Un fattore temporale nella genesi dei gliomi

 

 

NICOLE CARDON

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XI – 14 settembre 2013.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

I gliomi rappresentano il tipo più comune di tumore cerebrale, caratterizzato da varie forme istologiche e differenti decorsi clinici, che realizzano di fatto malattie oncologiche differenti. La sfida principale per la ricerca è costituita dalla scoperta delle ragioni di questa eterogeneità, che potrebbero chiarire aspetti di importanza decisiva sulla genesi di queste neoplasie.

Le differenze fenotipiche fra tipi e gradi di gliomi non sono state spiegate solamente sulla base di differenti stimoli oncogenici. Vari studi hanno dimostrato che alcune differenze fenotipiche possono essere attribuite a una diversità regionale nelle cellule staminali neurali da cui origina il tumore. Diana Marcela Muñoz e colleghi provenienti da quattro diversi istituti medici canadesi, hanno ipotizzato che un ruolo importante può essere giocato da un fattore temporale: la variabilità fenotipica del tumore potrebbe riflettere differenze intrinseche nelle cellule staminali neurali nei diversi stadi del loro sviluppo.

La verifica sperimentale ha portato ad un risultato di grande rilievo (Muñoz D. M., et al., Differential transformation capacity of neuro-glial progenitors during development. Proceedings of the National Academy of Science USA  [Epub ahead of print doi:10.1073/pnas.1303504110], 2013).

La provenienza degli autori è la seguente: The Arthur and Sonia Labatt Tumor Research Centre, Hospital for Sick Children Research Institute, Toronto, Ontario (Canada); Samuel Lunenfeld Research Institute, Mount Sinai Hospital, Toronto, Ontario (Canada); Division of Neurosurgery, Toronto Western Hospital, University of Toronto, Ontario (Canada); Division of Pathology, Hospital for Sick Children, Toronto, Ontario (Canada).

Le forme di glioma che si osservano nella realtà clinica vanno da tipi a cellule omogenee e differenziate, caratterizzati da crescita lenta e perciò lungamente asintomatici, fino ad astrocitomi altamente anaplastici, che sfortunatamente costituiscono il tipo più frequente e sono detti glioblastomi o glioblastomi multiformi per il loro aspetto istologico estremamente vario.

La denominazione glioblastoma multiforme fu impiegata per la prima volta da Mallory nel 1914 e attualmente corrisponde al glioblastoma (IV grado) della classificazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’aspetto istologico di questa neoplasia è spesso caratterizzato da una morfologia cellulare varia ed eterogenea che fa rilevare cellule fusiformi alternate a cellule rotondeggianti, elementi di piccolissime dimensioni accanto ad elementi cellulari giganti, così come agglomerati di nuclei dall’aspetto disordinato in una matrice disorganizzata. La massima parte delle diagnosi individua le masse nella sostanza bianca sottocorticale degli emisferi e solo di rado in sedi superficiali, con una frequente localizzazione fronto-temporale. Sebbene la combinazione dei trattamenti chirurgico, chemioterapico e radiante riesca ad ottenere spesso buoni risultati in termini di sopravvivenza, la prognosi delle forme più maligne rimane sfavorevole. Lo studio della biologia di questi tumori, pertanto, è fondamentale per ottenere un miglioramento della prognosi mediante misure preventive e nuove possibilità terapeutiche[1].

Il cancro è considerato da tempo come un processo evolutivo. Secondo la teoria dell’evoluzione clonale, detta anche modello stocastico, la maggior parte dei tumori origina da una singola cellula alterata che dà luogo ad un clone neoplastico. La tesi dell’evoluzione clonale si basa sul fatto che le cellule neoplastiche sono geneticamente instabili rispetto a quelle normali. Un’accentuata instabilità genetica all’interno del clone originale, nel corso del tempo, risulta nell’apparenza di nuove varianti genetiche, molte delle quali non sopravvivono. Le poche varianti che presentano un vantaggio selettivo nella crescita, diventano le popolazioni predominanti all’interno del tumore che determinano la progressione della neoplasia. La presenza continuata di più sottopopolazioni costituisce la base dell’eterogeneità.

