IL RUOLO DELL’ACH NELLA DIPENDENZA DA COCAINA

 

 

La ricerca sui meccanismi molecolari che portano al desiderio spasmodico e all’assunzione compulsiva e lesiva di sostanze psicotrope, negli ultimi anni ha focalizzato la sua attenzione e concentrato i suoi sforzi sulla segnalazione mediata dai neurotrasmettitori dopamina, glutammato e serotonina, ma un numero rilevante di studi di base e preclinici ha rivelato un ruolo critico dell’acetilcolina (ACh) nell’esperienza e nelle modificazioni che si istaurano col procedere dell’uso.

Vogliamo ricordare che la scoperta della funzione di mediazione chimica dell’impulso nervoso è legata all’ACh, che ha costituito anche il modello in base al quale furono stabiliti i requisiti necessari per definire neurotrasmettitore una molecola biologica. Già nel 1907 Hunt propose il ruolo di mediatore di funzioni cellulari per l’estere della colina e, nel 1914, Dale riconobbe che le sue azioni mimavano gli effetti della stimolazione dei nervi del parasimpatico. Le risposte paradossali e le azioni varie e contrastanti dell’ACh furono spiegate già da Dale sulla base dell’esistenza di distinti tipi recettoriali; negli anni seguenti fu purificato il recettore nicotinico[1] e ne fu determinata la struttura primaria. A distanza di non molto tempo fu caratterizzato il recettore muscarinico[2]. Successivamente si è avuta la definizione della struttura primaria di molti sottotipi recettoriali, sia muscarinici che nicotinici, accanto al dettagliato studio chimico delle colinesterasi (ChE), della colina acetiltransferasi (ChAT) e delle proteine che trasportano la colina e l’ACh. E’ anche nota la struttura tridimensionale di molte di queste proteine e di surrogati appartenenti alla stessa famiglia proteica.

Da oltre quarant’anni si dispone di mappe istochimiche dell’encefalo che mostrano la configurazione dei sistemi colinergici, con la loro origine da numerosi aggregati neuronici e le loro molteplici proiezioni che rendono evidente la partecipazione a tutte le principali attività cerebrali.  E’ oggi noto che i gruppi neuronici che segnalano mediante ACh  esercitano specifici effetti sui meccanismi a ricompensa, sull’apprendimento e sulla memoria, tutte funzioni che hanno importanza critica per lo sviluppo, il mantenimento e la progressione delle alterazioni e dei disturbi caratteristici della tossicodipendenza.

Mark Williams e Bryon Adinoff, rispettivamente del Dipartimento di Psichiatria della University of Texas presso il Southwestern Medical Center di Dallas e del Mental Health Service della stessa città, hanno realizzato un’ottimo lavoro di rassegna che presenta ed integra i risultati più rilevanti sul ruolo dell’ACh nella dipendenza, con una priorità -definita dalle fonti- per la cocaina e il sistema colinergico muscarinico (Mark J. Williams and Bryon Adinoff, The Role of Acetylcholine in Cocaine Addiction. Neuropsychopharmacology 33 (8), 1779-1797, 2008)[3].

L’ACh mesostriatale sembra mediare il rinforzo attraverso il suo effetto su ricompensa, sazietà ed avversione. La somministrazione cronica di cocaina produce cambiamenti neuroadattativi nelle formazioni del corpo striato (cfr. metamfetamina in Note e Notizie 14-06-08 Basi della depressione sinaptica da metamfetamina).

Particolarmente interessati sono gli studi che hanno dimostrato che l’ACh è implicata nell’acquisizione delle associazioni condizionate necessarie per l’auto-somministrazione della cocaina e la sensibilizzazione dipendente dal contesto e, più in generale, si è accertato che la molecola interviene nell’acquisizione di associazioni nell’apprendimento condizionato e nel procurarsi la droga, attraverso i sui effetti sui sistemi neuronici che mediano l’allerta e l’attenzione.

Alcuni studi hanno chiaramente dimostrato che l’assunzione di lungo termine di cocaina può causare danni cerebrali che interessano i sistemi colinergici invalidando la funzione esecutiva. Un tale substrato patologico può essere la causa della caratteristica alterazione delle facoltà decisionali che colpisce gli assuntori cronici di questa sostanza, molti dei quali per caratteristiche individuali, sociali, legate all’attività svolta o allo stile di vita condotto, appaiono sicuri ed efficienti prima di diventare tossicodipendenti e, talvolta, ancora nelle fasi iniziali o di intossicazione lieve.

L’elemento più impressionante che si ricava da decine di studi, è la miriade di effetti biochimici che il neurotrasmettitore media nell’istaurarsi e nello stabilizzarsi dello stato di dipendenza, accanto al dato relativo all’importanza delle alterazioni persistenti nei sistemi colinergici per il rischio di ricaduta dei soggetti in trattamento e nel favorire lo sviluppo dei sintomi della crisi di astinenza.

Williams e Adinoff hanno poi preso in esame gli studi che stanno sperimentando farmaci agenti sui sistemi colinergici per il trattamento delle tossicodipendenze e, in particolare, quella da cocaina. Il bilancio complessivo dei risultati, nonostante l’intensa attività ed il sostegno a questi progetti derivante dagli interessi delle case farmaceutiche, ci suggerisce che la possibilità di trovare molecole efficaci e selettive allo stesso tempo, è ancora remota, per la complessità con cui sono costituiti i circuiti del sistema colinergico, per i numerosi sottotipi di recettori, per la confluenza di inputs eccitatori ed inibitori e, infine, per le proprietà uniche degli interneuroni colinergici striatali.

 

L’autrice della nota ringrazia il presidente della Società Nazionale di Neuroscienze, Giuseppe Perrella, con il quale ha tenuto una lezione di aggiornamento ai soci di BM&L-Italia su questo argomento. Si ringrazia anche la dottoressa Floriani per aver riassunto un testo originariamente molto più lungo.


Nicole Cardon

BM&L-Giugno 2008

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Il recettore nicotinico è un canale ionico regolato dal ligando, costituito da 5 subunità arrangiate intorno ad uno pseudoasse di simmetria (la sua configurazione dall’alto è visibile nell’immagine della home page di BM&L-Italia, che fa da copertina in questo periodo); le subunità sono parte di una grande famiglia di canali ionici. Il canale aperto è selettivo per i cationi.

[2] Il recettore muscarinico appartiene a un gruppo di 7 recettori (transmembrane spanning receptors) che effettuano la trasduzione del segnale mediante l’interazione con le proteine che legano il GPT. La stimolazione di questi recettori implica l’attivazione di varie interazioni macromolecolari, i cui tempi spiegano la risposta lenta rispetto ai nicotinici.

[3] Il testo integrale della review, che sarà pubblicato sul numero di luglio di Neuropsychopharmacology, è già stato inviato ai soci come allegato e-mail. Il lavoro di Williams e Adinoff è completato da 249 riferimenti bibliografici che costituiscono una raccolta preziosa per l’aggiornamento del ricercatore.