LA RICERCA DELLO SPIRITO NEL CERVELLO

 

(QUINTA PARTE)

 

STUDIO 1 (fMRI): Attività cerebrale durante un’esperienza mistica.

Lo scopo principale di questo studio era l’accertamento dell’esistenza di un’area più attiva di altre nel corso dell’esperienza mistica. In altre parole, Bauregard, Paquette e gli altri collaboratori, sottoponevano a verifica sperimentale l’esistenza di quel “God Spot” che Michael Persinger aveva localizzato nel lobo temporale.

Le 15 suore, nelle tre condizioni definite (mistica, affettiva e basale), sono entrate nel vano di scansione dell’apparecchio per la fMRI, dove il sistema tomografico ogni 3 secondi ha registrato l’attività cerebrale nelle sezioni craniche prescelte, ottenendo un quadro funzionale di tutto l’encefalo ogni 2 minuti circa.

Finita la prova, l’interpretazione delle immagini si è basata sul confronto fra lo stato di rievocazione dell’esperienza mistica e gli altri due stati di controllo. I ricercatori hanno anche voluto mettere in rapporto i dati oggettivi con il vissuto soggettivo delle religiose[1], impiegando un’intervista non strutturata e due riferimenti utili per la comparazione con altri studi: una scala di intensità soggettiva da 0 a 5[2] e la “Hood’s Mysticism Scale”.

La scala di Hood non è stata concepita per la spiritualità cristiana, perciò i ricercatori non hanno potuto applicarla integralmente, ma hanno dovuto selezionare le 15 domande corrispondenti alle voci più vicine alla concezione delle suore; qui di seguito si riportano i tre items che descrivevano l’esperienza delle carmelitane.

 

 

LE TRE VOCI DELLA HOOD’S MYSTICISM SCALE

Ho avuto un’esperienza che sapevo essere sacra

Ho avuto un’esperienza in cui ero assorbita da qualcosa di più grande di me

Ho esperito una gioia profonda

 

 

Durante le interviste condotte al termine dell’esperimento, le suore hanno detto di aver sentito la presenza di Dio e del suo incondizionato ed infinito amore, oltre ad una sensazione di pienezza e di pace. Tutte hanno precisato che la rievocazione dell’esperienza mistica richiesta dai ricercatori, aveva generato una condizione di coscienza diversa da quella che avevano quando cercavano di auto-indurre lo stato di comunione col Signore. Nel rievocare, si è spesso attivata un’immaginazione visiva e motoria.

E’ importante notare che anche nella condizione di controllo le suore hanno provato un sentimento di amore incondizionato.

Il principale risultato di questo studio è consistito nel rilievo di almeno 6 distinte regioni encefaliche attive solo durante la reminescenza dell’esperienza mistica: il nucleo caudato, l’insula di Reil, il lobulo parietale inferiore, la corteccia orbito-frontale, la corteccia prefrontale mediale e la corteccia temporale media di destra, oltre ad aree quali la corteccia visiva e il tronco encefalico nell’antimero di sinistra.

Il nucleo caudato è una formazione grigia della base encefalica, parte del corpo striato, che svolge un importante ruolo nell’apprendimento di procedure motorie e nella formazione di memorie in varie altre forme di conoscenza; sebbene sia tradizionalmente messo in relazione con la neurofisiologia del movimento, recentemente è stata dimostrata la sua attività nell’innamoramento. A quest’ultima evidenza sperimentale fanno riferimento Bauregard e colleghi, nell’ipotizzare che la base neurale del sentimento di amore incondizionato, provato dalle suore durante l’esperienza mistica, consista in un processo che ha il suo fulcro nei neuroni del nucleo caudato.

L’insula, così detta da Reil perché circondata da un solco che la delimita topograficamente come un’isola (insula di Reil), è una formazione grigia situata nella fossa laterale del cervello ed implicata nel controllo di alcune sensazioni corporee, nella regolazione delle emozioni sociali e in comportamenti legati ad alcuni tipi di piacere[3]. L’attivazione delle cellule nervose di quest’area è stata associata dai ricercatori alle sensazioni piacevoli provate durante la gioia per l’amore divino.

L’aumento di attività nel lobulo parietale inferiore è un reperto di grande interesse, perché in contrasto con i risultati ottenuti in precedenza dagli altri ricercatori e, in particolare, con quelli dei gruppi di Newberg e Davidson, che abbiamo esaminato in precedenza[4]. In questi studi, il crollo di attività in gran parte del lobo parietale era stato registrato in volontari buddisti[5], pertanto la differenza può essere attribuita alla diversa esperienza e, sia pure con la dovuta prudenza, ad uno stato mentale che riflette una condizione spirituale diversa. Secondo i ricercatori canadesi, l’attività di aree parietali che mediano funzioni connesse con la coscienza del corpo, corrisponde alla sensazione di essere, nell’integrità della propria persona, “assorbita da qualcosa di più grande di me”, secondo la voce della Hood’s Mysticism Scale scelta dalle religiose del Carmelo.

 

[continua]

 

La sesta parte de “La ricerca dello spirito nel cervello” sarà pubblicata la prossima settimana. Con l’ultima delle note su questo argomento, saranno forniti i riferimenti bibliografici delle fonti citate nel testo. Le autrici della nota ringraziano il presidente di BM&L-Italia, Giuseppe Perrella, che ha fatto conoscere loro questo campo di studi, presentandone i risultati al Seminario Permanente sull’Arte del Vivere.

 

Monica Lanfredini & Nicole Cardon

BM&L-Dicembre 2007

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

 



[1] E’ senz’altro un pregio di questo studio, perché si deve rilevare che in pochi altri casi sono state raccolte e registrate le descrizioni e le valutazioni della propria esperienza da parte dei volontari.

[2] Punteggi da 1 a 5 della scala soggettiva dell’intensità: nessuna esperienza di unione con Dio = 0; debolissima esperienza di unione con Dio = 1; debole esperienza di unione con Dio = 2; esperienza di unione con Dio di media intensità = 3; forte esperienza di unione con Dio = 4; la più intensa esperienza di Dio che abbia mai avuto nella mia vita = 5.

[3] Si veda “Note e Notizie 10-03-07 Insula di Reil e dipendenza dal fumo”.

[4] Si veda “La ricerca dello spirito nel cervello”, parte seconda e parte terza.

[5] Buddisti tibetani, nel primo caso, e provenienti da ogni parte del mondo, nel secondo. L’esperienza di questi volontari era quella della dissoluzione dei confini corporei con la perdita dell’identità fisica