Nella sclerosi laterale amiotrofica un anticorpo riconosce forme tossiche
di SOD1
NICOLE CARDON
NOTE
E NOTIZIE - Anno X – 31 marzo 2012.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli
oggetti di studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo:
RECENSIONE]
La sclerosi laterale amiotrofica (SLA o ALS nell’acronimo inglese), descritta per la prima volta dal neurologo francese Jean-Martin Charcot nel 1869, è la forma più comune di malattia del motoneurone dell’età adulta, che evolve rapidamente in pochi anni dall’insorgenza di sintomi quali debolezza ingravescente degli arti, atrofia muscolare e spasticità. L’atrofia e la paralisi muscolare sono la conseguenza della degenerazione dei motoneuroni del midollo spinale e del tronco encefalico, la cui distruzione priva di tono, trofismo e riflessi i muscoli, compromettendo progressivamente le abilità motorie degli arti, la fonoarticolazione e la respirazione. La spasticità, che complica ed aggrava il quadro, è conseguenza della perdita dei neuroni motori della corteccia cerebrale. Infatti, il processo patologico interessa sia i motoneuroni superiori, sia quelli inferiori del sistema nervoso centrale, evolvendo attraverso una serie di stadi che influenzano la dimensione, la forma, il contenuto, il metabolismo e la fisiologia di queste cellule. Non si conoscono ancora le cause della SLA sporadica, che riguarda il 90-95% delle persone colpite, mentre per i casi familiari (5-10%) già in passato sono stati descritti specifici mutanti per almeno quattro forme ereditarie: ALS1, associata a SOD1 (Bruijn et al., 2004; Bruijn et al., 1998; Bowling et al., 1995; Borchelt et al., 1994; Rosen et al., 1993), ALS2 alla alsina (Yamanaka et al., 2003; Hadano et al., 2001; Yang et al., 2001), ALS4 alla senataxina (Chen et al., 2004; Moreira et al., 2004), e un’ultima forma è stata messa in relazione con una mutazione nel gene per una subunità della dinactina (Valee et al., 2004; Puls et al., 2003). Nonostante la bassa incidenza delle forme familiari, lo studio su modelli sperimentali di SLA ereditaria si sta rivelando molto importante per la comprensione della patologia anche delle forme sporadiche.
Si stima che all’incirca il 15-20% dei pazienti con
forme ereditarie di tipo autosomico dominante, ossia circa il 2% di tutti i
casi di SLA, presenta mutazioni nel gene situato sul cromosoma 21 che codifica
l’enzima citosolico rame/zinco
superossido dismutasi 1 o Cu/Zn SOD1 o
semplicemente SOD1, un
polipeptide di 153 aminoacidi che, come omodimero, catalizza la conversione di
O2- in O2 e H2O2. La
malattia con questa eziologia è denominata sclerosi
laterale amiotrofica 1. Sono state descritte più di 100 mutazioni di SOD1
in grado di causare forme autosomico-dominanti; l’unica eccezione nota è
l’omozigosi D90A SOD1, che è ereditata come recessiva. Varie mutazioni, sparse lungo la
struttura molecolare e non concentrate in prossimità del sito attivo o
dell’interfaccia del dimero, conferiscono a questa metalloproteasi
una o più funzioni tossiche che compromettono l’integrità dei neuroni motori
causando lo sviluppo della degenerazione all’origine di forme familiari della
SLA1.
Non
è ancora stata definita la sequenza di eventi e meccanismi molecolari che
portano le forme mutate della metalloproteasi a causare il danno, così come non
è ancora stato stabilito perché sono colpiti solo i motoneuroni. L’aggregazione
e l’alterata conformazione (misfolding)
sono stati implicati nella patogenesi della malattia, secondo quanto emerso
dagli studi condotti su modelli animali e persone affette.
Brotherton
e colleghi hanno impiegato un anticorpo monoclonale, C4F6, che specificamente reagisce con
forme mutanti o “misfolded” di SOD1, per indagare la distribuzione regionale
della proteina SOD1 mutante nei tessuti dei roditori e di esseri umani (Brotherton T. E., et al. Localization of a toxic form of superoxide
dismutase 1 protein to pathologically affected tissues in familial ALS. Proceedings of the National Academy of Science USA [Published online before
print doi:10.1073/pnas.1115009109], 2012).
I ricercatori che hanno
preso parte a questo studio provengono dagli Stati Uniti e dal Canada: Department
of Neurology, Emory University, Atlanta (GA, USA); Department of Anatomy and
Physiology, Laval University Research Centre, Québec (Canada); Department of
Neurology, The Johns Hopkins University, Baltimore (MD, USA); Department of
Neurology, Mayo Clinic, Jacksonville (Florida, USA).
Ricordiamo che Diane Richmond ha recensito il
30 ottobre 2010 un lavoro di Bosco e collaboratori in cui fu impiegato lo
stesso anticorpo specifico per la configurazione (C4F6),
che consentì di accertare che un epitopo conformazionale, assente nel tipo
naturale di SOD1, era presente nella forma ossidata dell’enzima, sia naturale
che mutante (Note e Notizie 30-10-10 Nella sclerosi laterale amiotrofica
(SLA) SOD1 normale e mutante condividono conformazione aberrante e via patogenetica).
C4F6 ha reagito solo con l’enzima SOD1 mutante
e ha dimostrato notevole selettività per cellule e tessuto affetto
dalla malattia. Il tessuto nervoso non interessato dalla patologia ma
contenente alti livelli della proteina mutante (come nel caso delle aree dense di
neuroni sensoriali) non era contraddistinto dalla colorazione legata
all’anticorpo monoclonale C4F6. Inoltre, alcuni motoneuroni risultavano
intensamente evidenziati da C4F6, mentre altri rimanevano non colorati.
Importante sottolineare che l’osservazione
sperimentale ha evidenziato che, sebbene C4F6 fosse generato contro il mutante
G93A SOD1, si è rivelato in grado di riconoscere altri mutanti della
metalloproteasi. In tessuti umani ottenuti da autopsie di pazienti
portatori di mutazioni in SOD1, C4F6 identificava nei motoneuroni
inclusioni intracellulari simili a matasse e non tanto differenti da quelle
viste nei roditori, e anche nel tessuto umano evidenziava soltanto un
sottoinsieme di neuroni motori.
La sperimentazione è stata poi condotta su
tessuto proveniente dal midollo spinale di pazienti affetti da SLA sporadica,
di pazienti affetti da altre malattie neurodegenerative e di soggetti sani
fungenti da controllo: le inclusioni immunoreattive di C4F6 non sono state
rilevate ma l’anticorpo ha rivelato un immunostaining
diffuso di alcuni motoneuroni spinali.
L’insieme dei dati ottenuti da Brotherton e
colleghi, indica che la capacità di C4F6 di distinguere i tessuti patologici
nei modelli murini di SLA (SOD1 mutanti) e nell’uomo e, in particolare, di
individuare subpopolazioni di motoneuroni affetti, suggerisce che questo
anticorpo può riconoscere una forma “tossica”, direttamente responsabile della
patogenesi, della proteina SOD1 mutante.
L’autrice della nota ringrazia la
dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla
lettura delle recensioni di lavori di argomento connesso che compaiono nelle
“Note e Notizie” (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA” del sito).