WILKINS: RIVELAZIONI E CURIOSITà BIOGRAFICHE 

 

 

 

All’indomani della morte, avvenuta il 6 ottobre 2004 a soli settanta giorni da quella di un altro “padre” della doppia elica, Francis Crick, ci accorgiamo che della vita e delle idee di Maurice Hugh Frederick Wilkins si sa veramente poco, al punto che accanto al desiderio di saperne di più sorge quello di capirne il perché.

Ad esempio, quanti sanno che dopo il premio Nobel ha condotto studi di estrema importanza per la comprensione delle strutture di membrana dei neuroni?

Nelle innumerevoli biografie reperibili sul “web”, da quella della Fondazione Nobel a quelle di enciclopedie scientifiche ed istituti di ricerca, non c’è traccia del suo lavoro come neuroscienziato e del contributo che ha dato alla neuroscienze. Questa lacuna non può essere spiegata, come si è fatto per la minore popolarità mediatica rispetto a James Watson e Francis Crick, attribuendola al suo carattere schivo e riservato, visto che le biografie si compilano consultando banche-dati ufficiali e non desumendole da interviste televisive o radiofoniche.

Una negligenza che davvero stupisce, perché le ricerche morfo-funzionali sui neuroni non hanno rappresentato una breve episodica esperienza, ma si è trattato di una scelta di campo che lo ha portato ad orientare per anni i suoi studi e i suoi sforzi, e che gli è valsa il conferimento della leadership in uno dei più prestigiosi istituti di neuroscienze. Infatti, conservando l’incarico di professore di biofisica presso il King’s College di Londra, assunse il ruolo di Direttore della Concil’s Neurobiology Unit nel 1974 rimanendo in carica fino al 1980.

Forse le ragioni consapevoli od inconsapevoli che hanno portato spesso biografi, protagonisti ed interpreti del mondo scientifico a trascurare Wilkins e la sua opera, risiedono in una sorta di antipatia -intesa nel senso etimologico- che ha spesso riguardato chi si è accostato a lui o all’immagine che ne aveva. Per cercare di comprenderne i motivi, mi sono rivolto alle testimonianze di chi lo ha conosciuto ed ho provato ad indagare alcuni fatti ed eventi della sua vita.

Anche se immagino che molti dei lettori di queste righe conoscano le tappe salienti della biografia del nostro personaggio, mi sembra utile riassumerle per facilitare la riflessione sulle considerazioni che andrò svolgendo.

 

Maurice Hugh Frederick Wilkins nacque a Pongaroa in Nuova Zelanda il 15 dicembre del 1916 da genitori irlandesi. Il padre, Edgar Henry Wilkins, era laureato in medicina ed aveva una grande passione per la ricerca scientifica ma, sebbene avesse la preparazione per intraprendere la carriera di ricercatore, non ne ebbe l’opportunità e così divenne medico scolastico lavorando per il servizio pubblico di tutela della salute. Certamente i suoi valori, fra i quali emergeva l’alta considerazione per la scienza, hanno avuto un peso nell’educazione del figlio.

Maurice non può considerarsi Neozelandese, se non di nascita, perché in questo paese ebbe soltanto vita familiare e vi rimase fino all’età di cinque anni. A sei anni fu condotto in Inghilterra per frequentare la scuola elementare presso la King Edward’s School di Birmingham. La sua istruzione è tutta affidata ai migliori istituti del Regno Unito. Studia fisica al St. John’s College di Cambridge laureandosi nel 1938. Si reca, quindi, all’Università di Birmingham dove diverrà “research assistent” di John T. Randall presso il Dipartimento di Fisica. Qui studia la luminescenza dei solidi, conseguendo il dottorato di ricerca nel 1940 con una tesi che verteva prevalentemente sulla stabilità termica degli elettroni fissati nei fosfori e sulla teoria della fosforescenza.

 

A questo punto fermerei l’attenzione su una questione nodale, rappresentata proprio dall’incontro del giovane Maurice con il professore Randall, che godeva di fama e prestigio anche fuori degli ambienti accademici. Questo incontro avviene alla vigilia della seconda guerra mondiale e la tesi di dottorato sullo studio dei fenomeni legati alla fosforescenza viene discussa a guerra in atto. Lo studio condotto da Wilkins è davvero ottimo e gli consente di ottenere il Ph.D. a soli 23 anni[1], ma la reale portata di quella ricerca rimane oscura anche agli addetti ai lavori.

Ecco il motivo: segreto di Stato per la sicurezza nazionale.

John Randall lavorava per conto del “Ministry of Home Security and Aircraft Production”[2] a quella che si considerava la massima invenzione bellica del tempo, un apparecchio costruito per la prima volta in Inghilterra nel 1935 da R. A. Watson Watt e tenuto segreto fino al 1941, ossia il radar.[3]

Randall aveva messo a punto nel 1939 il magnetron a cavità dal quale vennero sviluppati i primi radar a frequenza centimetrica utilizzati nelle ultime fasi della seconda guerra mondiale[4]. Wilkins applica i risultati della sua ricerca allo studio del miglioramento delle immagini radar ed alla soluzione di altri problemi teorici che avrebbero facilitato applicazioni di tecnologia bellica, lavorando con il suo professore e mentore in progetti coperti da segreto militare. Fu poi incaricato, sotto la guida del professor Oliphant, di occuparsi della separazione spettrografica di massa degli isotopi dell’uranio per la realizzazione di ordigni nucleari[5]. Il suo lavoro fu apprezzato e segnalato, probabilmente mediante informative riservate, ai responsabili americani del “Progetto Manhattan” per la realizzazione della bomba atomica.

