SINDROME DI TOURETTE E ISTIDINA DECARBOSSILASI

 

 

La sindrome di Tourette (Disturbo di Tourette, F95.2 del DSM-IV-TR e 307.23 dell’ICD-10) ha una forte base genetica, ma l’esatta definizione dei geni le cui alterazioni sarebbero responsabili del quadro clinico o degli alleli di rischio è risultata oltremodo difficile, a causa del complesso pattern ereditario di questo disturbo neurologico. Ora uno studio genetico fornisce evidenti indicazioni a sostegno di un’alterazione dei sistemi istaminergici.

Ercan-Sencicek e collaboratori della Yale University School of Medicine, New Haven, hanno realizzato una linkage analysis in due generazioni di una famiglia in cui la sindrome sembra essere segregata secondo una modalità mendeliana autosomica dominante (Ercan-Sencicek A. G., et al.  L-histidine decarboxylase and Tourette’s syndrome. New England Journal of Medicine 362 (20), 1901-1908, 2010).

La sindrome per la prima volta descritta da Gilles de la Tourette nel 1885 è attualmente considerata un disturbo neuropsichiatrico dello sviluppo caratterizzato principalmente dalla produzione improvvisa di movimenti ad esecuzione rapida ed involontaria (tics)[1] e dalla emissione ugualmente impulsiva di suoni vocali o parole che, solo in circa il 10% dei casi, assumono le caratteristiche della coprolalia[2].

L’insorgenza dei sintomi avviene di regola prima dei 18 anni e, nella maggior parte dei studi statunitensi, è collocata fra i 7 e i 10 anni di età; tuttavia sono stati descritti casi con insorgenza intorno ai 2 anni e rari casi ad insorgenza tardiva, ossia oltre i quarant’anni. Il primo sintomo è frequentemente un tic facciale, al quale possono seguire gli altri: ammiccamenti, movimenti delle braccia, salti, calci, scrollate di spalle, emissione di suoni a bocca chiusa come per schiarirsi la voce, tirare su col naso, ecc., ma anche movimenti complessi che, a rigore, non rientrerebbero nella definizione di tic motorio, quali inchinarsi profondamente inginocchiandosi, accovacciarsi, fare piroette, retrocedere per qualche passo mentre si cammina. Non è rara l’insorgenza con sintomi multipli. La presenza di tic motori multipli e di uno o più tic vocali è indispensabile per porre diagnosi (criterio A del DSM). I sintomi si presentano più volte al giorno, in genere in forma di accessi, e sono quasi quotidiani; nel corso di un anno la massima remissione può raggiungere i tre mesi (criterio B del DSM). Le manifestazioni non possono essere attribuite all’uso di farmaci, di stimolanti o alla presenza di malattie neurologiche o condizioni mediche generali. Il decorso è cronico con remissioni anche lunghe e nella maggior parte dei casi[3] i sintomi non scompaiono mai del tutto[4]. L’incidenza è maggiore nel sesso maschile (da 3 a cinque volte secondo gli studi epidemiologici principali) e la prevalenza è nettamente maggiore in età evolutiva.

Le terapie farmacologiche hanno avuto per bersagli i sistemi serotoninergici (inibitori selettivi della ricaptazione di 5-HT) e quelli dopaminergici (vari tipi di neurolettici, più di recente la pimozide [Orap]), ma gli studi neurobiologici indicano la trasmissione istaminergica come candidata alle alterazioni responsabili dei sintomi.

L’analisi effettuata da Ercan-Sencicek e colleghi ha consentito di accertare una rara mutazione funzionale nel gene HDC codificante la L-istidina decarbossilasi, ossia l’enzima che catalizza la decarbossilazione dell’aminoacido istidina nella tappa regolatrice della quantità di istamina prodotta dalla via biosintetica dell’amina biogena. Attualmente si ritiene, da studi effettuati su roditori, che anche nell’uomo varie forme di istidina-decarbossilasi possano derivare da un singolo gene, in particolare gli isoenzimi deriverebbero da modificazioni post-traduzione, anche se non si esclude il contributo di varianti alleliche al complesso delle isoforme. Il gene HDC umano è di grandi dimensioni, costituito da 12 esoni di 2.4 kb. L’enzima è un dimero costituito da due subunità gemelle di 55 kDa ed è una decarbossilasi piridossal-5-fosfato dipendente, come la DOPA decarbossilasi con la quale condivide omologie strutturali.

