Sviluppo disorganizzato della corteccia di bambini autistici

 

 

DIANE RICHMOND & GIOVANNI ROSSI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XII – 18 ottobre 2014.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: DISCUSSIONE/AGGIORNAMENTO]

 

Un nuovo studio, condotto sotto la guida di Eric Courchesne, direttore dell’Autism Center of Excellence dell’Università della California a San Diego, impiegando una sofisticata tecnica genetica, ha indagato nella corteccia cerebrale di bambini diagnosticati di autismo l’attività di 25 geni indicativi di ruolo e sede, rilevando tracce significative di una disorganizzazione nel piano di sviluppo della corteccia[1], come ipotizzato ma mai adeguatamente provato in precedenza.

Rinviando ai nostri numerosi scritti per un’introduzione generale su autismo e disturbi dello spettro dell’autismo[2], prima di esporre quanto osservato dai ricercatori di San Diego, vogliamo premettere alcune nozioni e considerazioni relative allo stato attuale delle conoscenze.

La ricerca degli ultimi decenni ha preso le mosse da questo interrogativo: se l’autismo è un disturbo evolutivo dell’encefalo, l’alterato sviluppo di quali parti del cervello causa i tre deficit principali, costituiti dal difetto dell’interazione sociale, dal difetto linguistico-comunicativo e dalla restrizione degli interessi con comportamenti ripetitivi e stereotipati?

I primi studi condotti mediante risonanza magnetica nucleare (RM o MRI, da functional magnetic resonance imaging) si concentrarono su ipoplasia e parziale agenesia di strutture del cervelletto e, inizialmente, si ritenne che l’iposviluppo del verme cerebellare fosse caratteristico dell’autismo, ma studi successivi raramente confermarono questo reperto. Fra le regioni encefaliche più spesso alterate vi è la corteccia cerebrale, il corpo calloso e le formazioni del lobo temporale mediale, quali amigdala e ippocampo.

La nozione di un probabile sviluppo anomalo della corteccia nacque dall’osservazione clinica, nei bambini autistici, di un’aumentata circonferenza cranica prima dei due anni di età. La macrocefalia è però presente solo nel 20% dei casi. D’altra parte, crescenti evidenze indicano come tipica dell’autismo la presenza di un’alterazione del piano temporale di sviluppo e non di particolari anomalie morfologiche, come si era ritenuto in passato[3]. Se si tiene conto del fatto che lo sviluppo dell’encefalo è un processo precisamente orchestrato, si comprende che se una o più regioni vanno fuori sequenza, si altera lo schema di connettività generale, con conseguenze anche molto gravi per la fisiologia.

Lo studio delle anomalie microscopiche rilevate nella corteccia cerebrale degli autistici ha da tempo indicato la presenza di alterazioni dello sviluppo, pertanto esiste da vari anni un’indicazione a verificare l’importanza di processi embriogenetici alterati nella patogenesi della sindrome. Il centro di eccellenza di San Diego segue, perciò, una pista comune a vari altri gruppi di ricerca. Sono stati descritti difetti di migrazione delle cellule nervose nella corteccia, con la presenza di elementi ectopici e la formazione di nidi cellulari nella sostanza bianca, costituiti da neuroni che non sono riusciti a completare la traiettoria di sviluppo entrando nel manto corticale.

Alcuni gruppi di ricerca hanno rilevato anomalie nell’organizzazione colonnare, ma tali osservazioni, essendo state riscontrate solo su campioni di ridotte proporzioni, richiedono la conferma di studi più estesi.

Anche se molti dati sono stati raccolti per alcuni aspetti molecolari, che possiamo far rientrare nella neurochimica dell’autismo[4], un quadro della neuropatologia non è stato ancora definito. Una delle ragioni di questo ritardo è il basso numero di cervelli umani disponibili per uno studio diretto. Ad oggi, meno di 200 cervelli autistici in tutto il mondo sono stati sottoposti ad analisi microscopica e solo una piccola frazione di questi è stata valutata mediante analisi quantitativa. Un altro problema è la concomitante presenza di epilessia: circa il 30% dei pazienti autistici presenta crisi convulsive che possono danneggiare l’amigdala ed altre formazioni ed aree dell’encefalo implicate nella produzione dei sintomi. In proposito, non possiamo non citare uno studio che ha evidenziato, in persone affette da autismo ma non da epilessia, una riduzione significativa del numero dei neuroni nell’amigdala. Tale reperto è stato considerato un probabile elemento specifico del quadro neuropatologico dell’autismo ed ha suggerito la presenza di una componente neurodegenerativa, almeno in una parte dei pazienti.