Dunque, il giovane Maurice educato secondo i valori della più nobile tradizione di solidarietà umana, indotto dalle circostanze, si trova ad essere una delle menti dell’industria bellica delle Forze Alleate. E’ comprensibile che i responsabili della Difesa di una nazione in guerra si rivolgessero alle migliori realtà accademiche nei settori di competenza più vicini alle esigenze militari. E ci si può rendere conto di come fosse difficile sottrarsi al dovere di servire lo Stato che, in quel caso, coincideva con la possibilità di compiere progressi nelle conoscenze e nella carriera. Tuttavia non possiamo trascurare l’ipotesi di una scelta volontaria e deliberata per semplice reazione ad una condizione divenuta insostenibile. E’ noto che le distruzioni, i massacri e gli orrori causati dai bombardamenti tedeschi di Londra che dal giugno 1940 al maggio 1941 rasero al suolo interi quartieri, avevano indotto uomini di ogni età ad arruolarsi pur di non aspettare passivamente, nel terrore, una morte che sembrava inevitabile.

Non sapremo mai quale forma abbiano assunto nella mente di Maurice Wilkins le motivazioni e le giustificazioni del suo operato, sappiamo per certo che la scelta di mettere al servizio dei vertici militari le proprie capacità fu di molti “cervelli” inglesi. In particolare, l’aver svolto un lavoro per molti versi oscuro e segreto, lo accomuna ad un’altra grande figura del King’s College: il matematico Alan Turing.

Dopo l’occupazione di Danimarca, Norvegia, Belgio, Olanda e Lussemburgo e la capitolazione della Francia, l’Inghilterra è ancora sotto la pesante offensiva nazista quando Wilkins giunge negli Stati Uniti dove a Berkeley, in California, raggiunge gli altri partecipanti al “Manhattan Project” per la realizzazione della bomba atomica.

Nella primavera del 1945 la guerra è virtualmente conclusa in Europa: il 25 aprile i partigiani e tutto il popolo degli insorti proclama la liberazione dell’Italia dai Tedeschi e dalla dittatura fascista, nelle settimane che seguono la Germania è invasa e Berlino occupata dai Russi. Il Giappone, però, sembra deciso a resistere ad oltranza. Era ormai trascorso un anno dallo sbarco in Normandia che, secondo le speranze degli Anglo-Americani, avrebbe già potuto porre fine al conflitto. Allora si decise, nell’agosto, di impiegare l’atomica contro il Giappone, radendo al suolo le città di Hiroshima e Nagasaki.

A molti, anche fra i partecipanti al Manhattan Project, sembrò il modo migliore per porre fine a quel mostruoso gorgo di sangue e macerie nel quale, con quasi cinquanta milioni di morti[6], pareva sprofondare l’intera umanità come in un incubo senza fine. I Giapponesi e la loro terra sembravano così lontani e quella morte, per disintegrazione istantanea di una realtà sconosciuta, appariva quasi indolore ed irreale.

 

La scienza, come tutte le esperienze umane di grande rilievo, ha la sua storia e, con questa, i suoi miti. Nella mitologia dei decenni che vanno dalla guerra del Vietnam ai nostri giorni si è affermata una sorta di dicotomia fra scienziati buoni e scienziati cattivi. I primi percepiti come interpreti delle istanze morali e civili migliori della società ed incaricati di rappresentare l’io ideale di molti. Ed i secondi visti come inquietanti e pericolosi, al punto di richiamare alla mente di tanti tutta la gamma degli aggettivi riservata alla “scienza diabolica” ed all’uso minaccioso e dannoso delle risorse dell’intelligenza umana e delle sue scoperte o invenzioni[7].

Si può ipotizzare che tutti quegli autori scientifici o science writers ed opinion makers[8] che a partire dagli anni Sessanta hanno poco a poco creato dei personaggi intorno ai protagonisti della scienza di quegli anni, non abbiano avuto dubbi nel collocare fra i buoni gli altri studiosi della struttura del DNA, mentre ne abbiano avuti per Wilkins a causa dell’ombra gettata su di lui dalla partecipazione al Progetto Manhattan.[9]

Perché questa ipotesi ci appaia plausibilmente fondata, dovremmo poter trovare elementi  che la supportino in riscontri biografici degli anni successivi come, ad esempio, la difesa delle scelte fatte in tempo di guerra o l’assunzione di posizioni militariste durante la guerra del Vietnam. In assenza di tali elementi, per sostenere questa ipotesi dovremmo pensare ad un radicato pregiudizio nei suoi confronti.

Esaminiamo i riscontri oggettivi.

E’ certo che Wilkins nel 1945, finita la guerra, ritorna in Inghilterra. Ma ciò che decide di fare a questo punto della sua vita meraviglierà molti biografi: dopo sette anni spesi nella ricerca in fisica di base ed applicata, lavorando ai massimi livelli con buoni risultati, decide di abbandonare.[10] Sebbene inizialmente avesse accettato l’incarico di lettore di fisica con Randall -ma questa volta presso la St. Andrews University in Scozia- manifesterà presto la sua ferma intenzione di occuparsi di biologia.

