possibilità di inattivarle selettivamente. Non dimostrano, invece, una indipendenza di queste memorie dalle altre possedute dall’animale e, soprattutto, dai processi che hanno portato e portano alla formazione di nuove memorie per effetto delle comuni esperienze emotive e senso-motorie. Un altro rilievo, che direttamente deriva dall’insegnamento di Giuseppe Perrella, riguarda il fatto che la compromissione amnesica grave per i ricordi del passato o la grave incapacità di formare nuovi ricordi, ha una specifica spiegazione nell’architettura funzionale del nostro cervello, in alcuni tipi di lesioni e, infine, nella nostra idea -tutta umana e culturale- di memoria ed apprendimento. Su questa base si può dire che è quasi impossibile che l’inibizione di alcuni geni in alcune popolazioni neuroniche possa determinare nei ratti “effetti generali su tutti i ricordi”, perché una tal cosa sarebbe concepibile solo nella forma dell’amnesia globale umana e, perciò, priva di un reale equivalente nei roditori. In proposito ricordiamo che, negli anni Cinquanta, Lashley ricavò la sua ipotesi della memoria come “azione di massa” da esperimenti in cui asportava parti progressivamente più consistenti e numerose della corteccia cerebrale di topi, fino a giungere ad una elevata demolizione del tessuto corticale che coincideva con una generale ed evidente riduzione delle prestazioni legate alle memorie pregresse.  

L’ultima osservazione riguarda la disinvoltura con cui la Qiu applica alla realtà umana questi risultati ottenuti nei ratti: per effetto dell’encefalizzazione -ossia la crescente assunzione del controllo, salendo la scala zoologica, da parte di centri e strutture superiori delle funzioni di centri inferiori del nevrasse- l’organizzazione funzionale della memoria e dell’apprendimento umano presenta priorità diverse, oltre ad un grado maggiore di variabili connesso al maggior numero di sistemi neuronici implicati.

 

L’autrice della nota ringrazia Giuseppe Perrella con il quale ha discusso gli argomenti trattati, ed Isabella Floriani per la correzione del testo.

Diane Richmond

BM&L-Dicembre 2005

www.brainmindlife.org