Modello cellulare dell’espressione genica nel cervello

 

 

DIANE RICHMOND

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XII – 05 aprile 2014.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Un nuovo importante capitolo dell’anatomia del cervello è stato inaugurato dalla definizione dei territori neuroanatomici di espressione genica, estesa a tutte le regioni dell’encefalo di topo e all’intero genoma, in quell’imponente lavoro che è l’Allen Atlas. A questa speciale raccolta topografica di dati genetici, fa riscontro un altro importante progresso: la caratterizzazione di tipi cellulari cerebrali non sulla base di caratteri morfologici o funzionali, ma in base all’attività genetica. Messe insieme, queste due straordinarie fonti di informazione sembrano poter fornire elementi di importanza decisiva per il progresso delle conoscenze neurobiologiche, ma la realtà della ricerca si è scontrata con un grosso ostacolo: nella maggior parte dei casi, dato un tipo cellulare, non si sa in quali regioni cerebrali si trovi.

Una soluzione a questo problema viene da un’interessante proposta di modello di mappa del cervello murino specifica per tipo cellulare, formulata da Pascal Grange e colleghi. Usando l’Allen Atlas del cervello del topo, i cui dati completi sono stati pubblicati di recente, i ricercatori hanno elaborato un modello su base matematica per la definizione della distribuzione spaziale nelle regioni dell’encefalo dei tipi cellulari identificati sulla base del loro trascrittoma (Grange P., et al., Cell-type-based model explaining coexpression patterns of genes in the brain. Proceedings of the National Academy of Sciences USA – Epub ahead of print doi: 10.1073/pnas.1312098111, 2014).

La provenienza degli autori dello studio è la seguente: Department of Mathematical Sciences, Xi’an Jiaotong-Liverpool University, Suzhou (Cina); Department of Genetics, Harvard Medical School, Boston MA (USA); College of Health and Rehabilitation Sciences, Boston University, Boston MA (USA); Janelia Farm Research Campus, Howard Hughes Medical Institute, Ashburn VA (USA); Allen Institute for Brain Science, Seattle, WA (USA); Cold Spring Harbor Laboratory, Cold Spring Harbor, New York (USA).

Il lavoro è stato edito da Curtis G. Callan Jr. della Princeton University.

L’apprezzamento del lavoro compiuto da Pascal Grange e colleghi richiede una sia pur generica conoscenza di cosa sia l’Allen Atlas, pertanto, per comodità del lettore, si riporta qui di seguito gran parte della nota pubblicata il 13 novembre 2010: L’Allen Human Brain Atlas va alla radice della mente e dei suoi disturbi”.

 

“All’inizio di questo decennio, Paul G. Allen, filantropo e co-fondatore della Microsoft, raccolse intorno a sé alcuni fra i maggiori esperti di neuroscienze, genomica e biologia molecolare, perché definissero un progetto finalizzato ad incidere su tutto il campo delle scienze del cervello, determinando un salto qualitativo decisivo per ottenere un’accelerazione nel progredire delle conoscenze sulle radici molecolari della fisiologia e della patologia dell’encefalo. Per giungere al risultato sperato si tennero, a partire dal 2001, degli incontri volti a discutere ed elaborare in forma critica e costruttiva varie proposte.

L’idea che raccolse i maggiori consensi fu la realizzazione di una mappa tridimensionale dell’attività di tutti i geni conosciuti in tutte le aree dell’encefalo. Se resa accessibile online, tale mappa avrebbe consentito a tutti i ricercatori interessati al ruolo di un particolare gene o gruppo di geni di disporre di un quadro completo di attivazione e co-attivazione in rapporto con la topografia funzionale. In tal modo, ogni ricerca genetica su una funzione dell’encefalo o sulle cause di un disturbo mentale, si sarebbe potuta subito orientare, ragionando in base ad uno straordinario repertorio tridimensionale di tavole di correlazione localizzazione/espressione, costantemente aggiornato ed arricchito di particolari.

L’idea apparve subito straordinaria: un progetto scientifico che, partendo dall’impresa biotecnologica che aveva appena ultimato la decodifica della mappa dei loci genici umani (Human Genome Project), sarebbe andato oltre le possibilità di tutti i maggiori laboratori, fornendo una solida cornice di riferimento ad ogni ipotesi neurogenetica, così accelerando in maniera decisiva il ritmo delle scoperte e la profondità della loro interpretazione.

Nel 2003, con il generoso finanziamento di 100 milioni di dollari, Paul Allen vara l’impresa fondando a Seattle l’Allen Institute for Brain Science che avrebbe consentito di realizzare l’Allen Human Brain Atlas.