A questo proposito, Wilkins stesso riferiva di essere stato profondamente influenzato dalla lettura del libro del fisico austriaco Erwin Schrödinger[11], pubblicato nel 1944, What is Life? – The physical aspects of the Living Cell[12]. In questo saggio si indicava la via per lo studio fisico del livello cellulare e sub-cellulare e si adombrava l’ipotesi dell’esistenza di un preciso codice che consenta alle molecole di trasferire l’informazione all’interno delle cellule.

L’idea non era nuova ed il biologo John Haldane aveva già ipotizzato l’esistenza di un codice come collegamento fra geni e proteine, ma il saggio di  Schrödinger aveva un respiro molto vasto ed un fascino tutto particolare, in quanto inseriva questa ipotesi in una nuova cornice di plausibilità scientifica. Infatti, questa pubblicazione raccoglieva il testo di un ciclo di conferenze tenute dal fisico austriaco al Trinity College di Dublino, in cui si dimostrava che la fisica aveva dato fino a quel momento uno scarsissimo contributo alle scienze biologiche perché aveva percorso una strada sbagliata. Schrödinger indica quella giusta, correggendo in maniera convincente i numerosi errori compiuti in passato. Celebre l’esempio del superamento dell’ostacolo rappresentato dal secondo principio della termodinamica, che sarebbe entrato in contrasto con la fisiologia degli organismi viventi[13].

La lettura di What is life?[14] non è certamente l’unico fattore che può avere inciso nella scelta di dedicarsi alla biologia e in particolare allo studio degli acidi nucleici, in un periodo in cui si assiste ad una vera e propria esplosione di conoscenze in questo campo, tanto da determinarsi una tendenza culturale verso questi studi. Da poco è confermato ed accettato dalla comunità scientifica l’esperimento di Avery[15] -passato inosservato inizialmente perché gran parte del mondo era ancora in guerra e in lutto- ed ormai si è certi che il DNA sia il materiale genetico. Cosa tutt’altro che scontata, basti pensare che il citato Schrödinger riteneva che i geni fossero delle grosse proteine. Il DNA, ora, può essere più facilmente studiato grazie alle osservazioni condotte sui batteriofagi, ossia i virus dei batteri: si tratta di microrganismi molto semplici, costituiti soltanto da DNA e proteine[16].

In questa temperie Wilkins si concentra sullo studio del materiale genetico, cercando anche di colmare il suo “gap” biologico: si interessa prima agli ipotetici effetti degli ultrasuoni sul DNA, poi si dedica allo studio microspettrofotometrico degli acidi nucleici. Studierà, ancora, l’orientamento delle purine e delle pirimidine nel virus del mosaico del tabacco e in vari altri campioni di materiale genetico mediante la misura del dicroismo ultravioletto.

Ma una questione che ci appare rilevante è che, per fare tutto ciò, non si accontenta di una collaborazione in qualità di fisico a progetti biologici, ma convince lo stesso Randall, nel 1946, a fondare ex-novo una branca specializzata in biofisica da loro diretta: la Medical Research Council Biophysics Unit presso il King’s College di Londra[17]. John Randall, in qualità di responsabile scientifico, contribuirà alla definizione del programma di ricerca sul DNA che consentirà a Wilkins la collaborazione con i laboratori Cavendish di Cambridge. Dato, questo, non irrilevante per comprendere i motivi di frizione con Rosalind Franklin, di cui dirò più avanti.

Dunque, Wilkins crea una specifica branca di biofisica: questo può essere interpretato come un modo per essere certo di poter condurre in perfetta autonomia scientifica ed economica le proprie ricerche. Ma l’impresa può essere vista anche da un’altra angolazione. Costituendo una specifica branca, Wilkins si auto-nominava biofisico, mutando a tutti gli effetti l’identità professionale.

E’ lecito supporre, allora, che la decisione fondativa sia stata suggerita da motivi che andassero oltre le mere valutazioni di opportunità.

Risulta che intorno al 1945 altre letture, oltre quella di Schrödinger, abbiano influenzato Maurice Wilkins. Fra queste, pare abbia avuto un ruolo determinante la testimonianza di Paolo Nagai, specialista in ricerca radiologica, che era a Nagasaki il 9 agosto del 1945 durante il cataclisma prodotto dalla bomba atomica. Si era allontanato dal centro della città, per cui non era nel novero dei 90.000 disintegrati, ma in quello degli altri 70.000 colpiti dalle radiazioni: destinato a lenta morte aveva deciso di studiare e descrivere gli effetti delle radiazioni sul suo corpo.

Nagasaki era stato il primo porto giapponese aperto agli Europei, nel 1857, ed era stato il primo centro di diffusione in Giappone del cristianesimo e, con questo, della cultura e dei costumi europei. Nagai parla del villaggio cristiano di Urakami, del tutto scomparso, e traccia i ritratti commuoventi di persone che conosceva o amava: “quella ragazza pallida che contava tre volte senza un sorriso […] quel gigante che tutto il giorno addestrava cani da pastore; quella signorina che passava le giornate al piano; e quel vecchio dottore sugli zoccoli di legno, che nessun caso urgente era mai riuscito a far correre.”[18]

Le vittime di Hiroshima e Nagasaki devono essere apparse a Wilkins vicine e reali come non mai ed il peso per una responsabilità nella loro morte potrebbe aver gravato sulla sua coscienza, al punto da fargli sentire il bisogno di allontanarsi del tutto dall’esperienza passata e ridare senso e valore al suo lavoro impegnandosi in una scienza rivolta alla vita. Sembra che fin dal ritorno in Inghilterra, si sia interessato ai grandi problemi umanitari ed abbia cominciato a frequentare ambienti filantropici di vario orientamento politico.

