STEM UMANE PER MODELLO DI ATROFIA MUSCOLARE SPINALE

 

 

Le cellule staminali pluripotenti indotte da fibroblasti cutanei, recentemente hanno attratto l’attenzione dei ricercatori come alternativa alle staminali embrionali per applicazioni quali la creazione di modelli sperimentali di patologie, lo screening farmacologico e la medicina rigenerativa. Svendsen e collaboratori provenienti dal Waisman Center, The Stem Cell and Regenerative Medicine Center at University of Wisconsin-Madison, hanno condotto uno studio molto interessante con cellule stem pluripotenti indotte (iPS, da induced pluripotent stem) provenienti da un ragazzo affetto da atrofia muscolare spinale (SMA, da spinal muscular atrophy), una malattia genetica ereditata come un carattere autosomico recessivo e causata da mutazioni nei geni di sopravvivenza dei motoneuroni (o geni SMN, da survival motor neuron) che portano alla degenerazione di queste cellule con danno motorio che giunge fino alla paralisi (Ebert A. D., et al. Induced pluripotent stem cells from a spinal muscular atrophy patient. Nature 457, 277-280, 2009).

I ricercatori hanno dimostrato che le iPS provenienti dal giovane paziente potevano essere indotte a differenziarsi come motoneuroni, conservando il genotipo e il fenotipo della malattia, in tal modo fornendo una dimostrazione delle potenzialità di questo tipo di cellule umane per la realizzazione di modelli sperimentali altamente fedeli di patologia genetica umana. I ricercatori hanno generato cellule iPs infettando fibroblasti provenienti dal paziente affetto da SMA e da sua madre non affetta dalla patologia, con vettori virali codificanti fattori di trascrizione in grado di indurre la riprogrammazione di cellule somatiche portandole ad uno stadio di pluripotenzialità: OCT4 (noto anche come POU5F1), SOX2, NANOG e LIN28. Sia le cellule del paziente che quelle della madre (che fungeva da controllo sano) svilupparono teratomi costituiti da tessuti appartenenti alle tre matrici tessutali primarie: endoderma, mesoderma ed ectoderma. Le cellule provenienti dal paziente (iPS-SMA) presentavano però livelli notevolmente più bassi di SMN1. Poiché la mancanza di proteine SMN specificamente interessa la vitalità dei motoneuroni, i ricercatori hanno differenziato queste cellule iPS in motoneuroni impiegando vari fattori di crescita, incluso SH (sonic hedgehog) ed acido retinico. L’avvenuta differenziazione è stata confermata mediante il riscontro dell’espressione dei fattori di trascrizione dei motoneuroni (HOXB4, OLIG2, ISL1 and HB9, anche detto MNX1) e dei markers dei motoneuroni maturi, ossia colina acetiltrasferasi e SMI-32.

Le colture di cellule nervose iPS-SMA e quelle delle analoghe cellule indenni originate dai fibroblasti della madre del paziente, inizialmente presentavano lo stesso numero di motoneuroni ma, dopo 6 settimane di differenziazione, i neuroni motori formati da iPS-SMA presentavano un rilevante decremento nelle dimensioni e nel numero. Dopo 8 settimane il deficit era ancora più evidente, in quanto difettava la maturazione presinaptica, come indicato dal rilievo dell’assenza di un tratto distintivo rilevabile mediante colorazione (punctate synapsin staining).

Ottenuti questi risultati, i ricercatori hanno esaminato un altro aspetto molto importante del costruendo modello di atrofia muscolare spinale: la sensibilità a farmaci come l’acido  valproico e la tobramicina, che sono in grado di innalzare il livello di proteine SMN. A tale scopo hanno verificato la formazione, per effetto dei due composti, di SMN gems, cioè di aggregati naturali di proteine SMN nel citoplasma e nel nucleo dei motoneuroni derivati dalle cellule iPS-SMA.

Dopo soli due giorni di trattamento con valproato e tobramicina è stato possibile rilevare un significativo incremento degli aggregati, confermando l’utilità dei motoneuroni così generati per la valutazione di farmaci.

L’importanza di questo studio può ben essere apprezzata se si tiene conto del fatto che le precedenti ricerche sono state condotte realizzando modelli animali basati su strategie di knockdown genico o di iper-espressione, oppure impiegando fibroblasti provenienti da persone affette, cellule che non hanno mostrato la stessa vulnerabilità dei motoneuroni. Svendsen e colleghi con il loro lavoro hanno provato la validità dell’impiego di cellule iPS umane per la realizzazione di modelli di malattie neurologiche trasmesse geneticamente, evidenziando le potenzialità di tali modelli per indagare i meccanismi molecolari delle malattie e l’efficacia dei farmaci per il loro trattamento.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Floriani per la correzione della bozza.

 

Nicole Cardon

BM&L-Gennaio 2009

www.brainmindlife.org

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]