Anche se i sistemi istaminergici non hanno l’estensione anatomica di altri sistemi, il loro ruolo fisiologico non deve essere sottovalutato; le fibre istaminergiche originate dalla regione tubero-mammillare dell’ipotalamo basale posteriore proiettano alla maggior parte delle aree dell’encefalo[5]. L’istamina, che nel cervello agisce tanto da modulatore quanto da neurotrasmettitore convenzionale, partecipa ad una grande varietà di funzioni e i neuroni istaminergici regolano gli altri sistemi neurotrasmettitoriali e sono da questi regolati, pertanto i terminali sinaptici che rilasciano istamina hanno certamente rilevanza funzionale nelle complesse reti che realizzano la base biologica di alcune funzioni psichiche. Infatti, oltre al ruolo più noto nei cicli sonno-veglia, nella regolazione dell’assunzione del cibo e in varie altre funzioni vegetative e neuroendocrine a mediazione ipotalamica, i neuroni istaminergici partecipano come attivatori ai processi che assicurano la locomozione fisiologica, l’attenzione e l’allerta, e riducono la probabilità di crisi epilettiche.

In conclusione, gli esiti dello studio condotto alla Yale School of Medicine confermano l’ipotesi avanzata in precedenza sulla base di sistemi modello, ossia che un’alterazione della trasmissione istaminergica sia all’origine dei meccanismi che causano il disturbo e di quelli che ne modulano le diverse espressioni.

 

L’autrice della nota ringrazia Giuseppe Perrella, presidente della Società Nazionale di Neuroscienze, con il quale ha discusso l’argomento trattato, e la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza.

 

 

Diane Richmond

BM&L-Giugno 2010

www.brainmindlife.org

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

 

 

 

 



[1] A rigore, il tic consiste nella contrazione rapida e involontaria, con tendenza alla ripetizione, di gruppi muscolari striati che generano un movimento spesso evidente; la contrazione efficace di gruppi muscolari distingue il fenomeno dalle  fibrillazioni, dovute a contrazioni di cellule muscolari senza movimento del muscolo, e dalle fascicolazioni, costituite dalla contrazione di singoli fascicoli di fibrocellule (ciascuno innervato in genere da un singolo assone) nella compagine  di un muscolo. Per un’introduzione ai sintomi motori della sindrome di Tourette come disturbi del movimento si consigliano due trattazioni autorevoli e aggiornate: 1. Jankovic J. Movement disorders. In Goetz, CG, ed. Textbook of Clinical Neurology, capitolo 34, 3rd ed. Saunders Elsevier, Philadelphia, Pa,  2007; 2. Lang A. Other movement disorders. In Goldman L., Ausiello D., eds. Cecil Medicine, capitolo 434, 23rd ed. Saunders Elsevier, Philadelphia, Pa, 2007.

[2] La coprolalia non deve essere intesa nel senso più generale che a questo termine si attribuisce in semeiotica psichiatrica, ma come pronuncia improvvisa, e in genere inappropriata al contesto o al discorso, di parole in sé ritenute volgari od oscene nella realtà linguistica e culturale del paziente.

[3] verosimilmente quelli “puri”, ossia appartenenti realmente alla sindrome causata dall’alterazione genetica che si cerca di caratterizzare nelle famiglie affette, e non nei pazienti che presentano tic nel quadro di altri disturbi non rilevati o correttamente diagnosticati.

[4] In proposito, vogliamo ricordare che gli accostamenti, o addirittura le assimilazioni, della sindrome di Tourette al disturbo ossessivo-compulsivo, non hanno una dimostrata base eziopatogenetica e, pertanto, è prudente ed opportuna mantenere la distinzione. Ricordiamo anche che i bambini affetti da sindrome di Tourette presentano talvolta l’associazione con il deficit dell’attenzione con iperattività e con altre manifestazioni sintomatologiche neuropsichiatriche.

[5] Per i dati qui riportati si veda in Giuseppe Perrella, Appunti di Neurochimica. BM&L, Firenze 2006.