COCAINA: INNALZAMENTO DEL PUNTO DI ROTTURA

 

 

Nella Nota dal titolo “Cocaina: un modello animale di tossicodipendenza” si discuteva un lavoro in cui ratti addestrati alla auto-somministrazione presentano un comportamento simile al modello umano della dipendenza da questa sostanza con una transizione da assunzione sporadica ad assunzione compulsiva. In una ricerca condotta da Deroche-Gamonet e collaboratori (Evidence for addiction-like behavior in the rat. Science 305, 1014-1017, 2004) con un simile impianto sperimentale, si riscontrava nei ratti la stessa condotta bifasica, ma in questo studio sono stati rilevati molti altri dati di notevole interesse.

A parte l’incremento di condotte di ricerca quando la cocaina non era disponibile e il persistere dell’assunzione anche a fronte di conseguenze dolorose e pericolose, questi ratti mostravano alti livelli di attività articolata su una base di intensa motivazione sostenuta dal desiderio di ottenere la droga. Queste performances venivano misurate mediante una “progressive-ratio schedule” che prevedeva il progressivo aumento del numero di risposte richieste per ottenere l’accesso alla cocaina, fino a quando l’animale raggiungeva il “breaking point” o punto di rottura, corrispondente alla massima quantità di lavoro che l’animale è in grado di compiere per ottenere la ricompensa.

I ratti che erano divenuti dipendenti mostravano punti di rottura molto più elevati degli altri. Questo corrisponde ad un effetto più significativo e stabile di quello di un semplice doping perché modifica un limite fisiologico massimo. In questo senso è, di per sé , la spia di un danno, ma anche di una predisposizione presente solo in una parte degli animali.

Infatti, i sintomi simili a quelli delle più gravi forme umane di dipendenza da cocaina si avevano solo nel 17% dei ratti. Questa percentuale è prossima a quella delle persone che, esposte all’uso di questa droga, sviluppano gravi forme di “addiction”.

La parte rimanente dei ratti, che pure aveva sviluppato comportamenti di dipendenza, tendeva poi, progressivamente, ad un decremento delle condotte di ricerca estenuante della sostanza e di sfida dello shock elettrico, nonostante una quantità praticamente invariata di cocaina auto-assunta.

Un dato interessantissimo consente di distinguere i ratti a basso livello di dipendenza da quelli ad alto livello.

I ratti che mostravano bassi livelli di condotte compulsive esprimenti dipendenza, dopo un periodo di astinenza che andava dai 5 ai 30 giorni, non manifestavano ricadute immediate; al contrario i ratti che avevano dato segni di alto grado di dipendenza, che fossero 5 o 30 i giorni di astinenza, immediatamente ripresentavano la ricaduta.

 

E’ superfluo sottolineare l’analogia con quanto si osserva nella realtà umana.

 

BM&L-Novembre 2004