Autismo: mappa dei
solchi corticali in 3D realizzata per la prima volta
Courtesy of Jennifer G. Levitt, University of California, Los Angeles.
3D variability in cortical sulci between the patient and the control
groups.
Un gruppo della University of California a Los Angeles
(UCLA) condotto da Jennifer Levitt (Cortical
sulcal maps in autism, Cerebral Cortex 13, 728-735, 2003) impiegando lo sviluppo tridimensionale di immagini
tomografiche ottenute con la tecnica della Risonanza Magnetica Nucleare (RMN)
ha realizzato la prima mappa 3D del disegno dei solchi e delle scissure[1]
della superficie corticale in bambini autistici.
Lo studio prevedeva l’acquisizione di immagini da singoli
soggetti divisi in due gruppi, quello dei pazienti affetti da sindrome
autistica e quello di controllo costituito da bambini sani. Le scansioni RMN-3D
dei singoli soggetti sono poi state elaborate impiegando un software specifico
per ottenere una immagine virtuale per ciascun gruppo che rappresentasse la
media perfetta delle caratteristiche morfologiche dei solchi e delle scissure
negli autistici e nei normodotati.
L’Autismo infantile diagnosticato secondo i criteri del
DSM-IV-TR ha una riconosciuta base in un alterato e ritardato sviluppo
neuropsichico che si accompagna ad anomalie anatomiche dell’encefalo. Fra
queste, le anomalie delle strutture limbiche e la ridotta dimensione del
cervelletto nelle sue formazioni mediane, sono note dagli anni Ottanta del
Novecento ma, ormai da tempo, si conoscono anche alterazioni strutturali che
riguardano la corteccia del neoencefalo. Sebbene manchi ancora un quadro
istologico analitico delle distorsioni dell’architettura delle regioni affette,
così come degli istotipi maggiormente interessati, si cerca di mettere in
relazione i dati anatomo-patologici con le possibili alterazioni dei processi
di sviluppo. In questo quadro una carta topografica dei solchi della superficie
dei lobi frontale, parietale ed occipitale, la cui morfologia segue una
configurazione stabile e costante per le varie età, rappresenta un utile
supporto per indirizzare le ipotesi di ricerca.
Levitt e gli altri
ricercatori della UCLA hanno rilevato la dislocazione anteriore di alcuni fra i
solchi maggiori delle regioni temporali e frontali dei bambini autistici. Ad
esempio si rileva lo spostamento bilaterale, in avanti ed in alto, del solco
frontale superiore; il solco temporale superiore è più anteriore sia a sinistra
che a destra, come la circonvoluzione frontale inferiore di sinistra. E’ più
anteriore negli autistici anche la Scissura di Silvio dell’emisfero destro.
Nello sviluppo postatale normale, l’aumento di numero delle
circonvoluzioni e di complessità del loro disegno durante l’accrescimento
dell’encefalo, si traduce spesso in uno spostamento in direzione posteriore o
caudale dei solchi già riconoscibili sulla superficie della corteccia
cerebrale. Questo è particolarmente evidente per il giro frontale inferiore.
Non sorprende, perciò, che la Levitt ipotizzi che l’anteriorizzazione del
tracciato negli autistici rifletta una ritardata od incompleta maturazione,
almeno per ciò che concerne il lobo frontale.
I rapporti fra morfologia e genetica, si pensi ai geni
“homeobox”, e fra alterazioni strutturali e tipo di noxa patogena, potrebbero
costituire per le future ricerche un filo di Arianna nel labirinto della
patogenesi di quelle condizioni che si esprimono con la sindrome autistica.
[1] Si ricorda che L’International Anatomical Nomenclature
Committee ha abolito il termine scissura, che indica quei solchi di
maggiore dimensione che separano i lobi dell’encefalo. Tuttavia alcuni
anatomici italiani lo conservano sia per la tradizione che risale all’impiego
che ne faceva Francesco Du Bois, il quale proprio in omaggio al prestigio della
nostra scuola di anatomia italianizzò il suo nome in “De le Boe” e scelse lo
pseudonimo latino “Silvius”, da cui la Scissura di Silvio. Sia per
l’utilità pratica nel dare un nome diverso alla separazione fra lobi e alle
semplici linee che si riconoscono sulla superficie della corteccia di ciascun
lobo. Attualmente si distinguono solchi intralobari e solchi
interlobari.