Stando ai dati di questo periodo, sembra che la sua reputazione fosse ottima, anche in termini di sensibilità umana. Pertanto, l’ipotesi di una immagine sinistra di “scienziato malvagio” sembra perdere terreno.

Ma ritorniamo al Biophysics Unit del King’s College.

 

Come è noto, intraprese lo studio del DNA impiegando la tecnica della diffrazione dei Raggi-X, metodica che consente di determinare l’orientamento delle molecole, misurare esattamente le distanze che le separano, consentendo talvolta di riconoscere la loro organizzazione atomica. Come già aveva fatto per alcune tecniche di osservazione microscopica (sviluppo di microscopi a riflessione e adattamenti della microscopia in luce polarizzata) anche alla diffrazione dei Raggi-X apportò miglioramenti e fu tra i pionieri dell’impiego della cosiddetta “Fibre-Diffraction”, una tecnica che consente di studiare le macromolecole filamentose che tendono a polimerizzare in strands come il collagene e gli acidi nucleici[19].

A questo punto Maurice Wilkins può dirsi a tutti gli effetti un biofisico. Si tratta di un nuovo profilo di studioso in grado di proseguire, nelle dimensioni sub-microscopiche e su base fisica e fisico-chimica, lo studio morfologico condotto con i metodi della microscopia ottica ed elettronica. Si rende ben conto, però, che lo studio del materiale genetico richiede esperienza e preparazione biochimica e più prettamente biologica ed è anche per questo motivo che nel 1951 -anno che si rivelerà molto importante nella sua vita- si reca alla Stazione Zoologica Dohrn.

Per capire il senso di questo viaggio, sarà necessaria qualche notizia su questo particolare istituto biologico.

 

Charles Darwin aveva personalmente e vivamente incoraggiato lo zoologo tedesco Anton Dohrn a fondare a Napoli, a pochi passi dal mare, un’istituzione scientifica dedicata alla zoologia sperimentale, fornita di laboratori all’avanguardia ed ispirata alle più avanzate teorie evoluzionistiche. La Stazione Zoologica Anton Dohrn avrà subito un alto prestigio e determinerà la diffusione di laboratori consimili in molti altri paesi, come aveva auspicato il suo fondatore.

Dohrn  aveva messo a disposizione della comunità scientifica internazionale un istituto di ricerca nel campo della biologia marina, con laboratori ben attrezzati, una biblioteca specializzata e collaboratori esperti, ma anche un gran numero di eleganti locali per una confortevole permanenza. Da qui nacque una tradizione caratterizzata spesso da lunghi soggiorni di studiosi di varie nazioni che, oltre a frequentare specifici eventi convegnistici, avevano la possibilità di coabitare con colleghi ed esperti di altre branche per discutere, dibattere e collaborare. Se ne occupò in qualità di Ministro della Pubblica Istruzione Benedetto Croce che, in un discorso al Senato del Regno d’Italia, ebbe a definirlo “un grande albergo per scienziati che convengono in esso da ogni parte del mondo”[20]

Quando, durante la primavera del 1951 Maurice Wilkins si reca a Napoli, le sue aspettative riguardano proprio la possibilità di interscambio con biologi aggiornati ai più recenti risultati della ricerca biochimica. Alla Stazione Dohrn risiede in quei giorni il biochimico Hermann Kalckar con un amico zoologo, appena ventitreenne, che studia chimica biologica e microbiologia: si tratta di James Watson. Verso la fine di maggio, un simposio presso la stazione costituisce l’occasione di incontro di Wilkins con Watson.

James Dewey Watson racconta[21] che l’incontro fu il turning point della sua vita. Wilkins gli mostrò, per la prima volta, un diffrattogramma del DNA, dal quale si poteva evincere una struttura elicoidale con un diametro di 2 nanometri ed un passo di 3,4 nanometri. Nel corso della discussione, Wilkins spiegò come la densità mostrasse l’impilamento delle basi azotate e lasciasse supporre l’esistenza di due molecole coassiali.

Watson fu così colpito dalla conversazione con Wilkins da decidere di dedicarsi allo studio degli acidi nucleici. A tale scopo si rivolse al suo maestro e mentore Salvatore Eduardo Luria[22], il quale immediatamente riuscì a procurargli un incarico di collaborazione al Cavendish Laboratory con Kendrew. Manifestato il suo interesse per la possibilità di decifrare la struttura del DNA, fu accolto come allievo da Francis Crick.

 

Come notavo più sopra, fu davvero un anno importante per il protagonista della nostra riflessione biografica il 1951[23]: in quell’anno entrò nel suo laboratorio Rosalind Elsie Franklin.

La Franklin, laureata in chimica a Cambridge era diventata, alla scuola di Méring a Parigi, una grande esperta nell’uso della tecnica della diffrazione dei raggi-X, che aveva largamente impiegato nello studio di cristalli di carbonio. Era stata chiamata da Randall presso l’Unità di Biofisica del King’s College per aiuto e supporto all’attività di analisi diffrattografica del DNA condotta da Wilkins. Si legge in alcune autorevoli biografie che il suo ruolo inizialmente non fu ben compreso presso quel laboratorio. Ma è facile capire come siano andate le cose. Wilkins aveva i suoi progetti e i suoi collaboratori ed idee ormai ben definite su tutto il programma di ricerca e chiedeva solo un aiuto tecnico; la Franklin invece, brava ed ambiziosa, intendeva condurre indipendentemente le ricerche strutturali. 

