XV CONFERENZA MONDIALE SULL’AIDS

BANGKOK, 11-16 LUGLIO 2004

 

 

 

Ogni sei secondi si verifica un nuovo contagio: un tasso record che spiega la cifra approssimata per difetto di tre milioni di morti per AIDS nel 2003.

Da domenica 11 luglio, oltre 20.000 fra medici, ricercatori e membri di ONG dell’ONU, provenienti da 160 paesi, partecipano alla XV Conferenza Mondiale sull’AIDS, organizzata a Bangkok in Thailandia come secondo “Asia-Pacific Ministerial Meeting on HIV/AIDS” del Ministero degli Affari Esteri tailandese. L’evento è stato promosso dall’International AIDS Society in partnership con il Ministero della Sanità tailandese, il GNP+, l’ICW, l’ICASO, il TNCA e l’UNAIDS -il programma delle Nazioni Unite per la lotta all’AIDS presieduto da Peter Piot.

La Conferenza è divisa in quattro sessioni: due dedicate ai problemi sociali ed economici da affrontare per arginare la diffusione dell’infezione, e due dedicate alla ricerca di base e clinica.

Sabato 10 luglio, durante la sua visita in Italia, Linda Faye Lehman ha discusso con Giuseppe Perrella di questo grosso problema con il quale la presidente della Società Internazionale BM&L si confronta costantemente nelle sue frequenti missioni in Africa e in Asia.

La professoressa Lehman ha messo l’accento sulla straordinaria diffusione del contagio nei paesi poveri che obbliga, per qualsiasi intervento, a fare i conti con questo flagello. Si tratta spesso di popolazioni colpite da lebbra, malaria, tubercolosi e numerose altre malattie batteriche, virali, micotiche e protozoarie, che attecchiscono su un substrato di povertà assoluta, di malnutrizione e, frequentemente, di disidratazione, causa spesso misconosciuta di globale riduzione di efficienza delle funzioni dell’organismo incluse quelle immunitarie.

 

Molti problemi di rilievo psicologico ed antropologico sono connessi con questa infezione, sia per i cambiamenti che induce nella vita delle persone affette sopravvissute e di quelle non affette in zone di endemia, sia per la caratteristica di evento di lunga durata, che ormai da 22 anni incide sulla realtà di molti paesi, sconvolgendone la vita. Molte aree dell’Africa sub-sahariana, flagellate da guerre oltre che da carestie dovute alla siccità, nonostante gli sforzi di molte organizzazioni umanitarie, non sono ancora raggiunte da reti di distribuzioni di generi di prima necessità, né possono contare su una sia pur minima organizzazione sociale che consenta condizioni di vita appena dignitose. In queste aree, dove per vivere si vendeva il proprio sangue e capitava di contrarre l’infezione perché chi aveva effettuato il prelievo impiegava un ago infetto, certamente non si possono applicare i criteri di campagne di prevenzione fondate sulla pubblicità mediatica dei preservativi. Dove i morti per sete e per fame esistono ancora, dove non si riesce a far giungere acqua, cibo e medicinali, nemmeno quelli scaduti, come si può immaginare che il problema del contagio lo si risolva facendo acquistare alle organizzazioni umanitarie camions di profilattici da inviare con centinaia di volontari?

Eppure, questo è quanto è avvenuto.

 

Brain Mind & Life segue la Conferenza nella speranza che gli errori del passato inducano dei cambiamenti di rotta decisivi nella politica sanitaria dei paesi più evoluti e, conseguentemente, da parte dei ministeri della salute dei paesi più poveri e colpiti.

La Thailandia è stata indicata come sede di questa conferenza per premiarne la sensibilità, fra i paesi in via di sviluppo, per la ricerca, la prevenzione e la lotta alla diffusione del contagio da HIV.

In Thailandia, fra l’altro, ha avuto luogo la più ampia sperimentazione clinica umana di un vaccino anti-HIV.

In Europa la gravità della malattia, soprattutto per ciò che concerne il rischio di morte in breve tempo, si è molto ridotta grazie alle nuove terapie ed alla diffusione della conoscenza dei modi di contagio che ha consentito una buona azione preventiva. Ma il profilo epidemiologico dei paesi poveri è completamente diverso. Talvolta i migliori studi statistici sull’incidenza del contagio e della sindrome, sono assolutamente ciechi alla conoscenza socio-antropologica del campione studiato, pertanto, sia pur fornendo dati che fotografano un problema, non aiutano a risolverlo.

Per capire l’AIDS in Africa e in ASIA non bastano la virologia o gli schemi della statistica epidemiologica sviluppata sulla realtà degli stati europei e del Nord-America. Gilberto Freyre aveva insegnato al mondo l’importanza della sociologia della medicina come scienza antropologica, ma sembra che della sua lezione oggi sia rimasto ben poco.

 

Delle epidemie documentate in epoca scientifica, quella da HIV/AIDS è sicuramente la più devastante per la specie umana. Il World Health Organization Report 2004, intitolato Changing History, stima fra 34 e 46 milioni i sieropositivi accertati, ed indica una situazione in Cina progressivamente ingravescente, tale da essere paragonata a quella dell’Africa di 15 anni fa.

 

BM&L-Luglio 2004