Concordemente, i ricercatori decisero che il primo grande passo per questa titanica impresa sarebbe stata la realizzazione di un Mouse Brain Atlas che avrebbe consentito di definire il metodo di lavoro, valutare tutte le difficoltà, standardizzare le procedure e, soprattutto, fornire alla comunità neuroscientifica un primo straordinario strumento di verifica del proprio lavoro. La maggior parte delle ricerche sulla fisiologia e la patologia dell’encefalo, da quelle volte a comprendere meccanismi molecolari a quelle che sperimentano farmaci, sono infatti condotte su cervelli murini, perché il topo condivide con gli altri mammiferi, uomo compreso, l’organizzazione funzionale del sistema nervoso centrale, e il 90% dei suoi geni hanno un corrispettivo nel nostro patrimonio. In proposito si può fare un’osservazione, utile soprattutto a coloro che hanno un’idea ingenuamente deterministica del genoma: il topo presenta approssimativamente 20.000 geni come l’uomo, pertanto la complessità del nostro cervello e le dimensioni della sua corteccia sono conseguenza più della qualità dei processi epigenetici di sviluppo che della quantità degli ingredienti genetici di base.

Quanto sarebbe durato questo primo fondamentale passo per giungere all’atlante umano?

Nel 2003 un genetista, impegnato a pieno ritmo in un laboratorio di ricerca all’avanguardia, avrebbe impiegato circa cinque anni per realizzare la mappa delle attività di 10 geni, dunque per 20.000 geni sarebbero occorsi teoricamente 10.000 anni di lavoro di un solo ricercatore o 1000 anni di un gruppo di dieci. Uno dei meriti della fondazione di Paul Allen è stato l’acquisto e l’impiego di nuovi strumenti tecnologici in grado di eseguire automaticamente compiti umani funzionando ininterrottamente giorno e notte: l’uso appropriato secondo il progetto di tutte le migliori apparecchiature ha fornito un supporto prezioso per la riduzione dei tempi. Per visualizzare l’espressione genica sono state realizzate sezioni sottili di tessuto cerebrale, fissate su vetrini e poste in immersione in soluzioni contenenti molecole in grado di legarsi specificamente all’mRNA di ogni singolo gene. Poi è stata avviata la reazione chimica in grado di colorare i complessi molecolari in modo da marcarne la localizzazione all’interno della sezione di tessuto, così da consentire di riconoscere le cellule esprimenti ciascun gene. Sono poi stati impiegati microscopi robotici per fotografare un milione di queste sezioni, ritenute sufficienti per verificare in dettaglio i territori di espressione dei 20.000 geni, ciascuno in media esplorato mediante 500 vetrini.

Dopo aver trasferito tutte le immagini in un opportuno database del computer di servizio, è stato realizzata, grazie ad un ottimo software, la ricostruzione digitale in 3-D di tutto il cervello di topo con i patterns morfologici dell’espressione dei 20.000 geni, ed è stata posta online a disposizione di tutti i ricercatori.

L’intero lavoro ha richiesto solo tre anni.

Dal 2006, la quantità ma soprattutto la qualità dei dati che è stato possibile ottenere grazie a questo speciale atlante, è stata veramente notevole ed ha costituito un incoraggiamento durante gli oltre due anni di studi e pianificazioni che hanno preceduto l’avvio, nel marzo del 2009, del progetto relativo all’encefalo dell’uomo”.

 

Dopo questa lunga citazione, riprendiamo l’argomento del lavoro qui recensito.

I patterns spaziali di espressione genica nel cervello dei vertebrati non sono indipendenti, in quanto coppie di geni possono presentare complessi patterns di coespressione. Due geni possono essere espressi in modo similare in una regione, ma presentare in altre regioni configurazioni di espressione totalmente diverse.

Vari ricercatori hanno studiato queste correlazioni quantitativamente, particolarmente per l’Allen Atlas del cervello di topo adulto, ma il loro significato biologico è rimasto oscuro. Pascal Grange e colleghi, mediante uno studio computazionale, hanno proposto un semplice modello di patterns di coespressione in termini di distribuzioni spaziali dei sottostanti tipi cellulari ed hanno stabilito la sua plausibilità usando trascrittomi specifici per tipo cellulare e indipendentemente misurati.

Il modello, che si propone alla riflessione critica di quanti ne vogliano e ne possano studiare i dettagli tecnici, sembra essere efficace nel prevedere la distribuzione spaziale dei tipi cellulari presenti nel cervello di topo.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e suggerisce la lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Diane Richmond

BM&L-05 aprile 2014

www.brainmindlife.org