BASI DELLA DEPRESSIONE SINAPTICA DA METAMFETAMINA

 

 

La dipendenza da sostanze psicotrope d’abuso è determinata da un complesso di cambiamenti funzionali, che riguardano prevalentemente la fisiologia sinaptica e consistono in processi la cui base molecolare, grazie all’intensa attività di ricerca degli ultimi anni, comincia ad emergere. La tendenza alla recidiva di coloro che tentano di smettere testimonia l’esistenza di modificazioni di lungo termine che, già ipotizzate negli anni Settanta nella formulazione del concetto di dipendenza biologica, si sono rivelate difficili da accertare. Negli ultimi tempi l’attenzione si è concentrata sui neuroni dello striato dorsale -sistema neuronico importante per la formazione delle abitudini- perché i cambiamenti dell’attività di queste cellule, osservati durante assunzione e sospensione di droghe, sono parsi in stretta relazione con il desiderio incoercibile e con le ricadute.

I risultati finora ottenuti forniscono indicazioni solo parziali e qualche volta discordanti, ma uno studio condotto da Bamford e collaboratori del Dipartimento di Neurologia della Washington University a Seattle, ha gettato nuova luce sui meccanismi molecolari sottostanti le modificazioni di lungo termine che intervengono nelle vie cortico-striate (Bamford N. S., et al. Repeated exposure to methamphetamine causes long-lasting presynaptic corticostriatal depression that is renormalized with drug readministration. Neuron 58, 89-103, 2008).

I ricercatori hanno accertato che la sospensione dell’esposizione cronica alla metamfetamina[1] induce cambiamenti di lungo termine nei recettori colinergici e dopaminergici delle sinapsi cortico-striate, ed un alterato funzionamento sinaptico che può essere corretto da una nuova somministrazione della molecola.

Lo studio della segnalazione nelle vie cortico-striate del topo è stato condotto mediante metodi elettrochimici ed elettrofisiologici, ed è stata impiegata una tecnica di imaging ottico in cui è stato usato un colorante fluorescente per accertare la quantità di glutammato rilasciata dai terminali eccitatori, in sezioni sottili di preparati di cervello murino. Il tracciante era captato dalle vescicole presinaptiche e rilasciato per effetto della stimolazione dei neuroni cortico-striati.

Una singola dose di metamfetamina riduceva il rilascio cortico-striatale, ma la somministrazione ripetuta per 10 giorni, seguita da un periodo di sospensione (astinenza), determinava una più forte e protratta riduzione del rilascio. Questo fenomeno, che Bamford e i suoi colleghi hanno definito depressione presinaptica cronica (cronic presinaptic depression, CPD), era ben evidente dopo 10 giorni dalla sospensione della metamfetamina e durava almeno 140 giorni.

La metamfetamina aumenta il rilascio di dopamina, pertanto si è ipotizzato che la depressione presinaptica cronica fosse causata da cambiamenti di lungo termine nella segnalazione dopaminergica indotti dalla droga. Alla prova sperimentale l’ipotesi non ha ottenuto conferma.

Infatti, dopo 10 giorni di sospensione della metamfetamina, i ricercatori di Seattle hanno stimolato il rilascio di dopamina mediante amfetamina e stimolazione elettrica, non rilevando alcun cambiamento nella quantità dell’amina rilasciata. Da ciò, si è dedotto che la dopamina è probabilmente richiesta solo per avviare i cambiamenti sinaptici di lungo termine, ma non è necessaria per il loro mantenimento.

L’attenzione si è allora focalizzata sul neurotrasmettitore più studiato nella fisiologia sinaptica, ossia l’acetilcolina.

La verifica ha dimostrato che le ripetute somministrazioni di metamfetamina riducevano i livelli di acetilcolina dello striato durante la sospensione. Allora gli esperimenti sono stati diretti ad individuare un probabile meccanismo legato alla neurotrasmissione colinergica.

I recettori nicotinici dell’acetilcolina mediano la segnalazione colinergica tonica di base, che ha un’importanza cruciale nell’economia funzionale dell’encefalo, pertanto si è deciso il blocco sperimentale di questi recettori nei topi in astinenza e in quelli di controllo per accertare eventuali differenze. Nelle sezioni sottili di tessuto cerebrale dei roditori del gruppo di controllo, si aveva l’inibizione del rilascio nelle sinapsi cortico-striate, mentre nei preparati di cervello dei topi in astinenza da metamfetamina non si produceva alcun effetto. Un tale esito si spiega con la perdita dell’eccitazione tonica colinergica come conseguenza di lungo termine dell’assunzione della fenilisopropilamina.

