IMMAGINI CEREBRALI DEL PREGIUDIZIO POLITICO

 

 

Secondo la teoria proiettiva della cognizione sociale, noi siamo in grado di immaginare o prevedere ciò che una persona possa sentire o pensare in una data situazione o circostanza esistenziale, sulla base di un’immedesimazione che si fonda sull’auto-conoscenza.

E’ facile trovare esempi che confermino la ragionevolezza di questo assunto: indoviniamo ciò che sente o pensa una persona in una condizione di oggettivo pericolo, oppure di fronte ad un partner attraente o, magari, per aver vinto ad una lotteria. Tuttavia, come accade per molte teorie psicologiche di ispirazione biologica, l’efficacia predittiva è inversamente proporzionale all’importanza delle componenti culturali nella definizione del senso dell’esperienza in questione (Giuseppe Perrella, Seminario sull’arte del Vivere, II (5): La ricerca del determinismo nell’inconscio o nella genetica porta alla fuga dalle responsabilità della coscienza. BM&L maggio 2005).

Infatti, se impieghiamo i tre esempi citati -la paura sollecitata da una minaccia, la promessa di una gratificazione sentimentale e l’ottenimento di un possesso materiale- come situazioni per le quali chiediamo di prevedere la reazione mentale di un ipotetico protagonista, nella quasi totalità dei casi, le risposte, immediate e spontanee, sottintendono immedesimazione perché suppongono l’evocazione, comune a tutti, di affetti di base. Invece, se chiediamo a qualcuno di immaginare cosa provi e pensi una persona nell’incontrare un leader religioso come il Papa o il Dalai Lama, o un esponente di un partito politico di governo, è molto probabile che l’interrogato non risponda sulla base di un’istintiva identificazione, ma si informi sul credo religioso o sulle idee politiche dell’ipotetico soggetto dell’incontro. In questo caso sapere, ad esempio, che la persona che incontra il Dalai Lama è buddista, oppure che quella che incontra l’esponente di governo è iscritta ad un partito di opposizione, avrà un ruolo determinante nella formazione delle inferenze cognitive.

Molti ricercatori ritengono che la differenza fra il primo e il secondo modo di fare previsioni, non corrisponda nel cervello ad una dicotomia affettivo/razionale, ma sia conseguenza di un paradigma neurofunzionale di base che prevede nel primo caso l’assimilazione dell’altro a se stesso e nel secondo caso un trattamento da “estraneo” (per un approfondimento si veda: Note e Notizie 08-01-06 Se stessi e gli altri: le differenze nel cervello).

Sulla scorta di tale convinzione Jason Mitchell, con la collaborazione di C. N. Macrae e M. R. Banaji, ha provato a verificare se esistano nel cervello due diversi patterns funzionali che si attivano rispettivamente quando pensiamo a persone con idee politiche simili alle nostre oppure diverse (Dissociable medial prefrontal contributions to judgments of similar and dissimilar others. Neuron 50, 655-663, 2006).

All’inizio della sperimentazione sono state mostrate ad un gruppo di studenti di college le fotografie di due persone, una descritta come conservatrice e l’altra come liberale. La fase della presentazione delle opinioni dei due soggetti fotografati, era stata concepita per consentire lo stabilirsi di un’identificazione degli studenti con la persona più vicina alla proprie opinioni ed aspirazioni.

Ottenuto un apprendimento, si chiedeva ai giovani volontari di cercare di prevedere i sentimenti e gli atteggiamenti dei due personaggi delle fotografie in varie situazioni, mentre il loro cervello veniva studiato in tempo reale mediante Risonanza Magnetica Funzionale (fMRI). Fra le situazioni proposte nel testing vi era, ad esempio, la coabitazione con una persona proveniente da un paese di diversa cultura, e la comparazione fra la produzione cinematografica europea e quella hollywoodiana. Infine gli studenti sono stati sottoposti ad una versione del Test di Associazione Implicita, concepita per misurare l’entità dell’associazione automatica di ciascuno con il liberale o con il conservatore.

Tutto il materiale ottenuto dalla sperimentazione è stato studiato mettendo in rapporto le immagini dell’attività funzionale cerebrale di ogni volontario con le due diverse condizioni di pensiero: quella in cui dovevano esprimersi sul soggetto le cui idee politiche coincidevano con le proprie, e quella in cui si esprimevano sul soggetto politicamente discordante.

Precedenti lavori hanno mostrato che la regione del cervello maggiormente implicata nella cognizione sociale, ossia nell’elaborazione derivante dalle esperienze di interazione con altre persone o con loro rappresentazioni simboliche, è la corteccia prefrontale mediale (CPM).

I risultati della sperimentazione mostrano chiaramente due diversi patterns di attivazione cerebrale, corrispondenti l’uno all’attività mentale rivolta alla persona ideologicamente affine, con una maggiore attivazione della parte ventrale della CPM, l’altro all’attività mentale rivolta alla persona ideologicamente opposta, con la parte dorsale della CPM più intensamente funzionante.

Mitchell, Macrae e Banaji hanno proposto che le inferenze sugli stati mentali altrui possano derivare dal contributo delle diverse sub-regioni in cui è funzionalmente ripartita la  CPM.

Ad avviso di chi scrive, è difficile discernere se l’attività funzionale registrata dalla fMRI corrisponda ad un’inferenza su “stati mentali” altrui, o indichi semplicemente la localizzazione dei processori neurali più attivi in questa elaborazione cognitiva di giudizi razionali. Resta la differenza di localizzazione anatomica che, in assenza di altre prove, dobbiamo attribuire al diverso oggetto del pensiero, come proposto dagli autori della ricerca.

Il dato è in sé stimolante, anche se allo stato attuale delle conoscenze è difficile inquadrarlo in una più compiuta cornice fisiologica e, pertanto, dovremo accontentarci di sapere che impegniamo la parte ventrale della CPM per le persone che la pensano come noi, riservando agli avversari politici la parte dorsale.

 

Gli autori della nota ringraziano Giuseppe Perrella, presidente di BM&L-Italia, con il quale hanno ampiamente discusso la ricerca condotta da Jason Mitchell e vari argomenti correlati. L’immagine presentata sulla home page italiana, che mostra il diverso grado di attività delle varie aree corticali in una simulazione 3D al computer, è tratta dalla collezione di BM&L-International ed è stata realizzata a scopo illustrativo mediante l’elaborazione grafica di un originale di Diane Richmond.

 

Diane Richmond & Giovanni Rossi

BM&L-Luglio 2006

www.brainmindlife.org