LA CORTECCIA CEREBRALE

ORIGINI E CONSEGUENZE DELLA SUA CONFORMAZIONE

 

 

(SESTA PARTE)

 

Simulazioni al computer suggeriscono che le conseguenze dell’azione meccanica del ripiegamento sulla morfologia microscopica hanno anche ripercussioni sulle funzioni delle singole cellule. Infatti, poiché lo spessore corticale è maggiore nelle circonvoluzioni rispetto ai solchi, i dendriti dei neuroni della profondità dei giri costituiscono, per il segnale in entrata, percorsi fino al corpo cellulare molto più lunghi di quelli delle ramificazioni riceventi delle cellule nervose del fondo dei solchi, dove la corteccia è più sottile. La differente estensione del percorso si riflette verosimilmente in una differenza temporale dendriti/soma che dovrebbe condizionare i tempi di scarica secondo un profilo topografico[1].

Questa ed altre differenze desunte dal modello, dovranno essere sottoposte a verifica sperimentale, registrando l’attività elettrica di singoli neuroni corticali nei territori-campione (sommità delle circonvoluzioni, fondo dei solchi, montanti dei giri, ecc.) e confrontando i risultati  di cellule nervose omologhe, conformate diversamente per la loro sede[2].

Nel complesso, questi studi relativi all’influenza delle connessioni sulla morfologia e le funzioni corticali, hanno fornito nuovi elementi alla ricerca sui rapporti fra struttura cerebrale e manifestazioni di patologia, quali le psicosi schizofreniche e l’autismo.

 

5. UN LEGAME CON LA PATOLOGIA. Rispetto ai tentativi pionieristici ed erronei di mettere in relazione la morfologia cerebrale con le funzioni mentali, compiuti nel XIX secolo ed esitati in una pseudoscienza che prese il nome di organologia o frenologia[3], oggi non solo abbiamo una conoscenza molecolare, cellulare e sistemica dell’encefalo che ci pone al riparo da quelle grosse sviste, ma abbiamo anche la possibilità di studiare un numero altissimo di cervelli umani di persone in vita, mediante una metodica poco invasiva e di alta fedeltà anatomica come la risonanza magnetica nucleare.

Poiché è stata più volte rilevata l’esistenza di chiare differenze nel disegno della superficie corticale fra soggetti sani e persone affette da disturbi psichici che si fanno risalire allo sviluppo, si è ipotizzato che la perdita del fisiologico rapporto meccanico fra connessioni e circonvoluzioni, possa avere un ruolo patogenetico.

 

5.1. Schizofrenia e psicosi correlate. La ricerca che esplora questo legame potenziale è ancora nelle sue fasi iniziali, ma un elemento comune è emerso dal lavoro di numerosi gruppi di ricerca in questi ultimi anni: nel suo complesso, il cervello di pazienti diagnosticati di schizofrenia, presenta un numero minore di circonvoluzioni di quello delle persone non affette. L’interpretazione di questo dato rimane però controversa, perché le presunte aberrazioni morfologiche che giustificherebbero un legame fra struttura e funzione alterata, variano enormemente da caso a caso. Ad oggi, sembra che si possa escludere l’esistenza di un’alterazione corticale patognomonica della schizofrenia, ma anche l’esistenza di segni diacritici certi[4]. Con sicurezza si può solo affermare che il cervello degli schizofrenici differisce dal prototipo in cui rientrano tutti i cervelli delle persone non affette da gravi disturbi psichici o da alterazioni dello sviluppo cerebrale.

Al livello microscopico, lo studio delle differenze nelle caratteristiche e nella composizione cellulare degli strati corticali non deve essere sottovalutato, anche se il miglior antecedente di questo genere di correlazioni non riguarda un disturbo psichiatrico, ma una disabilità dell’apprendimento, quale la dislessia. Negli anni Settanta, infatti, il neurologo Albert Galaburda della Harvard Medical School rilevò che i neuroni piramidali, ossia le cellule costituenti il principale sistema di comunicazione della corteccia, nei dislessici risultavano spostati dalla sede che normalmente occupano nelle lamine corticali, proprio in corrispondenza di aree legate al controllo del linguaggio e della funzione uditiva.

L’identificazione di un profilo di alterazione citoarchitettonica della schizofrenia non sembra facile, tuttavia nel cervello degli schizofrenici sono già state documentate delle aberrazioni nella densità neuronica degli strati corticali di vari territori del lobo frontale.

Si può ipotizzare che l’alterata distribuzione dei neuroni corticali precluda lo sviluppo del normale pattern di connessioni e, in tal modo, preceda e condizioni la formazione delle sinapsi anomale ritenute la principale origine delle manifestazioni sintomatologiche.   

