CELEBRARE DARWIN PER
CAPIRE L’EVOLUZIONE
Il 12 febbraio 2009 ricorre il bicentenario della nascita di Charles Robert Darwin[1] e, con una settimana di anticipo sul giorno dell’anniversario, la Società Nazionale di Neuroscienze “BRAIN, MIND & LIFE - Italia” ha dedicato un incontro dei soci alla preparazione di iniziative da programmare nel corso dell’anno, per diffondere la conoscenza dei risultati della ricerca scientifica basata sui fatti sperimentali dell’evoluzione biologica e per fornire un contributo di chiarezza a coloro che dibattono sul valore dell’evoluzionismo come teoria scientifica. Il titolo che si è scelto per questo convegno vuole rendere il senso dell’impegno di BM&L-Italia e rappresentare il filo conduttore di rassegne, dibattiti ed approfondimenti monografici: “Celebrare Darwin per Capire l’Evoluzione”.
In apertura dei
lavori il nostro presidente, la cui relazione ha introdotto tutti gli argomenti
affrontati dagli altri intervenuti, ha subito proposto una questione a lui cara
e da me ripresa in altre circostanze: si è soliti riferirsi alla
complessa articolazione del pensiero darwiniano con l’etichetta di “teoria
dell’evoluzione”, anche perché lo stesso Darwin aveva l’abitudine di impiegare
l’espressione “my theory”, al singolare, in ogni riferimento al suo paradigma
teorico; in realtà si possono distinguere, nell’opera del fondatore
dell’evoluzionismo, cinque teorie fra loro indipendenti in termini logici[2].
Nessuno, tra i maggiori evoluzionisti, ha accettato tutte e cinque le teorie ed
alcuni, come De Vries e Morgan, hanno recepito solo la prima, ossia quella del
progenitore comune. Introdotta questa scomoda verità, si può facilmente fare
giustizia di quella pletora di scritti e discorsi che genericamente e
superficialmente sostengono o avversano la “teoria evoluzionistica” di Darwin.
Il presidente ha
proseguito tracciando un netto discrimine fra le filosofie
evoluzioniste e le teorie biologiche dell’evoluzione:
le prime consistono nell’applicazione del paradigma dell’evoluzione a grandi
temi del pensiero, quali l’origine dell’uomo e il senso stesso della nostra
esistenza; le seconde razionalizzano fatti sperimentali inconfutabili che
consentono di prevedere l’andamento di fenomeni biologici e, come strumento di
studio, ottengono quotidiane conferme nei laboratori di tutto il mondo. Basti
pensare ai concetti di variazione e selezione sulla base dei
quali si sono ottenute la maggior parte delle scoperte genetiche, si è compreso
come si producono gli anticorpi, si sono accertati i meccanismi della
resistenza batterica agli antibiotici e così via, fino alla comprensione di
processi, come la selezione dei gruppi neuronici, che hanno reso
possibile l’evoluzione del cervello umano.
Secondo il
presidente, la contrapposizione fra creazionismo ed evoluzionismo è tutta
interna al pensiero filosofico e va lasciata alla discussione specialistica
degli esperti che hanno gli strumenti culturali per vagliare la forza delle
argomentazioni a sostegno delle opinioni. Al contrario, l’evoluzione in
biologia è un fatto incontestabile e inconfutabile, peraltro assolutamente compatibile
con la visione ebraico-cristiana della creazione: l’evoluzione non è che il
processo mediante il quale l’atto creativo divino si è espresso e prosegue nel
tempo e nella storia.
Nel prosieguo
delle relazione, in un paragrafo dedicato alla valutazione sperimentale della
selezione naturale, il professor Perrella ha affermato che gli studi genetici condotti
con gli strumenti più sofisticati stanno dimostrando che, nel modellare il DNA,
la selezione naturale gioca un ruolo molto più importante di
quanto gli evoluzionisti, anche i più radicali, avessero ipotizzato in passato.
Questo argomento è stato successivamente affrontato da Lorenzo L. Borgia, che
lo ha illustrato con una lunga serie di esempi.
Lo studio delle fonti di variazioni e dei modi in
cui queste appaiono, sta chiarendo come si possa giungere dagli atomi fino ai
tratti culturali e, nell’approfondimento proposto da Nicole Cardon, è stato
spiegato il dettaglio delle fasi che da semplici cambiamenti del DNA portano
all’evoluzione di nuove specie e perfino ai tratti di nuove culture in ambito
umano. La professoressa Cardon ha poi presentato uno straordinario schema dell’evoluzione
delle sinapsi che ha proposto come metonimia dell’evoluzione dagli organismi
più semplici alla nostra specie.
Diane Richmond ha
affrontato il problema della psicologia evoluzionistica popolare (Pop Evolutionary
Psychology o Pop EP), ossia quel complesso di idee mediante il quale la
maggior parte delle persone, ossia il pubblico dei media, i lettori di
saggi divulgativi e, spesso, anche gli studenti delle scuole superiori,
conoscono l’approccio evoluzionistico allo studio della mente umana. Una
definizione di Pop EP, ripresa da David Buller, era stata già fornita dal
presidente nel suo excursus: una branca della psicologia teoretica che
impiega principi evoluzionistici a sostegno di affermazioni sulla natura umana
in una forma concepita per la fruizione di massa.
