BASI DEGLI EFFETTI BENEFICI DI UMORISMO E RISATE

 

(SECONDA PARTE)

 

Al filone che studia il ruolo fisiologico del ridere, ossia che assume come punto di partenza la manifestazione neuromotoria e non lo stato mentale, appartengono le ricerche che hanno valutato l’effetto della mimica facciale sulla propensione al riso. L’atteggiamento del volto, dipendente dall’azione dei rami del VII paio dei nervi cranici sui muscoli mimici facciali, sembra poter influenzare a ritroso l’entità della manifestazione che esprime divertimento. In proposito si citano spesso le ricerche condotte oltre tre decadi fa dal gruppo di Fritz Strack dell’Università di Würzburg (Germania); in particolare si fa riferimento ad un curioso esperimento condotto con due gruppi di volontari nel 1988: si chiese al primo gruppo di esercitarsi a tenere una penna con i denti in modo da simulare un sorriso, e al secondo gruppo di reggerla con le labbra sporgenti in un atteggiamento simile a un’espressione di dispiacere o delusione. Successivamente, quando tutti i partecipanti all’esperimento assisterono a cartoni animati esilaranti, coloro che erano stati costretti a simulare il sorriso manifestarono il divertimento con maggiore esuberanza ed intensità dei volontari che avevano tenuto la penna con una sorta di “muso imbronciato”.

Questo genere di studi, che prosegue con risultati non dissimili da quelli ottenuti da Strack, richiama l’attenzione sull’influenza che le espressioni e l’atteggiamento possono avere sulle emozioni e suffraga l’idea che il semplice atto del ridere, indipendentemente dallo stato mentale che elabora comicità ed umorismo, possa produrre benefici effetti fisiologici e psicologici. Su tale assunto si è basato lo “yoga della risata” ideato dal medico Madan Kataria che ha fondato il celebre laughter yoga movement, noto per aver istituito in tutto il mondo il “giorno della risata”[1]. Questa forma di terapia comportamentale prevede un programma di esercizi di gruppo che simulano le manifestazioni mimiche, posturali e motorie del riso, e sfrutta l’effetto di innesco dato da un meccanismo di contagio simile a quello dello sbadiglio, probabilmente mediato dal sistema dei neuroni specchio.

La maggior parte dei ricercatori rimane scettica sulla portata degli effetti fisiologici della risata simulata in quanto tale, e la psichiatra dell’Università di Tübingen Barbara Wild che ha studiato il metodo di Kataria, ritiene che le sensazioni di benessere riferite dai partecipanti ai gruppi di esercitazione siano principalmente da ascriversi al complesso di stimoli derivanti dall’esperienza di gruppo. Si deve infatti notare che vari aspetti della predisposizione psicologica, della situazione di contesto e dell’interazione con l’istruttore e con i partecipanti, difficilmente possono ritenersi irrilevanti. Basti pensare all’eccitazione indotta dalla presenza di persone di entrambi i sessi che si incontrano per ridere insieme, alle condizioni di reale divertimento che spesso deriva dall’aspetto buffo assunto da alcuni nell’esecuzione degli esercizi, o agli effetti evocativi indotti dall’ascolto di un modo insolito e poco contenuto di ridere, come quello a raffiche di intensità crescente e quasi parossistica che normalmente si presentano nei bambini, o a vocalizzi chiocci e a suoni vocali improvvisi e curiosi dovuti all’inspirazione forzata dalla riduzione di apporto di ossigeno conseguente a un clono risorio protratto.

Lo studio della fisiologia dei partecipanti alle sessioni di questo yoga speciale non potrebbe perciò fornire dati puri sull’effetto esclusivo del pattern motorio funzionale della risata sulla mente e sul corpo[2]. Ma, accantonata la pretesa un po’ datata di scindere le manifestazioni neuromotorie della risata dallo stato funzionale del cervello, un tipo di ricerca che appare più interessante è quella che valuta le conseguenze in termini neuroendocrinologici e immunologici di esperienze che provocano il riso.

E’ stato studiato l’effetto della visione di film comici sulla concentrazione plasmatica di ormoni dello stress: un netto crollo del tasso di cortisolo circolante è stato costantemente riscontrato, accanto a modifiche irrilevanti delle altre molecole saggiate, come le catecolamine. Il cortisolo è attualmente ritenuto il principale dei mediatori delle risposte di scompenso omeostatico che rientrano nella definizione fisiologica di stress[3], e una delle molecole-chiave nell’induzione della depressione e di altri disturbi conseguenti agli effetti cerbrolesivi innescati dal circuito locus coeruleus-amigdala (CRH)[4]. E’ anche noto che livelli cronicamente elevati di cortisolo determinano un effetto immunosoppressivo. Seguendo questa traccia in una chiave di lettura evoluzionistica, si è ipotizzato che la risata abbia, insieme con gli affetti positivi, un fine protettivo per la vita dell’organismo: riduce la tossicità da stress sia nei suoi effetti diretti sul cervello (perdita di neuroni dell’ippocampo e di altre aree sensibili) sia nei suoi effetti indiretti, come quelli immunosoppressivi.

In accordo con questa ipotesi, in vari esperimenti il ridere determinava un aumento dei linfociti NK (natural killer) nella saliva di soggetti volontari sani.

 

[continua]

 

La curatrice della nota ringrazia il Presidente della Società Nazionale di Neuroscienze, Giuseppe Perrella, autore della relazione qui sintetizzata e divisa in parti per i visitatori del sito.

 

Isabella Floriani

BM&L-Maggio 2009

www.brainmindlife.org

 

 

[Tipologia del testo: SINTESI DI UNA RELAZIONE]

 

 

 

 

 

 

 



[1] Il primo Laughter Day ebbe luogo in India, a Mumbai, l’11 gennaio 1998. Da allora numerosi eventi dedicati alla risata e alle manifestazioni dell’umore allegro sono stati programmati in Australia, in America e in Europa.

[2] Prospettiva che, in ogni caso, ha attualmente uno scarso interesse, perché abbiamo sufficienti dati e nozioni per considerare i processi centrali e periferici quali parti di un complesso insieme che continuamente integra e sintetizza le attività locali in un quadro globale di equilibri funzionali.

[3] Si veda in G. Perrella, Lezioni di Neurochimica. BM&L, Firenze 2006, e G. Perrella, Il Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD). Università degli Studi di Napoli Federico II, Napoli 2005.

[4] Si veda sul sito seguendo il percorso RUBRICHE – INTERVISTE – Intervista a Giuseppe Perrella: in risposta alla sedicesima domanda il presidente sintetizza in quattro punti gli eventi principali identificati nella patogenesi della depressione da stress. Qui ricordiamo che il CRH rilasciato dall’amigdala può considerarsi il punto di partenza della via che media la risposta acuta alla paura e a fattori stressanti; quando lo stress diventa cronico, i glucocorticoidi attivano i neuroni nor-adrenergici del locus coeruleus, che stimola l’amigdala avviando un circolo vizioso che perpetua uno stato di allarme e squilibrio omeostatico con conseguenze tossiche per il cervello.