LA RIDUZIONE DI CIBO SEMBRA MIGLIORARE LA MEMORIA

 

 

La riduzione dell’apporto calorico quotidiano, anche in individui non in sovrappeso, è in grado di determinare numerosi effetti benefici sulla salute, ed è noto che la riduzione fino al 50% della razione di cibo prolunga la sopravvivenza degli animali di laboratorio. Di recente è stata anche identificata una base molecolare per la longevità da restrizione alimentare (Note e Notizie 15-09-07 Come la riduzione di cibo allunga la vita). Il miglioramento delle prestazioni cognitive, seppure spesso descritto in varie condizioni di iponutrizione (anoressia, digiuni, diete terapeutiche, ecc.), non ha invece una solida base di dimostrazioni sperimentali, per questo ha attratto l’attenzione dei ricercatori e dei media un recente lavoro pubblicato su Proceedings of the National Academy of Science, che dimostra migliori risultati in prove di memoria in persone iponutrite (Leonie Welberg, Eating less to remember more. Nature Reviews Neuroscience 10 (3), 172, 2009).

I volontari sono stati sottoposti ad una riduzione del 30% delle calorie assunte quotidianamente, con il risultato di un miglioramento nelle prove di memoria verbale, secondo quanto è emerso dal confronto con le prestazioni registrate prima dell’introduzione del regime alimentare ristretto. Il buon esito cognitivo correlava strettamente con la riduzione dei livelli plasmatici di insulina e proteina C-reattiva ad alta sensibilità, entrambe associate all’infiammazione.

Grant Brinkworth della Commonwealth Scientific and Industrial Organization (Australia) ha osservato: “Il fatto che abbiano visto forti correlazioni fra memoria, insulina e markers dell’infiammazione, suggerisce che vi possa essere un substrato fisiologico per l’ effetto.” (New York Times).

Secondo Agnes Floel della Münster University (Germania), autrice dello studio, la riduzione degli stati infiammatori può avere effetti benefici sui processi alla base delle funzioni cognitive, come è emerso in precedenti studi.

Jeffrey Keller, del Pennington Biomedical Research Center di Baton Rouge in Louisiana, discutendo i risultati di questo studio per la CNN, ha soffermato l’attenzione sull’estensione della durata della vita degli animali di laboratorio a dieta ipocalorica, ed ha osservato che l’interpretazione dei risultati suggerisce che “può essere l’invecchiamento del corpo a determinare l’invecchiamento del cervello”.

Rebecca Wood dell’Alzheimer’s Research Trust ha rilevato: “Molti scienziati ritengono che vi sia un legame fra dieta e rischio di demenza. Questo importante pezzo di ricerca si aggiunge al quadro di come la dieta può interessare la memoria di una persona.” (Telegraph).

La discussione sull’opportunità di praticare spontaneamente una drastica riduzione della propria razione alimentare, in applicazione dei risultati del lavoro della Floel, ha sollecitato un portavoce della British Dietetic Association ad un avvertimento: “Una brusca riduzione del 30% delle calorie è significativa per chiunque non sia in sovrappeso, e non dovrebbe essere intrapresa con leggerezza” (BBC News). Meno prudente, invece, è apparsa la Floel che, al riguardo, ha dichiarato: “E’ probabilmente una buona idea in ogni caso, e tu potresti in tal modo fare qualcosa per il tuo cervello.” (CNN).

 

Giovanni Rossi

BM&L-Marzo 2009

www.brainmindlife.org

 

[Tipologia del testo: DISCUSSIONE E COMMENTO]