 

5.2. Il Disturbo Autistico. Il disturbo pervasivo dello sviluppo indicato come autismo infantile e definito dall’American Psychiatric Association Disturbo Autistico (F84.0 del DSM-IV-TR, corrispondente al 299.00 della classificazione ICD dell’Organizzazione Mondiale della Sanità), è stato messo da tempo in rapporto con alterazioni delle circonvoluzioni cerebrali. In particolare, nel cervello di coloro che ne sono affetti, alcuni solchi appaiono più profondi e il loro disegno si discosta, sia pur lievemente, da quello fisiologico (Note e Notizie 14-10-03 Autismo: mappa in 3D dei solchi corticali realizzata per la prima volta). Proprio queste evidenze hanno supportato il progressivo affermarsi di una visione nuova della patogenesi di questa sindrome che, attualmente, è considerata il risultato di un’alterazione delle principali connessioni strutturali. Numerosi studi funzionali del cervello autistico hanno infatti dimostrato una riduzione della comunicazione fra aree distanti ed un’accentuazione dei collegamenti funzionali fra aree prossime.

 

Concludendo questo paragrafo sui rapporti fra morfologia corticale e patologia, pur consapevoli della scarsità di risultati finora ottenuti, vogliamo sottolineare l’importanza di questa angolazione visuale per tutti coloro che studiano il sistema nervoso centrale, soprattutto perché l’attenzione alle strutture ci ricorda che un’alterazione psichica è sempre una disfunzione dei sistemi neuronici, anche se la ricerca molecolare delle cause e lo studio farmacologico dei trattamenti, porta spesso a descrivere, e persino a concepire, i disturbi mentali come semplici squilibri neurochimici[5].

 

[continua]

 

Gli autori della nota ringraziano Giuseppe Perrella, presidente della Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, autore di una relazione su questo argomento dalla quale è ampiamente tratto il testo “La Corteccia Cerebrale. Origini e conseguenze dalla sua conformazione”, successivamente suddiviso in parti per la pubblicazione fra le “Note e Notizie”.

 

Giovanni Rossi &Nicole Cardon

BM&L-Marzo 2009

www.brainmindlife.org

 

[Tipologia del testo: RELAZIONE DI AGGIORNAMENTO]

 



[1] Si veda p. 59 di Claus Hilgetag & Helen Barbas, Sculpting the Brain, Scientific American 300 (2), 56-61, 2009; e in Hilgetag C. C. & Barbas H., Role of Mechanical Factors in the Morphology of the Primate Cerebral Cortex. PloS Computational Biology 2 (3) e22, March 24, 2006.

[2] Uno studio neurofisiologico di questo genere non è stato ancora compiuto e, a conoscenza di Hilgetag, Barbas e di chi scrive, non è attualmente in corso in alcuno dei laboratori più noti.

[3] Nel 1825 un famoso anatomista, Franz Joseph Gall, pubblicò la sua teoria degli organi mentali che chiamò Organologia – poi ribattezzata Frenologia da Johan Kasper Spurzheim – nella quale si postulava la ripartizione del cervello in un certo numero di organi mentali indipendenti, che corrispondevano ad istinti e facoltà, quali l’istinto di riproduzione, l’amore per la propria progenie, il senso del linguaggio, il gusto per le risse e i combattimenti, ecc. (Vedi “Alfred Binet e l’eredità di Gall”, relazione su neurobiologia e neuropsicologia del senso dei numeri, tenuta da Giuseppe Perrella al “Cognitive Science Club” il 22 settembre 2002, e rielaborata per il “Seminario sul senso dei numeri” della Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia nel marzo 2003. Il testo è a disposizione dei soci per la consultazione).

[4] Questo dato sembra concordare con l’insegnamento della nostra scuola che, facendo propria una tesi sostenuta da Giuseppe Perrella già tre decenni or sono, ha spostato l’attenzione sull’organizzazione funzionale microscopica del cervello degli psicotici. In particolare, si ritiene che le alterazioni strutturali e funzionali delle psicosi non secondarie, vadano ricercate prevalentemente nel disegno generale delle connessioni, al livello delle sinapsi e nelle funzioni dei singoli sottosistemi, studiandone le anomalie cellulari e molecolari. Un altro aspetto importante del rapporto fra dato anatomo-patologico ed espressione clinica delle psicosi è dato dalla costante osservazione di manifestazioni dello stesso tipo per condizioni cerebrali diverse. Fin dagli anni Ottanta, il nostro attuale presidente ha sottolineato la caratteristica di stereotipi di disfunzione dei quadri di patologia psicotica primitiva o secondaria. In proposito si pensi ai casi descritti da Silvano Arieti, come quello del paziente schizofrenico che all’autopsia rivelò un grande glioma del lobo frontale. Cause diverse possono determinare identici quadri psicotici; questo aspetto è una traccia per indagare su una sorta di “reazione globale” del “sistema encefalo” che, quando va oltre un certo grado di gestibilità delle sottocomponenti alterate, si scompensa secondo stereotipi fisiopatologici, che danno luogo alle varie espressioni cliniche caratteristiche delle psicosi.

[5] In molte trattazioni divulgative, ma anche in alcune sintetiche descrizioni concepite per fini didattici, sembra quasi che le alterazioni di recettori e trasmettitori non avvengano nel sistema più complesso che si conosca in natura, ma in un vaso di soluzioni in equilibrio chimico.