USO DI UN BRACCIO ROBOTICO PER NUTRIRSI

 

 

La possibilità di usare l’attività cerebrale per controllare direttamente un dispositivo robotico che sostituisca a pieno la funzione di un arto, potrebbe avere un impatto straordinariamente positivo sulla vita di molti affetti da gravi infermità motorie di origine cerebrale, per questo motivo si assiste da anni in molti paesi ad un impegno straordinario della ricerca applicata e della sperimentazione tecnologica, volte a mettere a frutto i progressi delle conoscenze neuroscientifiche sulla codifica cerebrale dei segnali motori. Anche in Italia vi sono realtà in cui si conducono esperienze di alto livello e, fra queste, ci piace ricordare il Polo Sant’Anna Valdera (Pontedera) della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa dove si impiega il sistema robotico MIT-MANUS per la riabilitazione dell’arto superiore.

Lo scorso anno ci ripromettevamo di ritornare a beve sull’argomento dell’arto robotico, anche perché avevamo ricevuto una promessa di invio di materiale sugli ultimi progressi compiuti presso istituti di alta specializzazione impegnati in questi studi (Note e Notizie 10-03-07 Chip nel cervello ed arto robotico messi alla prova). Il materiale non ci fu inviato perché i risultati furono ritenuti al di sotto delle aspettative dei ricercatori che, sostanzialmente, non ritenevano di poter comunicare nulla di nuovo. D’altra parte si deve ricordare che, all’inizio del 2006, il termine temporale per raggiungere l’obiettivo di una protesi gestita direttamente dal cervello era stato fissato al 2025; poi si ebbe un’accelerazione con due studi pubblicati in quello stesso anno su Nature (da noi recensiti: Note e Notizie 21-10-06 Il pensiero che aziona il computer diventa realtà), che indussero in molti un notevole ottimismo, tanto che qualcuno ipotizzò il raggiungimento dell’obiettivo con un anticipo di dieci anni sul previsto.

Come è noto, le interfacce cervello-macchina sono state usate precedentemente con successo nei primati e nell’uomo per muovere cursori su uno schermo o per azionare, direttamente con l’attività cerebrale, dispositivi in grado di simulare semplici movimenti. Il gruppo di ricerca del Dipartimento di Neurobiologia della School of Medicine della University of Pittsburg, condotto da Schwartz e intensamente impegnato in questo campo, ha compiuto un passo in avanti significativo addestrando scimmie ad impiegare un arto protesico tecnologico ad alto grado di realismo biologico, per assumere cibo (Velliste M., Perel S., Spalding M. C., Whitford A. S. & Schwartz A. B. Cortical control of a prosthetic arm for self-feeding. Nature 453, 1098-1101, 2008).

Gli esperimenti sono stati condotti con due scimmie (Macaca mulatta), impiantando gli apparati di microelettrodi nella corteccia motoria primaria e monitorando l’attività di circa 100 neuroni contemporaneamente. In primo luogo, i ricercatori hanno definito la “sintonia” dei singoli neuroni, ossia la direzione del movimento del braccio associata con la massima entità di scarica della cellula nervosa. A questo scopo sono state mostrate alle scimmie, mentre le loro braccia erano immobilizzate, le immagini di una serie di movimenti automatizzati di un braccio artificiale articolato e di una mano, costituita come un dispositivo motorizzato di presa a pinza. Questi patterns di attività sono stati ricondotti ad un algoritmo che successivamente è stato impiegato per convertire i patterns di scarica nei movimenti del braccio e della mano artificiale.

Le scimmie rapidamente imparavano ad azionare il braccio con la sola attività corticale e a portare a termine una prova di auto-nutrizione nella quale ripetutamente muovevano l’arto verso l’obiettivo costituito dal cibo, lo afferravano e riportavano la mano alla bocca, nella quale lo introducevano correttamente. Il movimento del braccio sembrava simile ai movimenti naturali e le scimmie erano in grado di rispondere rapidamente alle variazioni della posizione del cibo, dimostrando l’accuratezza con la quale potevano controllare l’arto.

Questo studio rappresenta un progresso significativo nella tecnologia delle interfacce cervello-macchina perché la prova, bene eseguita dalle scimmie, è più complicata ed esigente di quelle sperimentate precedentemente e costituisce il compito più vicino alle esperienze della vita reale mai sperimentato in questo campo. In particolare, si deve notare che la precedente sperimentazione aveva ottenuto buoni risultati nel movimento bidimensionale (es.: spostamento di un cursore su uno schermo), mentre in questo caso lo spostamento era nello spazio tridimensionale ed includeva l’azione della pinza fungente da mano; inoltre, in questo caso, la difficoltà della prova era accresciuta dall’interazione fisica fra le scimmie.

Quando saranno stati realizzati alcuni perfezionamenti, come la messa a punto di sistemi per prevenire il deterioramento nel tempo dei segnali registrati e di metodi per consentire il feedback sensitivo fra il braccio artificiale e il cervello, l’obiettivo della creazione di un arto robotico mosso come quello naturale sarà veramente vicino.

 

L’autore della nota ringrazia Nicole Cardon, presidente della sezione “BRAIN” di “BRAIN, MIND & LIFE ITALIA”, con la quale ha discusso l’argomento trattato.

 

Lorenzo L. Borgia

BM&L-Luglio 2008

www.brainmindlife.org