LA TAU INDUCE DEGENERAZIONE MEDIANTE L’ACTINA

 

 

Tau è una proteina che si è rivelata importante per l’assemblaggio e la stabilizzazione dei microtubuli, ed è studiata da decenni per la sua partecipazione alla patogenesi del danno in varie malattie neurodegenerative, alcune delle quali hanno assunto il nome di tauopatie. Nel cervello umano adulto sono espresse sei isoforme della proteina, originate dallo splicing alternativo dell’mRNA di un singolo gene, sito sul cromosoma 17q21. La sua ubicazione fisiologica è nel citoscheletro dell’assone, ma in condizione di patologia neurodegenerativa, insieme con le alterazioni strutturali, si verifica una sorta di redistribuzione del polipeptide nel corpo cellulare e nei dendriti.

La tau è una fosfoproteina, la cui fosforilazione regola negativamente la sua capacità di interagire con i microtubuli. L’accumulo di tau iperfosforilata è associato alla malattia di Alzheimer, alla paralisi sopranucleare progressiva, alla degenerazione cortico-basale ed alla demenza fronto-temporale, inclusa la sua variante nota come malattia di Pick.

Sono ormai numerose le evidenze sperimentali a sostegno del ruolo patogenetico di una proteina tau anomala in queste malattie, tuttavia i meccanismi molecolari di tale processo non sono stati ancora chiariti. Ricerche condotte in vitro hanno individuato fenomeni di interazione fra tau ed actina, ed altri studi hanno suggerito la possibilità che l’aggregazione di actina dia luogo a morte cellulare. Inoltre, nei neuroni di pazienti affetti da varie malattie neurodegenerative, si trovano inclusioni citoplasmatiche ricche di actina.

Su questa base alcuni gruppi di ricerca indagano la possibilità che interazioni tau-actina inducano neurodegenerazione in vivo.

Mel B. Feany e colleghi del Dipartimento di Patologia della Harvard Medical School di Boston, impegnati nello studio di vari aspetti della neurodegenerazione tau-dipendente, in questo mese di febbraio hanno pubblicato su Nature Cell Biology un lavoro condotto in vivo su Drosophila melanogaster, nel quale si prova che tau può indurre neurodegenerazione mediante l’interazione con l’actina (Fulga T. A., et al., Abnormal bundling and accumulation of F-actin mediates tau-induced neuronal degeneration in vivo. Nature Cell Biol. 9, 139-148, 2007).

Lo studio, impiegando vari ceppi di Drosophila che esprimevano il tipo umano normale di tau o una forma mutante associata con la demenza fronto-temporale familiare, dimostra interazioni fra tau iperfosforilata, modificazioni del citoscheletro actinico e neurotossicità.

I risultati del gruppo di Feany dovranno trovare conferma nella sperimentazione condotta su altri modelli animali in vivo, dopodiché sarà necessaria l’identificazione degli eventi a valle di questa interazione, per compiere passi in avanti decisivi nella comprensione del ruolo patogenetico della proteina tau nella neurodegenerazione.

E’ interessante notare che nello scorso mese di gennaio, Mel Feany, ancora in collaborazione con Fulga, ha pubblicato un interessante lavoro -prima firma Dora Dias-Santagata- sul ruolo dello stress ossidativo nella neurodegenerazione tau-dipendente (Oxidative stress mediates tau-induced neurodegeneration in Drosophila. J. Clin Invest. 117, 236-245, 2007).

Dando uno sguardo più ampio ai processi che hanno luogo nella patologia neurodegenerativa -in particolare alla formazione di strutture aberranti di adesione focale basate sull’actina- vogliamo segnalare l’ottimo lavoro condotto presso il laboratorio di neuropatologia sperimentale dell’“Instituto de Investigacion medica Mercedes y Martin Ferreyra” di Cordoba in Argentina, pubblicato nel giugno dello scorso anno (Heredia L. et al., J. Neurosci. 26, 6533-6542, 2006). In questo studio si propone un meccanismo di patogenesi del danno da fibrille del peptide β–amloide nella malattia di Alzheimer, basato sull’attivazione della LIM kinasi-1 (LIMK1). ADF e cofilina sono proteine che si legano all’actina, giocando un ruolo fondamentale nella dinamica dei filamenti di actina: LIMK1 è la chinasi che in condizioni fisiologiche si lega ad ADF/cofilina inibendole.

Non è noto se, le inclusioni ricche di actina che si osservano nelle malattie neurodegenerative, siano parte della cascata di eventi direttamente responsabile delle lesioni o non siano piuttosto espressione di una risposta della cellula nervosa che si difende dall’accumulo tossico dei filamenti di questa proteina. E’ certo, tuttavia, che la migliore comprensione dei processi che riguardano questa importante proteina del citoscheletro, darà un contributo alla composizione del complesso mosaico dal quale emergeranno le risposte del prossimo futuro alle principali domande sulla fisiopatologia e sulla terapia di queste condizioni patologiche purtroppo ancora inguaribili.

 

Nicole Cardon & Giuseppe Perrella

BM&L-Febbraio 2007

www.brainmindlife.org