Ribadito che le alterazioni morfologiche macroscopiche non configurano un quadro patognomonico di autismo, ma esprimono verosimilmente le conseguenze dell’alterato piano di sviluppo, proponiamo di seguito una sintesi dei rilievi che hanno trovato maggiori conferme e recente riscontro.

 

 

PRINCIPALI REPERTI TIPICI DEL CERVELLO AUTISTICO

 

CORTECCIA PREFRONTALE

- Implicata nel pensiero, in ogni forma di elaborazione astratta e nella comunicazione sociale.

- AUTISMO: rilevata disorganizzazione a chiazze e neuroni extra.

 

CORTECCIA PREFRONTALE VENTROMEDIALE

- Associata alla nostra abilità di immaginare e riconoscere pensieri e sentimenti di altri.

- AUTISMO: risultata ipofunzionante.

 

CORTECCIA PARIETALE POSTERIORE

-  Elabora la percezione dello spazio e alcuni aspetti della visione.

- AUTISMO: ipoattiva verosimilmente per una maggiore efficienza nell’elaborazione.

 

CORTECCIA TEMPORALE

- Associata alla nostra abilità di entrare in empatia con altri e a vari aspetti dell’attenzione.

- AUTISMO: rilevata disorganizzazione a chiazze dei neuroni.

 

CORPO CALLOSO

- Collega i due emisferi, ridistribuisce i segnali migliorando le prestazioni in vari compiti.

- AUTISMO: rilevate dimensioni ridotte.

 

AMIGDALA

- Associata all’elaborazione delle emozioni e all’attribuzione di valore affettivo.

- AUTISMO: rilevata alterazione della connettività e, in un caso, un ridotto numero di neuroni.

 

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Nel corso dello sviluppo embrionario del sistema nervoso centrale, la migrazione dei neuroblasti nell’area di formazione degli emisferi cerebrali produce un evento unico e in netto contrasto con l’aggregazione di corpi cellulari all’interno di aree ependimali, mieliniche e gliali, tipica di tutto il sistema: un aggregato superficiale di materia grigia, dal quale deriverà la corteccia cerebrale. Durante tutto il secondo e il terzo trimestre di gravidanza si vanno differenziando progressivamente i sei strati caratteristici della cosiddetta neocorteccia esalaminare, che racchiude i circuiti neuronici più importanti per le delicate funzioni del nostro sistema di relazione.

Secondo gli studi più recenti, nell’autismo eventi diversi che disturbano i perfetti meccanismi dell’embriogenesi[5] possono essere causa di sconvolgimento dell’ordinata migrazione ed organizzazione morfo-funzionale nei sei strati e nelle unità colonnari tipiche della struttura neocorticale umana, che garantisce l’efficienza dei processi di interazione e comunicazione fra persone, alla base della nostra vita affettiva oltre che dello sviluppo cognitivo.

Lo studio menzionato all’inizio della discussione, pubblicato sul New England Journal of Medicine con la firma di Rich Stoner in qualità di primo autore, ha posto a confronto 11 cervelli di bambini autistici deceduti in età comprese fra i due e i quindici anni, con 11 cervelli di bambini deceduti senza una diagnosi. In sezioni sottili di tessuto corticale ottenute da campioni post-motem prelevati dal lobo frontale (corteccia prefrontale), dal lobo temporale e dal lobo occipitale, è stata studiata, mediante una tecnica avanzata[6], l’attività di 25 geni di cui si conosce il correlato topografico di espressione e la tipologia di ruolo. Con questi sofisticati marker genetici dei neuroni è stata studiata la distribuzione in relazione ai dati pregressi e nel confronto cervello autistico/cervello non autistico.

Nella corteccia prefrontale e temporale di 10 degli 11 cervelli di bambini autistici sono state rilevate delle “isole” o chiazze focali, di poco più di mezzo centimetro di diametro, di tessuto corticale disorganizzato. Tali areole non erano semplici espressioni di ectopia o distopia, ma presentavano una citoarchitettura laminare aberrante, con una notevole disorganizzazione topografica dei neuroni, ma non delle cellule gliali. In uno solo dei cervelli degli 11 bambini non affetti da autismo sono state rilevate simili chiazze focali di disorganizzazione neuronica.

L’osservazione analitica ha rivelato una notevole eterogeneità fra i casi, sia rispetto ai tipi cellulari anomali prevalenti nella singola chiazza corticale, sia rispetto allo strato della corteccia maggiormente colpito da elementi patologici. Nessuna lamina della corteccia cerebrale è risultata uniformemente risparmiata, con i segni più chiari, netti e marcati di espressione anomala negli strati IV e V.