La Pop EP vanta
fra i suoi sostenitori lo psicologo David M. Buss, il neuroscienziato Steve
Pinker e numerosi altri studiosi di fama internazionale, molti dei quali
provenienti dall’antropologia. La professoressa Richmond ha evidenziato la
differenza fra gli assunti direttamente derivati dalle teorie scientifiche dell’evoluzione
e le tesi principali della Pop EP, mettendo in guardia dal rischio di porle
sullo stesso piano. Vediamo perché le quattro idee-guida della Pop EP si
rivelano deboli in termini scientifici.
1) Secondo la Pop EP l’analisi dei problemi
adattativi dei nostri progenitori del Pleistocene, quali la competizione per
l’accoppiamento e le risorse, contiene indizi sulla configurazione funzionale
della mente.
Critica: se pure si
ritiene che questi progenitori fossero più vicini ai primati sub-umani che a
noi, si dovrà ammettere che avessero dei tratti psicologici propri sui
quali ha agito la selezione, tratti che noi non conosciamo.
2) Secondo la Pop
EP noi sappiamo o possiamo facilmente scoprire perché si siano evoluti tratti umani caratteristici
come il pensiero astratto e il linguaggio verbale.
Critica: per scoprire il
perché dello sviluppo di un tratto sarebbe necessario identificare e valutare la
sua funzione nell’economia adattativa degli uomini primitivi, cose impossibili
da attuare in forma diretta e problematiche in forma indiretta, perché al
riguardo possediamo scarse evidenze e le sequenze deduttive non sono altro che
ipotesi costruite su altre ipotesi.
3) Secondo la Pop EP nel nostro cranio vi è una mente identica a quella dell’Età
della Pietra.
Critica: si hanno prove scientifiche
indirette dei mutamenti nella fisiologia del corpo, e conseguentemente del
cervello, per almeno due grandi eventi epocali della storia umana: la nascita
dell’agricoltura, collocata intorno ai 10-12.000 anni fa, e la comparsa delle
città. Non è ragionevole supporre che questi cambiamenti non abbiano prodotto
alcun effetto di rilievo sulla psiche.
4) Secondo la Pop
EP i dati psicologici forniscono chiare evidenze per assunti
quali l’esistenza di una differenza fra maschi e femmine nel meccanismo alla base
della gelosia.
Critica: i dati
psicologici sono ottenuti mediante questionari a “risposte chiuse” (forced-answers)
concepiti secondo gli attuali stereotipi culturali e in grado di rilevare il
prodotto di un atteggiamento mentale indipendentemente dalla sua origine
culturale o biologica. I dati neurobiologici a proposito del sentimento della
gelosia, invece, depongono a favore di un meccanismo biologico comune ad
entrambi i sessi che, semplicemente, risponderebbe in maniera diversa quando è
minacciato un rapporto interpersonale.
Alla relazione
della Richmond è seguita quella del professor Rossi sull’evoluzione in anatomia, nel corso della
quale son stati illustrati interessanti questioni, quali la tendenza allo
sviluppo delle ernie scrotali, nel maschio, come imperfetto approdo dell’evoluzione
dai pesci ai mammiferi.
Infine, chi
scrive, ha tenuto una relazione di impronta storica sul pensiero delle grandi
figure dell’evoluzionismo, focalizzando l’attenzione su Charles Darwin e
Gregorio Mendel, che erano stati oggetto di un breve saggio in parte riportato
in precedenza (Note e Notizie 03-11-07 Scienza e fede unite nella
ragione).
L’autrice
della nota ringrazia il presidente della Società Nazionale di Neuroscienze,
Giuseppe Perrella, che ha promosso questo incontro come punto di partenza per
l’organizzazione di altre iniziative volte a diffondere la conoscenza
dell’evoluzione biologica nell’anno del bicentenario darwiniano.
[Tipologia del testo: NOTIZIA]
[1] Charles Robert Darwin, nipote del celebre medico, poeta e
filosofo Erasmus Darwin, nacque a Shrewsbury, nello Shropshire il 12 febbraio
(secondo alcuni biografi il 9) e morì a Down, nel Kent, il 19 di aprile del
1882.
[2] Le cinque teorie: 1) Teoria dell’Evoluzione, 2) Teoria del
Progenitore comune, 3) Teoria del Gradualismo (contrapposta al saltazionismo e non
condivisa da Huxley, Galton e Kölliker), 4) Teoria della Speciazione o
moltiplicazione delle specie, 5) Teoria della Selezione Naturale. Si veda: “Darwin’s Five
Theories of Evolution” alle pagine 97-105 di Ernst Mayr, What Makes Biology
Unique. Consideration on the Autonomy of a Scientific Discipline.
Cambridge University Press, 2004.