Wilkins non faceva mistero di ritenere le competenze biochimiche superiori a quelle biofisiche nella risoluzione di un problema strutturale che richiedeva anche un inquadramento concettuale e funzionale più complessivo, né faceva mistero di gradire l’ambiente culturale del Cavendish Laboratory e l’entusiastica lealtà del giovane Watson al quale, per riconoscimento dello stesso Crick[24], andarono i maggiori meriti della scoperta[25]. Al contrario, Rosalind Franklin, forse anche perché la sua formazione in chimica biologica le faceva ritenere di poter riuscire da sola, non voleva condividere il proprio lavoro. Lo scambio continuo con Watson e Crick era visto come una minaccia dalla Franklin preoccupata che, caduta l’ipotesi della tripla elica di Pauling, questi potessero precederli nel pubblicare un modello che soddisfacesse tutti i vincoli posti dalle evidenze sperimentali. Questo non preoccupava Wilkins, che riteneva il loro laboratorio un indispensabile supporto al Cavendish, non un concorrente, e confidava nella lealtà del collega Crick e del suo allievo, sempre più “esperto biochimico”, Watson.

Fatto sta che la Franklin decise, poi, di lasciare l’Unità di Biofisica del King’s College[26].

Un fatto è certo: Wilkins affiancò la Franklin al suo allievo Goslin e li diresse entrambi[27] durante le ricerche che questi condussero seguendo il suo programma. Per questo motivo non è proponibile una netta distinzione fra ciò che ha scoperto la Franklin e ciò che sarebbe da attribuirsi a Wilkins[28].

Si deve anche notare, leggendo un documento degno di fede in quanto letto dalla stessa Franklin e mai contestato, come gli elementi biofisici fondamentali fossero già stati tratteggiati da Wilkins prima dell’arrivo della ricercatrice londinese. Si tratta di un articolo scritto da Francis Crick per Scientific American[29] nel 1954, in cui si legge: “Wilkins e collaboratori hanno fornito una brillante analisi di dettaglio del diffrattogramma X della forma cristallina, dimostrando che esso è coerente con una struttura di questo tipo” e più avanti: “Inoltre Wilkins ha dimostrato che materiali biologici intatti, come spermatozoi e batteriofagi, forniscono diffrattogrammi X molto simili a quelli delle fibre estratte”[30].

Un episodio che ormai appartiene alla mitologia della scoperta della doppia elica ed al quale si è dato molto rilievo lo scorso anno nelle rievocazioni e celebrazioni, è quello dei cristallogrammi ottenuti dalla Franklin che Wilkins avrebbe mostrato a Watson e Crick senza il suo consenso. Lo scorso anno John Rennie ha direttamente posto la domanda su questa questione a James Watson, aggiungendo provocatoriamente che se le cose fossero andate davvero così sarebbe stato più giusto dare alla Franklin che a Wilkins il Nobel. Ecco la risposta di Watson: “Non penso. Wilkins ci diede l’immagine cristallografica della forma A e lei ci fornì quella della forma B. Perciò si potrebbe dire che in una società ideale, perfetta, loro avrebbero ottenuto un Nobel per la chimica e Crick ed io uno per la biologia. […] Se Rosalind avesse parlato con Francis fin dal 1951 e gli avesse mostrato i suoi dati sarebbe stata lei a risolvere la struttura.”[31]

La risposta di Watson fa capire quanto, nelle polemiche dello scorso anno, si sia sottovalutato il ruolo di Francis Crick nell’organizzare e nell’interpretare il mosaico di dati biochimici e di misura, fondando una parte considerevole delle prove sui calcoli di Chargaff[32] (celebri i suoi postulati che condussero alla comprensione dell’appaiamento delle basi) e sulle ricerche di Pauling[33] e Corey. Proprio questo ruolo era stato ben compreso da Wilkins. Aggiungerei anche che, prima del 1953 e del seminario del 1952 tenuto dalla Franklin al King’s College[34], Watson e Crick avevano già proposto un modello di doppia elica che conteneva degli errori, corretti successivamente anche alla luce dei risultati di Wilkins e dalla Franklin.

Si può dire che, a proposito del ruolo avuto dalla Franklin, mezzo secolo dopo è stata montata ad arte una sopravvalutazione in biografie che indulgevano alla retorica dell’ideologia femminista, per farne un caso editoriale e mediatico in coincidenza delle celebrazioni del cinquantenario della scoperta[35]. Per cui, se è corretto riconoscere i meriti ed il valore del suo contributo, soprattutto in ragione del fatto che in troppe trattazioni scientifiche e di carattere storico-scientifico sulla scoperta della struttura del DNA non è nemmeno citata, sarebbe erroneo per questo sminuire il valore del lavoro svolto da Wilkins. Ed ancora, dopo tanti anni di oblio, cadere nell’eccesso opposto attribuendo completamente a lei il merito della scoperta, come abbiamo visto, sarebbe cosa veramente lontana dalla realtà.

