Le alterazioni intestinali degli autistici non sono causa di autismo

 

 

GIOVANNI ROSSI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XII – 25 ottobre 2014.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: DISCUSSIONE/AGGIORNAMENTO]

 

Che la diagnosi clinica di disturbo autistico possa comprendere entità patologiche diverse accomunate dalle manifestazioni cliniche, è un’ipotesi più che ragionevole. Elementi patogenetici comuni potrebbero avere un’eziologia differente. Ciò che non si può mettere in dubbio, allo stato attuale delle conoscenze, è che esistono alterazioni definite ed evidenti dell’encefalo nei bambini autistici, già evidenti nelle fasi precoci della vita e conseguenti ad uno sviluppo anomalo[1]. Non si deve tuttavia ignorare che alcuni studi riportano una frequenza estremamente elevata di disturbi gastroenterici in bambini con sintomatologia autistica, fino ad una stima di quasi il 90%. Allo stesso modo, non si può trascurare il fatto che questa concomitanza è oggetto di studio da parte di autorevoli gruppi di ricerca microbiologica.

Ma, fra i motivi che ci inducono ad affrontare l’argomento, vi sono nozioni inesatte riportate dall’informazione divulgativa e l’attività di associazioni che, animate dalle migliori intenzioni ma non supportate da consulenze scientifiche adeguate, stanno diffondendo l’idea che un nesso causale fra patologia intestinale e autismo sia stato dimostrato. Con tale erroneo presupposto, e in questa prospettiva, ad esempio, alcuni hanno presentato uno studio condotto in Italia lo scorso anno e pubblicato su PLoS ONE. In realtà, il lavoro ha analizzato il microbioma[2] intestinale in età evolutiva ed ha rilevato che i bambini autistici, rispetto a quelli non affetti dal disturbo, presentavano livelli alterati di varie specie batteriche intestinali; in particolare, facevano registrare un difetto di Bifidobacterium, una specie da tempo associata al buon equilibrio fisiologico dell’intestino.

I risultati di questo studio ci rimandano ad una questione molto interessante nel rapporto fra intestino e disturbi psichici, che ho affrontato in dettaglio all’inizio di quest’anno: il leaky gut[3].

In quella occasione ho così introdotto questo fenomeno patologico: “In condizioni fisiologiche, il tratto digerente è separato dal compartimento ematico da una parete selettiva e virtualmente impermeabile di cellule, che non consente il passaggio di batteri e sostanze tossiche dal lume intestinale al sangue. Malattie, condizioni fisiopatologiche e trattamenti terapeutici, quali radioterapie o un eccessivo e talvolta improprio uso di antibiotici e antidolorifici, come si vede dall’elenco sotto riportato, possono compromettere l’integrità di questa barriera cellulare, determinando la condizione di un intestino con “falle” (leaky gut) che consentono la dispersione, la sfuggita nel torrente circolatorio, di batteri e molecole provenienti dalla superficie interna dell’intestino.”[4]. Le cause identificate di leaky gut sono sostanzialmente queste: malattie infiammatorie, malattia infiammatoria intestinale, malattie autoimmuni, infezioni (ad es.: HIV), ipersensibilità al glutine, gravi allergie alimentari, abuso di alcool, organismo stremato, stress psicologico, radioterapia, trattamenti antibiotici incongrui e protratti, terapie antidolorifiche eccessivamente prolungate.

Il riscontro di malattia infiammatoria dell’intestino e di leaky gut in una percentuale molto elevata di casi di disturbo autistico, giustifica l’ipotesi dell’esistenza di un nesso patogenetico. Si deve però tener conto del fatto che la condizione della parete intestinale permeabile è straordinariamente comune e diffusa nella popolazione adulta, e perciò costituisce un reperto aspecifico. Soprattutto si deve notare che, essendo le alterazioni dello sviluppo cerebrale molto precoci, con un difetto di tipi neuronici che appaiono nella corteccia cerebrale nel secondo e terzo trimestre di vita intrauterina, appare poco probabile che il leaky gut ne sia la causa.

In alternativa, vi potrebbe essere una comune causa genetica predisponente o determinante le condizioni patologiche di intestino e cervello. Ancora, per salvare l’ipotesi dell’origine intestinale dell’autismo, si potrebbe supporre che vi sia una percentuale di casi determinata da leaky gut (che non avrebbe l’alterazione precoce di sviluppo) ed il rimanente determinato da altre cause. Ma tutto ciò deve essere dimostrato o confutato.

