COME SI RIDUCONO I NEURONI PER UNO STRESS SOCIALE

 

 

Lo stress cronico è un fattore importante nella patogenesi di disturbi psichici caratterizzati da ansia (nevrosi della psicopatologia psicodinamica e fenomenologica) e da alterazioni dell’affettività (depressione) ed è noto che i suoi effetti tossici determinano una riduzione del patrimonio neuronico dell’ippocampo e di altre aree cerebrali.

In modelli animali di disturbi affettivi causati da stress cronico è stata dimostrata l’inibizione della neurogenesi nel giro dentato ippocampale. E’ noto che anche l’esposizione acuta ad un evento traumatico può causare patologia psichica che si accompagna alla diminuzione delle cellule nervose nelle stesse aree per un tempo anche molto protratto, che corrisponde all’andamento cronico del “Disturbo Post-traumatico da Stress” (si veda: Giuseppe Perrella, Il Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD). Dipartimento di Neuroscienze - Università Federico II, Napoli 2005).

E’ stato a lungo oggetto di dibattito se l’evento traumatico, come lo stress cronico, causi questo effetto mediante l’inibizione della neurogenesi.

Thomas, Hotsenpiller e Peterson del Dipartimento di Neuroscienze della Rosalind Franklin University di Chicago, hanno definito un elegante disegno sperimentale volto ad accertare, in ratti Sprague-Dawley maschi adulti, se un’esperienza psicosociale acutamente stressante ed altamente frustrante agisca sulla proliferazione e sulla sopravvivenza (immediata, di breve e lungo termine) dei neuroni di nuova genesi (Thomas R. M., et al. Acute psychosocial stress reduces cell survival in adult hippocampal neurogenesis without altering proliferation. J. Neurosci. 27, 2734-2743, 2007).

A questo scopo i ricercatori hanno impiegato un paradigma di “dominanza sociale naturale” estesamente usato nella sperimentazione animale: si consente ad un intruso di violare il territorio di una colonia di ratti che include un maschio dominante aggressivo, determinando nei roditori un’intensa reazione che è stata paragonata alla frustrazione che noi possiamo sperimentare per una sconfitta sociale. In ogni caso, i ricercatori sottolineano che un tale paradigma è più realisticamente vicino allo stress relazionale umano di quanto non lo sia l’effetto degli agenti più tradizionalmente impiegati come stressors di laboratorio.

Per contrassegnare i neuroni neonati sono stati impiegati gli analoghi della timina CldU, IdU e BrdU, che sono stati iniettati nei ratti prima dell’esposizione allo stress. La temporizzazione dell’esposizione all’intruso andava dal momento immediatamente seguente l’iniezione fino ad una settimana dopo. In tal modo era possibile distinguere gli effetti dell’esperienza negativa sulla proliferazione delle cellule neoprodotte e sulle 3 fasi successive della loro lifespan.

L’iniezione di CldU un giorno prima dell’esposizione all’intruso contrassegnava le cellule proliferanti al momento dello stress: la sua incorporazione nel giro dentato è risultata identica a quella rilevata nel gruppo di ratti di controllo. Anche l’incorporazione di IdU iniettata 2-3 giorni prima dello stress era simile a quella degli animali del gruppo di riscontro non stressato.

Questi risultati indicavano che l’evento traumatico non interessava la proliferazione e la sopravvivenza immediata delle cellule neoprodotte nell’ippocampo.

Quando i ricercatori hanno misurato ad una settimana di distanza l’incorporazione di BrdU (somministrato entro tre giorni prima dell’esposizione all’invasione da parte dell’intruso) hanno rilevato, invece, una straordinaria differenza: 66% in meno nei ratti esposti allo stress. Il risultato non consente dubbi circa la riduzione della sopravvivenza di breve termine dei neuroni neoprodotti.

Al fine di valutare la sopravvivenza di lungo termine, un gruppo di ratti è stato esposto al trauma sociale una settimana dopo l’ultima iniezione di BrdU, consentendo alle cellule neonate di differenziarsi. La valutazione e il confronto con il gruppo di controllo sono state effettuate 3 settimane dopo lo stress impiegando, oltre il rilievo dell’incorporazione di BrdU, anche quello del marker neuronico NeuN.

Nel giro dentato dei ratti stressati, il 33% in meno delle cellule nervose sono risultate positive ai due markers. Questo rilievo dimostra la riduzione della sopravvivenza di lungo termine dei neuroni di nuova sintesi.

Sembra, dunque, che la sperimentazione condotta presso il laboratorio di “Neural Repair and Neurogenesis” della Rosalind Franklin University abbia fornito una prima risposta all’interrogativo sulla patogenesi del danno acuto, dimostrando una netta differenza rispetto all’inibizione della neurogenesi, recentemente provata come meccanismo della lesione cronica da stress.

Thomas, Hotsenpiller e Peterson concludono che l’esposizione ad un singolo evento traumatico può lasciare indenne il processo di proliferazione, ma rendere l’ambiente dell’ippocampo meno ospitale per le nuove cellule riducendone la sopravvivenza.

Se tale ipotesi sarà confermata, il passo successivo sarà l’esatta definizione dei fattori e dei processi che abbreviano la vita delle cellule neoprodotte.

 

Ludovica R. Poggi

BM&L-Maggio 2007

www.brainmindlife.org