I ricercatori hanno realizzato anche una ricostruzione tridimensionale dei markers di strato o lamina corticale: l’elaborazione ha confermato la geometria focale e il diametro delle chiazze misurato in sezione Interessante notare che i campioni prelevati dalla corteccia posteriore, nella porzione occipitale degli emisferi, non hanno fatto rilevare le zone focali di disorganizzazione citostrutturale osservate nella corteccia frontale e temporale.

L’importanza della fisiologia della corteccia esalaminare del lobo frontale (linguaggio, comunicazione non verbale, astrazione, percezione dei sentimenti altrui, ecc.) e del lobo temporale (capacità empatica, abilità di attenzione, ecc.) per le funzioni alterate nel disturbo autistico, sono compatibili con questo profilo neuropatologico. Sorprende un po’, invece, il rilievo di una corteccia posteriore pressoché indenne, perché alcune caratteristiche manifestazioni cliniche erano state attribuite, in altri studi, a particolarità della corteccia parietale posteriore ed occipitale.

Un aspetto, cui gli autori dello studio hanno attribuito un certo rilievo, è la distribuzione apparentemente casuale delle aree di disorganizzazione strutturale in tutta l’estensione della corteccia dei lobi frontali e temporali. Questo dato potrebbe spiegare perché, a parte i 3 deficit che accomunano tutte le sindromi che rientrano nella diagnosi di disturbo autistico, si ha una straordinaria e talora drammatica differenza fra un caso e l’altro.

Studi precedenti, condotti presso il laboratorio di Eric Courchesne, avevano rilevato un più alto numero di neuroni nella corteccia prefrontale e segnali genetici alterati. Ma i dati di questo nuovo studio sono molto più significativi, soprattutto se si aggiunge che è stata rilevata l’assenza di contrassegni molecolari di tipi neuronici che si sarebbero dovuti formare o differenziare nel secondo e nel terzo trimestre di vita intrauterina. Un tale reperto suggerisce una struttura temporale per l’errore di sviluppo.

Concludendo, gli autori hanno rilevato e documentato la presenza di zone focali di tessuto neocorticale caratterizzate da uno sconvolgimento della normale citoarchitettura, nella quasi totalità dei cervelli di bambini autistici esaminati. I dati emersi, nel loro insieme, supportano l’esistenza, nella patogenesi del disturbo autistico, di un processo patologico di alterata regolazione della formazione degli strati corticali e della specifica differenziazione di neuroni che avviene normalmente in stadi di sviluppo prenatale.

Si tratta, è vero, come ammettono gli stessi autori, di un “piccolo studio esplorativo”, ma la sua importanza consiste nell’essere uno dei pochi lavori di ricerca che, esplorando direttamente l’istologia corticale post-mortem, ne ha indagato l’anomala fisiologia mediante una tecnica di genetica molecolare. La maggior parte degli studi, infatti, è basata su metodiche di neuroimmagine (MRI) che forniscono semplici dati morfologici macroscopici.

Anche se questo studio ci fa comprendere che siamo ancora lontani dalla possibilità di definire un profilo neuropatologico del disturbo autistico, ha il merito di rappresentare un ulteriore passo nell’allontanamento dagli errori del passato.

 

Gli autori della nota invitano alla lettura degli scritti di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Diane Richmond & Giovanni Rossi

BM&L-18 ottobre 2014

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Stoner R., et al. Patches of Disorganization in the Neocortex of Children with Autism. The New England Journal of Medicine 370, 1209-1214, 2014.

[2] Vi si trovano cenni storici, descrizione clinica, criteri per la diagnosi di autismo e disturbi dello spettro dell’autismo. Nella presentazione del DSM-5 si discute anche il caso paradossale dell’esclusione dal manuale diagnostico statistico del disturbo di Asperger ora che è possibile una diagnosi precisa.

[3] Si fa riferimento all’agenesia di parte del verme e degli emisferi del cervelletto, al ridotto volume di aree corticali, dell’ippocampo, dell’amigdala e del corpo calloso.

[4] Sono state riportate alterazioni nei sistemi serotoninergico (oltre l’iperserotoninemia piastrinica degli autistici), glutammatergico, GABAergico, colinergico e nei sistemi dello stress; per molti anni la maggior parte degli studi si è concentrata sui sistemi dopaminergici che, però, sono risultati normali per molti aspetti. Nell’autismo, la produzione notturna di melatonina è notevolmente ridotta e, apparentemente, anche il rilascio diurno è diminuito.

[5] Nelle osservazioni che sono giunte alla nostra attenzione, accanto a cause più strettamente legate a geni mal funzionanti, si possono annoverare fattori di disturbo come lo sviluppo precoce di un angioma.

[6] Ibridizzazione in situ dell’RNA con un panel di markers molecolari specifici per lamina corticale e tipo cellulare per stabilire il fenotipo della microstruttura corticale.