IL PENSIERO CHE AZIONA IL COMPUTER DIVENTA REALTA’

 

 

Negli ultimi decenni la fantascienza ha liquidato gli antiquati robot ed altri automi simili, anche perché fanno già parte della nostra realtà, ed ha sempre più spesso proposto la realizzazione di dispositivi e macchine usati e governati dall’uomo mediante il solo pensiero. Nella nostra rubrica “Drops”, una “goccia” di inizio anno 2006 riportava: “Lo studio di una diretta connessione del cervello umano al computer procede rapidamente, ma bisognerà attendere fino al 2025 per la realizzazione dei primi dispositivi”.

La previsione si è rivelata eccessivamente prudente, anzi decisamente pessimistica, alla luce della recente pubblicazione di due rapporti relativi alla realizzazione di interfacce mente/macchina.

Il primo lavoro è stato realizzato Hochberg e collaboratori, impiegando una BCI (Brain-Computer Interface) che usa un impianto con 96 microelettrodi per misurare i patterns di accensione dei neuroni direttamente nella corteccia motoria (Hochberg R. L. et al., Neuronal ensemble control of prosthetic devices by human with tetraplegia Nature 442, 164-171, 2006).

I ricercatori hanno esaminato i patterns di attivazione dei motoneuroni corticali di un paziente tetraplegico -risultati largamente corrispondenti a quelli ottenuti da scimmie sane- mentre questi immaginava di eseguire una vasta gamma di movimenti con le braccia e le mani. Hanno messo in relazione le configurazioni di attività dei gruppi neuronici con i singoli movimenti, e le hanno registrate in un computer. In tal modo, mediante il dispositivo di interfaccia, il paziente tetraplegico poteva semplicemente pensare delle specifiche azioni finalizzate e vederle realizzare da un cursore neuronico del suo computer. Riusciva, così, ad aprire le sue e-mail, a manipolare oggetti mediante un’arto-protesi elettronica, e perfino a giocare a video-game contemporaneamente conversando.

Il secondo lavoro è stato particolarmente rivolto ad aumentare la velocità di trasmissione delle informazioni (uno dei principali limiti dei primi dispositivi era costituito dalla lentezza) e la precisione nella realizzazione di movimenti complessi (Santhanam G. et al., A high performance brain-computer interface. Nature 442, 195-198, 2006).

Il software realizzato dagli autori ha ottenuto un significativo miglioramento della velocità (6,5 bps che, tradotto nella velocità con la quale si scrive mediante tastiera, corrisponde all’incirca a 15 parole al minuto) e dell’accuratezza con cui i movimenti artificiali, immaginati soltanto, sono eseguiti dal computer.

Questi progressi sono davvero importanti, e se si pensa ai primi tentativi compiuti all’inizio degli anni Novanta per consentire minime azioni a soggetti con gravi infermità motorie, ci si rende conto dell’enorme progresso rappresentato da queste nuove interfacce. Il migliore di questi dispositivi, visto personalmente da chi scrive in una mostra alla Silicon Valley del 1993, era stato realizzato dalla Loma Linda e consentiva ad una bambina, del tutto priva dell’uso degli arti, di muovere col pensiero un cursore su immagini dello schermo rappresentanti interruttori, porte o cassetti della sua stanza, collegate mediante il computer agli oggetti reali sui quali una periferica agiva accendendo e spegnendo o aprendo e chiudendo. Tutta la complessa e costosissima apparecchiatura risultava lenta, e l’esecuzione era gravata da molti errori.

E’ lecito sperare che i portatori di gravi disabilità motorie fra cinque-dieci anni potranno usufruire di efficienti BCI che potranno, almeno un poco, migliorare la loro vita.

                                                                           

L’autrice della nota ringrazia Isabella Floriani per la correzione della bozza.

 

Nicole Cardon

BM&L-Ottobre 2006

www.brainmindlife.org