Questo modello spiega sia l’eterogeneità genetica che epigenetica in un dato tumore e suggerisce che una cellula tumorale può diventare progressivamente più maligna attraverso processi di selezione evolutiva. Un classico esempio dell’evoluzione clonale nei gliomi è la progressione dal basso grado di formazioni astrocitiche ben differenziate, all’alto grado di glioblastomi altamente anaplastici. Una delle mutazioni implicate in questa progressione maligna è la perdita di p53, che fornisce un vantaggio selettivo per la crescita.

Recentemente è stata avanzata un’ipotesi diversa per spiegare l’eterogeneità cellulare nel cancro: la CSC o cancer stem cell hypothesis. Secondo la CSC, indipendentemente dalla cellula di origine, molti cancri avrebbero un’organizzazione gerarchica, in cui il vertice della gerarchia sarebbe costituito da cellule staminali cancerose che possiedono le specifiche proprietà di auto-rinnovo, multi-potenzialità e l’abilità di iniziare o propagare il tumore negli xenotrapianti. Le cellule staminali cancerose rappresenterebbero una piccola subpopolazione dalla quale nascono cellule fenotipicamente diverse e parzialmente differenziate costituenti la massa tumorale. Le cellule staminali cancerose sono resistenti alle terapie convenzionali e responsabili delle recidive del tumore. Nei gliomi queste cellule sono caratterizzate dall’espressione di vari markers immunocitochimici, fra cui CD133 e CD15.

Allo stato attuale delle conoscenze si può supporre che per alcuni gliomi si dia il caso dell’ipotesi CSC, per altri no; in ogni caso, non si può escludere che la teoria dell’evoluzione clonale e l’ipotesi CSC coesistano, almeno in parte, per alcuni tipi di glioma[2].

Per determinare se e come cambia nel tempo il potenziale oncogenico di cellule stem correlate per linea, Diana Marcela Muñoz e colleghi hanno impiegato un sistema transgenico condizionale che integra l’espressione Cre-Lox-mediata e Tet-regolata per guidare l’espressione di K-rasG12D nelle popolazioni progenitrici neuro-gliali in differenti momenti (time points) dello sviluppo.

Usando questo modello, Muñoz e colleghi hanno dimostrato che la trasformazione K-rasG12D-indotta è dipendente dallo stadio di sviluppo al quale è introdotta. I tumori cerebrali maligni a crescita diffusa si sviluppano durante la fase precoce dell’embriogenesi, ma non quando l’espressione di K-rasG12D è indotta nel periodo conclusivo del processo embriogenetico o all’inizio della vita extrauterina.

I ricercatori dimostrano che l’espressione differenziale di regolatori del ciclo cellulare durante lo sviluppo può essere responsabile di questa differente suscettibilità alla trasformazione maligna e che la perdita di p53 può vincere la resistenza alla trasformazione rilevata negli stadi più avanzati dello sviluppo.

Nel loro insieme i risultati emersi da questo studio, per il cui dettaglio si rinvia all’istruttiva lettura del testo del lavoro originale, evidenziano l’interazione fra le alterazioni genetiche e i cambiamenti molecolari che accompagnano specifici stadi dello sviluppo: le cellule progenitrici del periodo iniziale possono difettare dei meccanismi regolatori presenti in fasi di sviluppo successive e più restrittive per linee cellulari, rendendole più suscettibili alla trasformazione.

L’esito di questa sperimentazione, senz’altro interessante anche concettualmente nello studio della tumorigenesi, stimola verifiche ed approfondimenti che certamente porteranno ulteriori contributi alla conoscenza della biologia di questi tumori.

 

L’autrice della nota ringrazia il presidente Perrella, con il quale ha discusso l’argomento trattato, e la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza, e invita alla lettura delle recensioni di studi di argomento connesso disponibili sul sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Nicole Cardon

BM&L-14 settembre 2013

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Si veda, per una promettente forma di terapia sperimentale con cellule staminali incapsulate, ed anche per maggiori dettagli sui gliomi: Note e Notizie 14-01-12 Nuova terapia dei gliomi maligni con cellule staminali.

[2] Helmut Kettenmann & Bruce R. Ransom (editors) Neuroglia, pp. 763-764, Oxford University Press, New York 2013.