Ma qualche altra piccola riflessione su Rosalind Franklin ci sembra opportuna. Nel 1953 lascia il laboratorio del King’s College dopo aver litigato con Maurice Wilkins ma, da quanto è dato sapere, i veri motivi del contrasto furono personali, di tipo affettivo. Una indiretta conferma viene dal fatto che Rosalind non sceglie di proseguire le ricerche sul DNA, magari con un gruppo concorrente o proponendosi come collaboratrice diretta di Crick che ne sarebbe stato onorato, come egli stesso ha avuto modo di dire in varie occasioni. Rosalind lascia Maurice e gli acidi nucleici e va a lavorare al Birbeck College di Londra con uno dei maggiori esperti della tecnica di diffrazione dei raggi-X: John Desmond Bernal. Qui riprende lo studio del virus del mosaico del tabacco realizzando delle ottime immagini di diffrazione.

L’abbandono del gruppo di Wilkins da parte della Franklin fu un vero e proprio inaspettato colpo di testa. Si è supposto che le differenze di personalità e di carattere non abbiano impedito ai due ricercatori di nutrire affetto reciprocamente[36]. La vicinanza di età -tre anni e mezzo di differenza- e una diversa visione del mondo, avevano reso particolarmente difficile a Rosalind riconoscere Maurice come “capo” e seguirlo nelle sue scelte. Per contro, dal canto suo, Wilkins sentiva la realtà impersonata dalla Franklin come in contrasto con il mondo cui era approdato e con la rete di rapporti umani che cercava faticosamente di costruire intorno a sé. Un mondo popolato da persone che avevano un alto concetto della lealtà ed ispiravano la propria vita a nobili sentimenti filantropici, fuori delle logiche competitive del potere, liberi di dedicarsi come Watson al “bird watching” o come Luria alla solidarietà umana verso i poveri, i diseredati e i sopravvissuti delle guerre[37].

Infatti, dopo aver conseguito il premio Nobel con Watson e Crick nel 1962 ed aver dimostrato nello stesso anno la struttura elicoidale del t-RNA[38], Wilkins spinge sempre oltre il suo impegno antinuclearista e pacifista, fino a diventare membro eminente di varie istituzioni umanitarie quali la British Society for the Responsibility of Science, di cui assume la presidenza, il Russell Committee aganist Chemical Weapons e il Food and Disarmament International.

 

Al termine di questo excursus che ci ha portato ad esaminare, anche se solo sommariamente, vari aspetti ed eventi che hanno caratterizzato l’esistenza di Maurice Hugh Frederick Wilkins, non sono riuscito a sciogliere il nodo della comprensione delle ragioni che hanno condizionato quella sorta di distanza, tenuta da molti dei suoi potenziali interpreti, che ho definito antipatia. Ma, se devo ipotizzarne un motivo, ora sarei portato a cercarlo sul versante opposto della dicotomia di cui parlavo all’inizio. Infatti, credo che il rappresentare le più nobili istanze di solidarietà umana, lo abbia posto in contrasto con il cinismo di quel senso comune, cieco e sordo alla sofferenza e al bisogno, che costituisce la corazza di ogni potere sociale, anche il più piccolo, e che vive della complicità silenziosa e inconsapevole della maggioranza.

Le forme militanti e concretamente efficaci del suo impegno attivo contro gli armamenti, la fame nel mondo e le disuguaglianze sociali, sono state certamente tali da non poter essere ignorate. Apparendo, forse, come argomenti imprescindibili, in grado di chiamare in causa la coscienza morale dei suoi interlocutori.

Se è questo il motivo che ha impedito a molti di simpatizzare con lui, non si può certo essere ottimisti. E, personalmente, sono indotto a pensare che tanti di coloro che non hanno mai avuto la solidarietà umana nel progetto della propria vita, non riescano più a concepirla nemmeno fra i miti dei propri desideri.

 

Giuseppe Perrella

 BM&L-Ottobre 2004

 

 

________________________________________________________________________________________________

 

L’autore ringrazia Evelin J. Briggs per le sue testimonianze e per avergli fornito il testo di interviste, conversazioni ed articoli su cui ha ampiamente basato le opinioni qui espresse.

 

 

Ritorna ad IN CORSO di Brain Mind & Life - Italia



[1] Cosa rara anche a quell’epoca: si pensi che Francis Crick ottenne il dottorato da maturo ricercatore nel 1954, solo un anno dopo aver contribuito alla scoperta che gli valse il Nobel.

[2] Il termine “Home” indica la patria, per cui si può tradurre “Ministero della Sicurezza Patria e della Produzione di Aeromobili”.

[3] Dalle iniziali inglesi di RADIO DETECTING AND RANGING. Il radar consiste in un trasmettitore di impulsi elettromagnetici che, se riflessi dall’incontro di un oggetto, possono essere captati da un ricevitore: sullo schermo fluorescente di un tubo a raggi catodici compaiono sia l’impulso trasmesso, sia quello riflesso; l’intervallo di tempo che li separa permette di misurare la distanza dall’oggetto. La precisione di misura è massima e non dipende dalla visibilità. Per la prima volta il radar consentiva di localizzare aerei nemici di notte ed in qualsiasi condizione atmosferica. Gli storici concordano nell’affermare che è stato decisivo nel capovolgere le sorti della seconda guerra mondiale. Da notare, anche, che il suo impiego per scopi pacifici, ossia in meteorologia, viene progressivamente introdotto solo dopo il 1946.

[4] Il magnetron è una valvola termoionica in cui il flusso di elettroni emesso dal filamento viene controllato da un campo magnetico, invece che dall’azione elettrostatica della griglia come in quelle tradizionali. Si impiega come oscillatore od amplificatore di potenza per onde elettromagnetiche di alta frequenza.

