COME IL CERVELLETTO APPRENDE UN COMPITO MOTORIO

 

 

L’importanza del cervelletto in neurofisiologia è tale che i recenti progressi nella comprensione di alcuni dei suoi numerosi ruoli, hanno modificato la concezione classica della base neurale di molte funzioni dell’encefalo, consentendo di superare la contraddizione apparentemente inesplicabile fra l’aspetto morfologico di una struttura tanto complessa ed espansa da meritare il nome di piccolo cervello, e l’esclusivo ruolo motorio-posturale attribuitogli in passato (si veda in “Intervista a Giuseppe Perrella, Presidente della Società Nazionale di Neuroscienze”). Attualmente si sa che questa formazione originata dal rombencefalo interviene nel sonno e nella modulazione di numerose funzioni sensoriali e viscerali, tuttavia si ritiene che sia della massima importanza lo studio -peraltro più accessibile alla sperimentazione- dei processi alla base dell’apprendimento motorio, perché si spera possa fornire una chiave, un modello o un paradigma per decifrare, più in generale, la sua fisiologia.

Si ritiene che un prerequisito per l’apprendimento di compiti motori sia costituito dall’integrazione dell’informazione al livello cellulare e dei sistemi neuronici, ma i due livelli funzionali non sono mai stati studiati simultaneamente. Medina e Lisberger, studiando il rapporto fra la plasticità nelle cellule di Purkinje e l’apprendimento motorio nella scimmia, presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università della Pennsylvania a Philadelphia,  sono riusciti a definire una precisa relazione fra le risposte cellulari e l’attività dei sistemi che consentono di apprendere un compito (Medina J. F. & Lisberger S. G., Links from complex spikes to local plasticity and motor learning in the cerebellum. Nature Neuroscience 11, 1185-1192, 2008).

Le vie costituite rispettivamente dalle fibre muscoidi e dalle fibre rampicanti, rappresentano i due principali sistemi cerebellari implicati nell’apprendimento motorio, funzione che, secondo una delle ipotesi più accreditate, si basa sull’interscambio fra i due sistemi mediante l’integrazione spaziale e temporale della loro attività elettrica.

La funzione di ciascun sistema può essere agevolmente riconosciuta, perché ha una precisa caratterizzazione bioelettrica: il sistema delle fibre muscoidi evoca nei neuroni di Purkinje una risposta a picchi semplici (simple spikes), mentre il sistema delle fibre rampicanti genera nelle stesse cellule un’attività a picchi complessi (complex spikes).

Medina e Lisberger hanno esaminato contemporaneamente l’attività a picchi semplici e quella a picchi complessi in singole cellule di Purkinje, durante e dopo l’apprendimento di un compito visivo consistente nel seguire un oggetto in movimento. E’ emerso che l’attività a picchi semplici è sensibile alla direzione dei movimenti dell’occhio, alla quale risponde con cambiamenti nella frequenza di scarica, mentre l’attività a picchi complessi risponde agli inputs visivi che segnalano una variazione nel movimento del bersaglio.

Durante le prove volte ad ottenere apprendimento da parte della scimmia, il target visivo si muoveva prima lungo una linea diritta e poi cambiava direzione, seguendo sia il verso al quale la cellula di Purkinje sottoposta a registrazione rispondeva (“on direction”), sia il verso che non induceva risposta (“off direction”). Terminato il training, i ricercatori hanno verificato i cambiamenti indotti dall’apprendimento nell’attività elettrica a picchi semplici, ed hanno così rilevato che erano adatti per ampiezza, tempo e direzione, a condurre il movimento appreso dell’occhio.

A questo punto, è stata fatta l’osservazione-chiave per il collegamento all’apprendimento comportamentale della plasticità indotta dall’attività a picchi complessi. Studiando le risposte a picco semplice in coppie di sessioni successive di apprendimento, si è rilevato che questa attività era depressa nella seconda prova se e solo se vi era stato un picco complesso nella prima prova. Inoltre, l’occorrenza temporale della depressione dell’attività a picco semplice, corrispondeva a quella attesa per un fenomeno causato dalla plasticità cellulare indotta dall’attività a picchi complessi, ed era compatibile con il ruolo di causa dell’apprendimento comportamentale.

In conclusione, questo studio fornisce un contributo di fondamentale importanza alla nostra comprensione del modo in cui i segnali in entrata determinano plasticità cellulare e, conseguentemente, apprendimento motorio da parte dei sistemi neuronici del cervelletto.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Floriani per la correzione della bozza.

 

 

Diane Richmond

BM&L-Novembre 2008

www.brainmindlife.org

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]