COSA RENDE UNICO IL CERVELLO UMANO

 

 

(QUARTO INCONTROseconda parte)

 

 

Ecco il resoconto della seconda parte del quarto ed ultimo appuntamento dedicato alla comparazione mediante metodiche di neuroimaging, nell’ambito degli incontri di studio sul tema “Le differenze neurobiologiche all’origine dell’unicità umana”.

 

Nel 2008 Rilling e collaboratori hanno pubblicato il primo studio comparativo mediante DTI del fascicolo arcuato umano, di scimpanzé e di macaco. Nella nostra specie l’importanza di questo tratto di sostanza bianca, come è noto, consiste nel suo specifico ruolo di collegamento fra le aree temporali postero-superiori deputate alla elaborazione recettiva del linguaggio (area di Wernicke) e il piede della terza circonvoluzione frontale (area di Broca) dove avvengono processi importanti per il controllo esecutivo della parola. I ricercatori hanno sviluppato le tracce dei collegamenti nelle tre specie, rilevando un fascicolo arcuato ben definito nell’uomo e nello scimpanzé, ma non nel macaco. Solo nel cervello umano era presente un contingente di fibre diretto alla circonvoluzione temporale media e distinto dal complesso di assoni orientati dall’area di Wernicke a quella di Broca.

Studi di neuroimmagine funzionale, condotti anche dallo stesso Rilling, suggeriscono che la corteccia del giro temporale medio abbia un ruolo nella rappresentazione del significato delle parole. Notando che la corteccia infero-temporale visiva è situata più posteriormente ed inferiormente nell’uomo rispetto al macaco, Rilling ed altri ipotizzano che nell’evoluzione umana si sia avuta un’espansione e una specializzazione della corteccia della circonvoluzione temporale media, costituendo un adattamento che può considerarsi una novità evolutiva connessa con le nostre abilità di elaborazione cognitiva dei codici acustici che veicolano la comunicazione verbale.

Oltre a questo tipo di studio strutturale delle connessioni, numerosi gruppi di ricerca sono impegnati nel confronto funzionale dei collegamenti fra aree dell’encefalo, impiegando una metodica classica di medicina nucleare come la tomografia ad emissione di positroni (PET) e, più limitatamente, la risonanza magnetica funzionale (fMRI) il cui impiego, ormai di routine nella sperimentazione sull’uomo, è ancora problematico nei primati subumani. Infatti, la maggiore difficoltà consiste nel cercare di ottenere che le scimmie accettino docilmente di introdursi nel gantry nella posizione obbligata, con l’immobilità del capo necessaria alla buona qualità di rappresentazione delle incidenze tomografiche. Naturalmente, quando si tratta di un semplice studio morfologico con MRI, l’ostacolo costituito da timore e irrequietezza può essere aggirato con una lieve anestesia ma, quando si deve studiare la connettività funzionale con fMRI, non si possono certo anestetizzare le scimmie, perché il presupposto è che gli animali siano svegli, reattivi e collaboranti nell’esecuzione di prove identiche a quelle cui si sottopongono i volontari umani, allo scopo di confrontare i patterns indotti dall’attività. Poiché i macachi sembrano essere l’unico tipo di scimmia che accetta la costrizione fisica necessaria per queste prove, gli studi di comparazione funzionale basati sulla risonanza magnetica sono quasi esclusivamente costituiti dal confronto uomo/macaco.

Questi studi hanno evidenziato differenze rilevanti nella responsività di regioni collegate alla percezione del contrasto e del movimento, nella corteccia visiva extrastriata dorsale e nella corteccia parietale posteriore. Il complesso delle differenze rilevate negli ultimi anni è sufficiente a complicare di molto il quadro delle omologie uomo/macaco, evidenziando che la nostra specie possiede aree specifiche della corteccia cerebrale del tutto assenti nel macaco.

La somiglianza genetica e la prossimità cognitiva dello scimpanzé all’uomo sono tali che i ricercatori continuano a sperare di poterne studiare il cervello mediante neuroimaging funzionale. Anche se le apparecchiature di cui attualmente si dispone non appaiono adeguate alla potenza fisica di questi animali, si pensa a degli adattamenti o almeno allo studio mediante fMRI della rete di default[1] nel cervello in stato di riposo funzionale per effetto di una blanda anestesia.

Intanto informazioni funzionali preziose, anche se prive dell’alta risoluzione spaziale della fMRI, si ottengono con una collaudata metodica di medicina nucleare, ossia la tomografia ad emissione di positroni (PET) con 18-fluorodesossiglucosio (18-FDG). In questo approccio, inizialmente messo a punto per i macachi sulla falsariga dell’impiego nell’uomo, il ricercatore somministra il 18-FDG all’inizio della sessione sperimentale e, quando lo zucchero legato all’emettitore di positroni raggiunge il plateau nel sangue (45-60 minuti), l’animale è anestetizzato e studiato mediante scansione. Rilling (2007) ha usato questa tecnica per confrontare lo stato di riposo del cervello umano con quello di scimpanzé, rilevando un’importante somiglianza ed un’altrettanto rilevante differenza: entrambe le specie presentavano un’attivazione della corteccia frontale mediale e posteromediale (due costituenti della rete di default implicati nella rievocazione di ricordi dai contenuti emozionali e nella proiezione mentale di sé); solo i volontari umani mostravano attivazione di regioni corticali laterali dell’emisfero sinistro associate al linguaggio e alla rappresentazione concettuale.

Poiché l’anestesia leggera riduce ma non elimina l’attività corticale, si può cercare di individuare gli schemi di coattivazione regionale che riflettono patterns di connessione anatomo-funzionale usando la cosiddetta fcMRI (functional connectivity Magnetic Resonance Imaging). Attualmente sono in corso studi con questa metodica che, si spera, possano aggiungere ai dati ottenuti mediante DTI informazioni funzionali rilevanti per la comprensione dell’evoluzione del cervello umano.

 

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Al termine dell’incontro, che ha chiuso i lavori su “Le differenze neurobiologiche all’origine dell’unicità umana”, i professori Rossi, Cardon e Richmond hanno tratto le conclusioni sulle prospettive dei singoli campi metodologici di indagine, e il presidente Perrella ha ricordato una notevole difficoltà per il futuro di queste ricerche: gli scimpanzé che vivono allo stato selvatico sono in via di estinzione, mentre per quelli allevati presso l’NIH, che costituiscono la maggiore frazione di questa specie vivente negli USA, si è deciso di non finanziare più la riproduzione in cattività.

 

Lorenzo L. Borgia

BM&L-Maggio 2010

www.brainmindlife.org

 

[Tipologia del testo: RESOCONTO DI UN CONVEGNO]

 

 

 

 

 

 

 



[1] Si consiglia di scorrere l’elenco delle “Note e Notizie” per le recensioni di interessanti lavori sulla rete di default.