 

[5] I cui effetti distruttivi sono dovuti all’energia liberata dalla fissione di elementi pesanti come l’uranio e il plutonio.

[6] La terribile stima è tratta da un testo ritenuto dagli storici fra i più autorevoli al riguardo (I. Alain Resourd e Claude Gérard, Histoire économique, XIX et XX siècles, A. Colin, Parigi, 1964) che valuta intorno ai 15 milioni la vittime dei maggiori Stati d’Europa messi insieme e in 17 milioni quelle della sola Unione Sovietica.

[7] Molti anni fa il premio Nobel Jack Oppenheimer, durante una lezione magistrale, ci raccontava che, nel corso del suo anno sabbatico, dovunque andasse, dagli alberghi alle Università, gli accadeva di essere trattato con freddezza e distacco, fino a quando decise di anticipare gli interlocutori dicendo: “Sono Oppenheimer, quello degli ormoni tiroidei, non quello della bomba atomica” e, pare, che i sentimenti degli astanti si mutassero di colpo in riconoscenza ed ammirazione.

[8] Mi riferisco soprattutto agli editorialisti ed ai redattori di riviste scientifiche molto influenti come Nature, Science, ecc., ed ai divulgatori che sono in grado di influenzare gli operatori dell’informazione o direttamente il pubblico.

[9] Si può obiettare che anche Enrico Fermi partecipò al progetto per la realizzazione dell’atomica senza averne una riduzione di popolarità in Italia, tuttavia si deve osservare che negli USA e in Gran Bretagna non fu così. 

[10] Sebbene i redattori delle biografie ufficiali della Fondazione Nobel (cfr.) generalmente si limitino a citare tappe e dati salienti della carriera dei premiati senza commenti od interpretazioni, in questo caso anche loro non si sono astenuti dal sottolineare l’abbandono della fisica da parte di Wilkins, dopo sette anni di ricerche, per ricominciare una carriera da biofisico.

[11] Il suo nome è principalmente legato alla meccanica ondulatoria. Il suo contributo alla meccanica quantistica gli valse il Nobel, condiviso con Dirac, nel 1933. 

[12] Il libro, tradotto in sette lingue, vendette oltre centomila copie ed influenzò profondamente la biologia molecolare.

[13] Il secondo principio della termodinamica afferma che in un sistema isolato di reazioni l’entropia tende sempre ad aumentare, fino ad un massimo raggiunto il quale la reazione si arresta. Per tale motivo era stato obiettato che la termodinamica non si potesse applicare allo studio del metabolismo cellulare. Schrödinger spiega che, semplicemente, gli organismi viventi sono da un punto di vista termodinamico dei “sistemi aperti” e non isolati.

[14] Anche Watson ne fu influenzato, vedi John Rennie: “Una conversazione con James D. Watson”, tr. It. in DNA cinquant’anni dopo, p. 5, Le Scienze Dossier 15, 2003.

 

[15] Avery, Mac Leod, Mc Carthy, J. Exptl. Med. 79, 137, 1944.

Si tratta del primo di una serie di lavori che fornirono prove dirette che il DNA è il materiale genetico: il principio trasformante contenuto nell’estratto di una coltura batterica in grado di modificarne un’altra ottenendo batteri che trasmettono stabilmente alla loro progenie quel carattere, si dimostra attraverso saggi chimici qualitativi, analisi chimica elementare e degradazione enzimatica che si tratta di DNA.

[16] Efficace la definizione che ne aveva dato in quegli anni il ricercatore italiano Salvatore Eduardo Luria: parassiti a livello genetico. Ricordiamo che proprio per gli studi sul DNA dei batteriofagi, molto tempo dopo (1969), ottenne il premio Nobel.

[17] John Randall, per il livello accademico raggiunto, era il responsabile dei progetti di quella branca, verosimilmente stilati in massima parte dallo stesso Wilkins. 

[18] Paolo Nagai morì il primo maggio 1951. La citazione è tratta da Paolo Nagai, Nel deserto dell’atomica, edizioni ISME.

 

[19] Non fu affatto casuale l’osservazione del DNA condotta su gel che lo indusse ad impiegare la diffrazione dei raggi-X, come ancora si afferma o si lascia intendere (cfr. DNA cinquant’anni dopo, p. 19, Le Scienze Dossier, numero 15, 2003): il progetto su cui lavorava era proprio lo studio biofisico della struttura del DNA.

[20] Discorso tenuto al Senato del Regno d’Italia da Benedetto Croce il 9 dicembre del 1920.

[21] Vedi le sue dichiarazioni riportate nei volumi dedicati alla memoria di quei giorni, ed anche la scheda editoriale in “Una conversazione con James D. Watson”, intervista rilasciata a John Rennie, direttore di Scientific American ed in parte tradotta in DNA cinquant’anni dopo, pp. 4-7, Le Scienze Dossier, numero 15, 2003.

[22] Salvatore Eduardo Luria era Torinese e proveniva dallo stesso laboratorio, quello di Giuseppe Levi, da cui verranno altri due premi Nobel, ossia Dulbecco e Rita levi-Montalcini. Luria assunse la cittadinanza americana nel 1947, per questo lo si considera spesso di quel paese. Durante il maccartismo fu guardato con sospetto dall’establishment americano per la sua adesione ad idee socialiste ed anti-militariste.