Per indagare il possibile ruolo eziopatogenetico di molecole provenienti dal tratto gastroenterico è stato condotto uno studio di elevato rigore microbiologico presso l’Università di Stato dell’Arizona; i risultati sono stati presentati e discussi nel mese di maggio di quest’anno, nel corso dell’incontro annuale dell’American Society for Microbiology. I ricercatori hanno registrato i livelli di un alto numero di prodotti del catabolismo microbico intestinale nelle feci, ed hanno confrontato i reperti provenienti da bambini autistici con quelli ottenuti dalle feci di coetanei sani. Una differenza significativa è stata registrata per ben 50 di questi composti, ma l’esito dello studio non va molto oltre questa costatazione. L’intervento delle molecole alterate negli autistici, nella complessa interazione fra fattori genetici ed ambientali che causa l’anomalia nello sviluppo del cervello, non è stata in alcun modo provata.

Le prove, secondo quanto è stato affermato, proverrebbero da studi precedenti e, in particolare, si fa riferimento ad un lavoro molto ben condotto, frutto di un progetto di ricerca sviluppato presso il California Institute of Technology (CIT) e pubblicato sulla rivista Cell nel mese di dicembre 2013[5].

Vediamo in cosa consiste lo studio e se veramente ha trovato elementi a sostegno di un rapporto causa/effetto fra alterazioni intestinali ed autismo.

Elaine Y. Hsiao e numerosi altri ricercatori del CIT coordinati da Sarkis K. Mazmanian, hanno indotto nei topi sintomi che ricordano quelli dei disturbi dello spettro dell’autismo infantile umano (ASD, da autism spectrum disorder), impiegando un noto e consolidato paradigma sperimentale consistente nell’infezione di topine gravide con una molecola virus-simile in grado di determinare alterazioni dello sviluppo cerebrale negli embrioni che, dopo la nascita, presentano un “modello sperimentale animale di autismo”. Il modello detto MIA (da maternal immune activation), impiegato per sperimentare farmaci e altri mezzi di trattamento in grado di lenire le manifestazioni sintomatologiche, è il frutto di un artificio che non ha seguito i meccanismi molecolari e cellulari (ancora ignoti) del disturbo umano. Un tale limite, ben presente ai ricercatori, non lo è forse altrettanto ai divulgatori.

I topini affetti dal modello sperimentale di autismo presentano comportamenti stereotipati, ridotta comunicazione vocale ed hanno tratti comportamentali che, nella sperimentazione animale degli psicofarmaci, si assimilano agli stati ansiosi umani. I roditori generati nell’esperimento dei ricercatori del CIT, accanto a queste caratteristiche, hanno fatto registrare un’accresciuta permeabilità gastroenterica e un microbioma intestinale alterato, cioè una composizione batterica diversa da quella dei piccoli di topo normali appartenenti al gruppo di controllo. I ricercatori hanno allora trattato i topi “autistici” con Bacteroides fragilis, un batterio probiotico ritenuto in grado di promuovere il ristabilirsi della composizione e della configurazione fisiologica del microbioma intestinale. Il trattamento ha determinato il recupero della permeabilità fisiologica della barriera gastroenterica e il ritorno ai livelli normali di metaboliti alterati ma, soprattutto, nella maggior parte dei topi affetti si è avuta un’evidente riduzione di alcuni dei sintomi dell’autismo sperimentale.

In conclusione: topi generati artificialmente con sintomi che da lontano ricordano il disturbo autistico, presentano un’alterazione dei batteri intestinali che, se trattata, porta ad un miglioramento di alcuni di quei sintomi.

Questo è quanto ha realmente detto lo studio del CIT. Un risultato che non preclude la possibilità che la ricerca un domani dimostri un ruolo patogenetico delle alterazioni del biotopo intestinale, ma che oggi non fornisce alcuna traccia in questo senso.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanni Rossi

BM&L-25 ottobre 2014

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Note e Notizie 18-10-14 Sviluppo disorganizzato della corteccia di bambini autistici.

[2] Col termine microbioma si indica l’insieme dei microrganismi commensali.

[3] Note e Notizie 18-01-14 Batteri intestinali agenti sul cervello. A tutti coloro che non l’abbiano già letto e non abbiano per proprie competenze un aggiornamento microbiologico specialistico, si raccomanda la lettura di questo articolo, nel quale si dedicano brevi paragrafi a ciascun tipo o specie batterica di cui si studia l’influenza sul cervello.

[4] Si veda in “Note e Notizie 18-01-14 Batteri intestinali agenti sul cervello”.

[5] Hsiao E. Y., et al., Microbiota modulate behavioral and physiological abnormalities associated with neurodevelopmental disorders. Cell 155 (7): 1451-1463, 2013.