BASI DEGLI EFFETTI BENEFICI DI UMORISMO E RISATE

 

(QUARTA PARTE)

 

Gli studi condotti secondo le teorie e i metodi della psicologia, anche se non possono offrire il grado di certezza sperimentale che caratterizza i risultati ottenuti seguendo criteri neurofisiologici, presentano un rilievo particolare in quanto la loro analisi si compie ad un livello meno elementare ed esplora caratteristiche di personalità che possono influire sulle reazioni psico-fisiche alle esperienze.

La tendenza ad essere seriosi, ossia a non assumere facilmente l’atteggiamento mentale di chi è disposto a cogliere gli aspetti umoristici della realtà, sembra non aiuti a sopportare il dolore. Misurando la seriosità con la scala STCI, è risultato che i volontari con i punteggi più bassi, e quindi presumibilmente più tendenti alla spensieratezza, erano quelli dal sorriso e dalle risate più spontanee ed autentiche, dalle quali ricavavano una maggiore riduzione del dolore percepito durante le prove. Può destare qualche perplessità l’interpretazione di questo risultato fornita dagli autori dello studio: le persone meno sobrie e compassate -secondo loro- non prenderebbero sul serio nemmeno il dolore. Appare invece più che fondata la loro proposta di considerare il grado di seriosità e di giocosità della persona quale indice del livello presumibile di efficacia di un intervento terapeutico basato su umorismo e comicità[1].

Gli studi psicologici hanno esplorato anche altri effetti positivi dell’essere allegri e divertenti e, con ciò, propensi a cogliere aspetti risibili della realtà e a trasmettere buon umore alle persone con le quali si entra in rapporto. Tale disposizione accresce la possibilità di acquisire nuovi amici e di nutrire i rapporti già esistenti e, accompagnandosi di frequente ad uno stile relazionale più aperto e diretto alle emozioni e ai sentimenti, facilita lo stabilirsi di legami stretti in tempi brevi e, in un’ottica di psicologia collettiva, si può dire che favorisca il sostegno sociale.

Nel 2006, gli psicologi Eric R. Bressler del Westfield State College e Sigal Balshine della McMaster University in Ontario, nei loro esperimenti hanno rilevato che le donne avevano una maggiore propensione a ritenere un uomo visto in fotografia un compagno desiderabile per un rapporto, se l’immagine era accompagnata da una citazione divertente attribuita all’uomo in questione[2]. Altro dato di rilievo è che le donne partecipanti allo studio preferivano gli uomini divertenti agli altri, anche a dispetto del fatto che li stimassero meno intelligenti e meno affidabili della media[3].

In questo lavoro si riporta che gli uomini non mostravano preferenze per le donne spiritose, ma bisogna notare che in molti studi, nella scelta del partner, sia gli uomini che le donne hanno considerato il senso dell’umorismo come una qualità. D’altra parte, sembra che gli uomini gradiscano particolarmente le donne che ridono per i loro motti di spirito[4].

In proposito, ricordiamo il curioso risultato di uno studio non recente (1990) sulle conversazioni spontanee intercorrenti fra un uomo e una donna[5]: la quantità delle risate della donna era un buon indicatore sia dell’interesse di questa nell’incontrare l’uomo, sia dell’attrazione sessuale in lui suscitata[6]. Al contrario, le risate dell’uomo non apparivano in rapporto con interesse ed attrazione di nessuno dei due per l’altro.

 

[continua]

 

La curatrice della nota ringrazia il Presidente della Società Nazionale di Neuroscienze, Giuseppe Perrella, autore della relazione qui sintetizzata e divisa in parti per i visitatori del sito.

 

Isabella Floriani

BM&L-Giugno 2009

www.brainmindlife.org

 

[Tipologia del testo: SINTESI DI UNA RELAZIONE]

 

 

 

 

 

 

 



[1] Si veda alle pagine 29-30 di Steve Ayan, Laughing Matters. Scientific American MIND 20 (2): 24-31, April/May/June 2009.

[2] Bressler E. R. & Balshine S. The Influence of Humor on Desiderability. Evolution and Human Behavior 27, 29-39, 2006.

[3] Quanto incidano i fattori culturali è difficile dirlo, mentre è facile affermare che l’esito di questo studio non sorprende affatto chi abbia un po’ di esperienza di vita nei rapporti umani e una buona conoscenza di personaggi della narrativa e della letteratura classica. Molto si è speculato in passato sull’influenza di prototipi e stereotipi del maschio sul comportamento femminile, anche se non sono mancati gli antropologi di formazione biologica ed evoluzionista che hanno giustificato tali preferenze sulla base del vantaggio selettivo di patterns comportamentali di origine neuroendocrina.

[4] Si veda in Steve Ayan, op. Cit., p. 30.

[5] Steve Ayan, op. Cit., ibidem.

[6] Anche qui si può dire che il dato non è nuovo e, se un rammentare colto ce lo fa rintracciare nel teatro greco, la cultura popolare lo considera acquisito, come nel riferimento implicito in una vecchia canzone di Charles Aznavour (“Ed io tra di voi”): tu ridi troppo, hai scelto già.