Un gene di suscettibilità alla lebbra è stato localizzato sul cromosoma 6 (q25)

 

 

Marcelo T. Mira e collaboratori (Chromosome 6q25 is linked to susceptibility to leprosy, Nature Genetics, letter, advance online publication, 2003) usando la tecnica nota come model-free linkage analysis, hanno trovato evidenze significative per la presenza di un gene di suscettibilità alla lebbra sul segmento q25 del cromosoma 6, in una indagine per la ricerca di loci di suscettibilità nell’intero genoma, in 86 famiglie affette provenienti del Vietnam del sud, che includevano ben 205 fratelli colpiti. Il controllo è stato effettuato svolgendo uno studio parallelo su 208 famiglie (197 vietnamite e le rimanenti di altra origine).

La lebbra, il flagello biblico la cui prima menzione scritta che si conosca risale al 600 a.C., è una malattia infettiva ad evoluzione cronica causata da Mycobacterium lepre, che ancora, secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, colpisce 700.000 persone l’anno (World Health Organization. Leprosy. Global situation. Wkly. Epidemiol. Rec. 77, 1-8, 2002) e rappresenta la prima causa al mondo di neuropatia periferica. Dovrebbe indignare questa realtà, se si pensa che da molto tempo la lebbra è una malattia guaribile con l’impiego di una terapia standardizzata da 22 anni (World Health Organization Study Group, Multidrug therapy: dapsone, rifampicin, clofazimine, 1981) in grado, se tempestivamente istituita, di prevenire le gravi complicanze.

Le complicanze della lebbra che comportano mutilazione degli arti, spesso delle dita, compromissione degli occhi, cicatrici deformanti e deturpanti per l’interessamento della pelle,  sequele neurologiche di vario genere e grado, costituiscono delle vere e proprie fonti di patologia psichica e somato-psichica. Oltre a problemi derivanti dall’esclusione, dalla percezione del timore e della repulsione che gli altri provano per la persona affetta, si aggiungono disturbi derivanti dall’alterazione dell’immagine di sé, per la parte legata al corpo ed alla sua rappresentazione mentale sia procedurale che cosciente. La depressione reattiva, che accompagna in grado maggiore o minore ogni malattia che duri nel tempo, peggiora il quadro le cui forme sono influenzate dalla realtà culturale e socio-relazionale della persona affetta. In molte regioni del mondo sopravvivono credenze superstiziose e tribali che rendono difficile l’intervento diagnostico-terapeutico e talvolta impossibile la vita delle persone affette.

Studi come questo rappresentano una goccia nel mare della ricerca che mira a definire le condizioni di maggior suscettibilità all’infezione da parte di gruppi, nell’ambito di popolazioni, ma in termini di utilità ed efficacia, la priorità è ancora costituita dal problema della cura della persone affette per l’impossibilità di mettere in atto i piani di eradicazione per le condizioni politiche e culturali dei paesi in cui c’è il più alto tasso di endemia. L’American Leprosy Missions (ALM), organizzazione internazionale non-profit costituita da tutte le associazioni più qualificate impegnate nella lotta alla lebbra, svolge un lavoro coraggioso ed eroico in tutto il mondo, ma molto si deve ancora fare perché cambino le condizioni sociali e la sensibilità al riguardo da parte delle classi dirigenti. Linda Faye Lehman, nostro scientific chairman in America, compie innumerevoli missioni ogni anno come didatta e supervisore delle terapie neurologiche di riabilitazione e con molte altre funzioni; è appena tornata dall’Africa in Brasile (la dottoressa Lehman è del New Mexico ma lavora presso la sede brasiliana dell’ALM) e deve di nuovo partire per la Repubblica Democratica del Congo, dove alcuni giorni fa hanno massacrato più di mille persone in una sola giornata. In queste condizioni è davvero difficile il dialogo con i responsabili della sanità e sembra quasi un lusso potersi occupare dei problemi psichici di migliaia di bambini, ma anche di persone di ogni altra età colpite dalla lebbra. E’ scandaloso, se si pensa che da tempo la Novartis Foundation for Sustainable Development ha messo a disposizione gratuitamente i farmaci necessari per la terapia. Purtroppo il numero di medici, terapisti ed infermieri missionari che si contagia ogni anno è ancora altissimo, soprattutto nei 10 paesi che, presi insieme, secondo l’OMS rendono conto del 90% della prevalenza della malattia nel mondo: Repubblica Democratica del Congo, India, Tanzania, Madagascar, Indonesia, Guinea, Myanmar, Nepal, Brasile, Mozambico. Se la situazione rimarrà a lungo immutata, come sostiene la Global Alliance for Elimination of Leprosy, non rimane che studiare i profili genetici di suscettibilità per i sanitari missionari, per cercare di ridurre l’esposizione al contagio dei più predisposti.     

                                                                              

                                                                                                                                  BML- Aprile 2003