BASI DEGLI EFFETTI BENEFICI DI UMORISMO E RISATE

 

(SESTA PARTE)

 

La percezione del grottesco in una situazione o del comico in un comportamento, avviene con immediatezza e sembra rivelare una capacità che poco si presta alla scomposizione in parti, invece la comprensione del senso umoristico di una breve storia o di un gioco di parole, consente un’analisi dettagliata degli elementi necessari e sufficienti a generare il riso, costituendo un oggetto di studio che, dal celebre saggio di Freud[1] in poi, ha una sua tradizione nell’ambito della psicologia. La capacità di afferrare il senso e cogliere l’aspetto divertente di un motto di spirito, richiede dei rapidi processi mentali dei quali si indaga il fondamento neurobiologico nell’attività di reti neuroniche che da poco tempo si è cominciato a localizzare. Le difficoltà che si incontrano in questo campo non sono tanto diverse da quelle che affrontano i ricercatori che studiano le basi di altre attività cognitive e psichiche in generale e, dunque, in questo come in altri casi, si deve tener conto che la logica della ripartizione funzionale del sistema nervoso non segue la categorie culturali. Non è perciò lecito attendersi che lo studio fMRI durante l’ascolto di una battuta spiritosa basata su un paradosso, evidenzi una sorta di “area delle incongruenze”, e nell’ascolto di una storiella che gioca su un doppio senso accenda parallelamente due aree semantiche diverse[2]. Inoltre, le numerose classificazioni[3] di tipo psicologico, logico, artistico e di altro genere, non possono essere di grande aiuto per i ricercatori allo stato attuale delle conoscenze di neurofisiologia dei sistemi e dei mezzi di indagine di cui si dispone.

L’opinione della maggior parte dei ricercatori è che il senso dell’umorismo ha la sua base cerebrale in una rete di regioni interconnesse che cooperano per creare questa speciale facoltà. Molti studi sono stati condotti sulla base dell’ipotesi che la stazione principale in questa elaborazione multipla in parallelo sia la corteccia prefrontale. Danni a questa regione, infatti, spesso compromettono gravemente la capacità di afferrare il senso e reagire emotivamente ai motti di spirito. Alcuni studi hanno rilevato che maggiore è il divertimento, maggiore è l’attivazione di questa parte della neocorteccia.

Altri studi hanno invece concentrato l’attenzione sul ruolo dell’amigdala, complesso nucleare considerato spesso un “generatore di emozioni” e noto soprattutto per la mediazione della paura e di altre risposte emotive legate all’ansia e alla fuga. Della rete di aree  sembrano far parte anche il nucleo accumbens e tutte le principali stazioni di elaborazione del sistema a ricompensa cerebrale, ma sull’importanza relativa di ciascuno di questi aggregati di neuroni non sono stati rilevati risultati concordanti.

Nel 2005, uno studio condotto da Allan L. Reiss e colleghi della Stanford University School of Medicine, ha provato a spiegare le apparenti incongruenze fra gli esiti delle diverse ricerche suggerendo che le regioni del cervello attivate da una barzelletta o da un cartone animato divertente, dipendono dalla personalità dell’individuo[4].

Reiss e collaboratori hanno infatti rilevato quadri funzionali diversi in rapporto al profilo di personalità. Alla vista di cartoni animati divertenti, le persone estroverse attivano in preferenza la corteccia prefrontale e la vicina corteccia orbitofrontale; quelle introverse, invece, attivano l’amigdala e la parte frontale del lobo temporale.

 

[continua]

 

La curatrice della nota ringrazia il Presidente della Società Nazionale di Neuroscienze, Giuseppe Perrella, autore della relazione qui sintetizzata e divisa in parti per i visitatori del sito.

 

Isabella Floriani

BM&L-Giugno 2009

www.brainmindlife.org

 

 

[Tipologia del testo: SINTESI DI UNA RELAZIONE]

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Sigmund Freud, Der Witz und seine Beziehung zum Unbewußten. Gesammelte Werke, Imago Publishing Co., London 1941.

[2] Del rischio di cadere in una versione attuale dell’errore dei vecchi frenologi, che attribuivano facoltà e inclinazioni a presunti “organi mentali”, nella localizzazione delle funzioni mediante risonanza magnetica funzionale (RMF o fMRI), si è ampiamente discusso in molti scritti che appaiono nelle “Note e Notizie”, ai quali si rimanda il lettore.

[3] Ricordiamo che nel testo freudiano i motti di spirito sono distinti e caratterizzati in base a tre criteri, ossia la tecnica, lo scopo e la natura, ciascun criterio consente l’attribuzione ad uno di due sottogruppi: 1) secondo la TECNICA impiegata possono essere verbali o concettuali; 2) secondo lo SCOPO, innocenti o tendenziosi; 3) secondo la NATURA, banali o profondi. 

[4] Citato da Ingrid Wickelgren in “Humor in the Brain” Scientific American MIND 20 (2): 28, April/May/June 2009.