[23] Notiamo che nel 1950 Maurice Wilkins era divenuto Assistant Director del Medical Research Council Unit. Nel 1955 diverrà Deputy Director. Al King’s College si costituì un Sub-Dipartimento di Biofisica che diede a Wilkins il titolo di Honorary Lecturer. Nel 1961 fu poi creato un vero e proprio Dipartimento di Biofisica.

[24] Da notare che anche lui era un biofisico.

[25] La celebre comunicazione alla rivista Nature (J. D. Watson & F. H. C. Crick, Molecular Structure of Nucleic Acids – A structure for Deoxyribose Nucleic Acid, Nature 171 No 4356, 737-738, April 25, 1953) reca come prima firma quella del venticinquenne James Watson.

[26] Nel 1956 le fu diagnosticato il cancro dell’ovaio che la portò a morte nel 1958. Senz’altro l’esposizione alle radiazioni le fu fatale. E’ opinione di molti che se fosse rimasta in vita avrebbe ricevuto i meritati riconoscimenti e, probabilmente, anche il Nobel.

[27] Wilkins era vice-direttore (Deputy Director) e svolgeva materialmente e costantemente la funzione di supervisore delle attività assegnate a Goslin ed alla Franklin. Ricoprì quell’incarico fino al 1970, quando divenne direttore. Nel 1974 passò alla direzione dell’Unità di Neurobiologia del Medical Research Council.

[28] In questo errore, seguendo biografie un po’ romanzate, cade anche il  Dizionario degli Scienziati e dei Tecnici della Zanichelli (vedi pp. 570-571).

[29] Vedi F. H. C. Crick, La struttura del materiale ereditario, p. 14, in DNA cinquant’anni dopo, op. Cit., pp. 8-15.   

[30] Sulle teste di spermatozoo Wilkins aveva lavorato in precedenza da solo e il lavoro sul DNA dei batteriofagi era stato ispirato dalla scuola di Luria tramite Watson.

[31] “Una conversazione con James D. Watson”, intervista rilasciata a John Rennie, direttore di Scientific American in DNA cinquant’anni dopo, pp. 5-6, Le Scienze Dossier, numero 15, 2003.

 

[32] Erwin Chargaff, biochimico statunitense di origine austriaca, ebbe una parte straordinariamente importante per la comprensione dell’organizzazione molecolare del DNA definendo i rapporti, costanti ed indipendenti dalla specie, fra purine e pirimidine, che sintetizzò in 4 leggi (Postulati di Chargaff). Questo vincolo costituì il punto di ancoraggio che diede l’avvio alla febbrile ed intensa ricerca dell’organizzazione delle catene di pentoso-fosfato. Chargaff, ritenuto da molti il “grande dimenticato” della scoperta della struttura del DNA, divenne celebre per le sue sferzanti critiche alla società dei consumi che vedeva in costante ed inarrestabile declino culturale.

[33] Linus Carl Pauling fin dall’epoca del suo dottorato (1922-25) impiegò la diffrazione dei raggi-X; applicandola allo studio dei legami negli aminoacidi e nei dipeptidi, per determinarne l’orientamento e la distanza atomica, alla fine degli anni Trenta scoprì la struttura ad “alfa-elica” delle proteine. Lo studio delle immagini di diffrazione del DNA lo indusse ad elaborare un modello ad elica anche per questa molecola, ma suppose che le catene fossero tre. Nel 1953 fornì il manoscritto non ancora pubblicato con la sua tripla elica a Francis Crick e James Watson, i quali ne fanno esplicita menzione nella celebre comunicazione a Nature (vedi nota 24). Nel 1954 Pauling riceve il premio Nobel per la chimica. La sua straordinaria statura morale e il suo impegno per il disarmo bilaterale gli valsero il Nobel per la Pace nel 1963.

[34] Cui partecipò lo stesso Watson. Alcuni hanno speculato ritenendo quel seminario una prova del fatto che la Franklin sarebbe arrivata per prima a comprendere l’esatta struttura. Da notare che Watson, oltre a dimostrare perché non era chimicamente convincente la struttura a tripla elica di Pauling (i gruppi fosfato carichi negativamente rivolti verso l’interno si sarebbero respinti ed alcune distanze di Van der Waals erano troppo corte) aveva studiato in quell’anno  un manoscritto non pubblicato di Frazer che questi aveva sottoposto a Francis Crick (v. art. cit., nota 24) con un altro modello a tripla elica, male definito, ma con la soluzione dei gruppi fosfato rivolti all’esterno e le basi azotate all’inteno.

[35] Esemplare al riguardo la discutibile biografia di Brenda Maddox: Rosalind Franklin.The Dark Lady of DNA, Harper Collins, 2002.

[36] Wilkins non si sposò fino all’età di 43 anni. Nel 1959, ovvero un anno dopo la morte di Rosalind Franklin, sposa Patricia Ann Chidgey, dalla quale avrà due figli: Sarah e George.

[37] Luria fu insignito del premio Nobel nel 1969: non fece scalpore la sua decisione di devolverne una parte a favore di gruppi pacifisti, perché il suo impegno per la pace era noto dagli anni Quaranta.

[38] M. Spencer, W. Fuller, M. H. F. Wilkins, and G. L. Brown: “Determination of the helical configuration of ribonucleic acid molecules by X-ray diffraction study of crystalline amino-acid-transfer ribonucleic acid” Nature, 194, 1014, 1962.