PER DIMENTICARE LA
COCAINA SI PUO’ INATTIVARE ZIF268
Una bias che ha condizionato a lungo la ricerca
neuroscientifica riguarda il modo di concepire e considerare la memoria.
Sebbene da decenni si studino le varie forme di memoria biologica dal livello
molecolare a quello dei sistemi neuronici, sussiste la tendenza a pensare e a
concepire la ricerca in questo campo prevalentemente sulla base di uno schema di
registrazione e riutilizzo di nozioni che ricorda il modello dell’apprendimento
scolastico umano.
Per questo motivo una sperimentazione come quella volta ad
accertare le basi neurobiologiche delle tossicodipendenze, solo raramente si
concepisce in termini di memoria ed apprendimento. E’ invece evidente che lo
sviluppo di dipendenza da una sostanza comporta l’acquisizione di nuovi stati
mentali e patterns comportamentali, il cui studio può aiutare la comprensione
della patogenesi dei sintomi e lo sviluppo di nuove terapie. Questa prospettiva
costituisce la base teorica cui attualmente sono ispirate alcune interessanti
ricerche condotte su animali.
La ripetizione dell’attivazione di uno schema
neurofunzionale già appreso in forma stabile determina un fenomeno di ulteriore
rafforzamento che prende il nome di riconsolidamento. Il desiderio frequente ed il comportamento legato all’assunzione
di una sostanza psicotropa determinano un riconsolidamento che, secondo molti
ricercatori, rappresenta la memoria cognitivo-emozionale che sostiene la
dipendenza.
Lee e i suoi collaboratori hanno addestrato dei ratti ad auto-somministrarsi
cocaina azionando una leva, ed hanno indotto in loro un condizionamento
associativo con l’accensione di una luce. Ottenuto l’apprendimento, i
ricercatori si sono prefissi lo scopo di disturbare il processo di riconsolidamento
in una parte dei ratti. Poiché è stata dimostrata l’importanza del gene Zif268 per i meccanismi molecolari di questo processo, il gruppo di
Lee ha deciso di inattivare questo gene nell’amigdala di una parte dei ratti, iniettando
oligodesossinucleotidi antisenso per bloccarne la trascrizione nei neuroni di questo
nucleo (Disrupting reconsolidation of drug
memories reduces cocaine-seeking behaviour. Neuron 47, 795-801,
2005).
Dopo pochi giorni tutti i ratti hanno avuto a disposizione
due leve: una associata all’accensione della luce e all’infusione di cocaina, l’altra
priva di questi collegamenti. Questa condizione sperimentale consente di
confrontare il numero di volte in cui viene pressata la leva erogatrice con
quello in cui viene azionata per gioco o per caso la leva sprovvista di altri
effetti. In questo modo si intendeva testare l’ipotesi seguente: se la
compulsione tossicomanica per la cocaina è dovuta ad un riconsolidamento di
memorie, disturbando questo processo si dovrebbe ridurre il comportamento
compulsivo.
L’esperimento, infatti, ha consentito di rilevare che i
ratti in cui era stata bloccata la trascrizione di Zif268 pigiavano la
leva che segnalava con la luce l’assunzione di cocaina un numero minore di
volte.
I risultati di questo lavoro, e di altri in questo filone di
ricerca, inducono alcuni a nutrire speranze circa la possibilità di impiegare
come anti-tossicomanigeni farmaci in grado di ostacolare il consolidamento di
memorie. Chi scrive ha molti dubbi e riserve sulla possibilità di realizzare
molecole sufficientemente selettive per queste memorie e non dannose per altri processi
di riconsolidamento. Piuttosto questi risultati sperimentali consentono di
riconoscere, nelle varie forme di trattamento e strategie di vita che risultano
efficaci nell’indurre la disassuefazione e l’abbandono dell’assunzione di
sostanze psicotrope, un comune denominatore: impedire, interrompere o
disturbare il riconsolidamento facilitando l’estinzione.