Ma il procedere della ricerca ha evidenziato un altro aspetto interessante nella fisiologia dei recettori colinergici.

I recettori muscarinici dell’acetilcolina hanno mostrato un aumento di sensibilità, perché una concentrazione più bassa di un agonista di questi recettori era sufficiente per inibire il rilascio cortico-striato negli animali in astinenza, rispetto a quelli di controllo.

Complessivamente, questi riscontri hanno indotto i ricercatori della Washington University a dedurre che la somministrazione ripetuta di metamfetamina, seguita dalla sospensione che rivela le modificazioni di lungo termine, causa CPD sia per la ridotta stimolazione cronica del rilascio cortico-striato mediata dai recettori nicotinici, sia per l’aumentata inibizione tonica del rilascio mediata dai recettori muscarinici sensibilizzati, presenti sui terminali delle sinapsi cortico-striate.

La somministrazione di una singola dose di metamfetamina, al decimo giorno di astinenza, ha determinato la scomparsa della CPD, ossia le alterazioni neurofunzionali nelle aree preposte alla costituzione delle abitudini hanno subito una reversione per effetto dell’assunzione della fenilisopropilamina d’abuso, fenomeno che può essere paragonato a quanto si verifica nelle crisi di astinenza da eroina della realtà umana.

La scomparsa della depressione presinaptica può essere spiegata in base ad un fenomeno definito paradoxical presynaptic potentiation (PPP).

Per accertare il meccanismo di questo processo, Bamford e colleghi hanno impiegato ligandi dei recettori D1 della dopamina: gli agonisti recettoriali non avevano alcuna azione sui topi di controllo, mentre nei preparati provenienti dai topi in astinenza si determinava PPP. A conferma di questo effetto, la somministrazione di un antagonista dei recettori D1 determinava reversione della PPP indotta da amfetamina.

La CPD osservata nelle sezioni di cervello di topi in astinenza è stata trattata efficacemente con una bassa dose di nicotina o acetilcolina, e questo effetto è stato inibito da antagonisti dei recettori nicotinici.

Pertanto, si desume che alla PPP contribuiscono sia l’attivazione dei recettori D1 indotta dalla dopamina, sia la stimolazione dei recettori nicotinici.

In conclusione, lo studio condotto dal team di Bamford ha dimostrato che la somministrazione ripetuta di una sostanza d’abuso come la metamfetamina, il cui consumo sembra in espansione, causa un’alterazione depressiva della funzione presinaptica rilevabile ad oltre quattro mesi di distanza e dovuta a modificazioni dell’attività mediata dai recettori dell’acetilcolina e dai recettori D1 della dopamina presenti sui terminali delle vie cortico-striate glutammatergiche.

Ulteriori ricerche potranno chiarire il rapporto fra questi risultati e le numerose alterazioni della plasticità sinaptica che in tanti altri studi sono state messe in relazione al bisogno compulsivo di assunzione di sostanze psicotrope. Le somiglianze e le differenze fra processi indotti dai diversi composti, possono costituire un’importante fonte di deduzioni per approfondire la neurofisiologia molecolare delle tossicodipendenze, ma anche per accrescere il patrimonio di nozioni neurobiologiche di base. Intanto, la conoscenza del ruolo svolto da specifici recettori durante la crisi di astinenza, fornisce potenziali obiettivi per la sperimentazione terapeutica.

 

L’autrice della nota ringrazia Giuseppe Perrella, presidente della Società Nazionale di Neuroscienze (BM&L-Italia), con il quale ha discusso l’argomento trattato, e Isabella Floriani per la correzione della bozza in lingua italiana.

Si invita a scorrere l’elenco delle “Note e Notizie” di questo sito per recensioni di lavori di argomento correlato.

 

Nicole Cardon

BM&L-Giugno 2008

www.brainmindlife.org

 

 

 



[1] Le amfetamine chimicamente sono delle fenilisopropilamine racemiche. La metamfetamina, che presenta un metile in più dell’amfetamina, è classificata con la cocaina fra gli stimolanti psicomotori e agisce in primo luogo sulle proteine trasportatrici delle principali amine biogene, aumentandone la concentrazione intraneuronica, e poi determinando varie risposte di adattamento all’elevato livello di monoammine. Molti effetti della metamfetamina sono mediati dai recettori della dopamina attraverso la via della PKA.. L’espansione dell’uso di metamfetamina ha rivelato una tossicità più marcata e con effetti più gravi di quanto si ritenesse in passato.