VARIANTI DI SORL1 ASSOCIATE ALLA MALATTIA DI ALZHEIMER

 

 

Quaranta ricercatori afferenti al laboratorio dell’Università di Toronto diretto da Peter St. George-Hyslop, il genetista che contribuì all’identificazione dei geni denominati presenilina 1 e 2, hanno condotto uno studio sul ruolo di SORL1 nella patogenesi della malattia di Alzheimer.

Il riciclo dell’amyloid precursor protein (APP) della superficie cellulare, mediante la via endocitica, gioca un ruolo chiave nella formazione dei peptidi ß-amiloidi di 42-43 aminoacidi (ßA) che tendono all’accumulo nella malattia di Alzheimer. SORL1, recettore associato alla sortilina e membro della vacuolar protein sorting family (VPSF), in precedenti lavori è stato implicato nello squilibrio che contribuisce ad accrescere la quantità di peptidi tendenti all’aggregazione che porta alla formazione della sostanza amiloide.

I ricercatori canadesi hanno rilevato che varianti ereditate di SORL1, caratterizzate da più bassi livelli di espressione della proteina, erano associate con forme ad insorgenza tardiva della malattia di Alzheimer (Rogaeva E., et al. The neuronal sortilin-related receptor SORL1 is genetically associated with Alzheimer disease. Nature Genetics 39, 168-177, 2007).

Le varianti, che St. George-Hyslop e colleghi hanno rilevato in almeno due blocchi di sequenze introniche all’interno del gene per SORL1 (conosciuto anche come LR11 o SORLA), sembrano regolare l’espressione tessuto-specifica della proteina.

Lo studio dimostra che SORL1 dirige il traffico dell’APP nelle vie di riciclo e, quando SORL1 è ipoespressa, APP è più facilmente smistata nel compartimento che genera i peptidi ßA che, aggregandosi, innescano la sequenza di reazioni che porta alla formazione delle placche infiammatorie.

I dati che emergono dall’intero lavoro suggeriscono che modificazioni, sia genetiche sia acquisite, nell’espressione o nella funzione di SORL1, possano avere un ruolo non secondario nella fisiopatologia del danno in molte forme della malattia.

 Per decenni la disputa su quale delle due alterazioni, le placche amiloidi o la degenerazione neurofibrillare, costituisse il primum movens della malattia, ha diviso i ricercatori in Baptists (da ßAP = beta amyloid protein) e Tauists (da tau, la proteina associata ai microtubuli). Attualmente si conoscono processi che mettono in relazione i due contrassegni istopatologici, ed è evidente che la combinazione di più fattori genetici ed acquisiti condiziona lo sviluppo di quadri degenerativi diversi. Come è stato spesso evidenziato nei nostri aggiornamenti, è necessario aver presente che la categoria nosografica “malattia di Alzheimer” include un gruppo eterogeneo di forme degenerative che andrebbero distinte anche a fini prognostici e terapeutici. La maggiore o minore tendenza all’accumulo di peptidi amiloidi, la presenza o l’assenza di alterazione neurofibrillare, la diversa reattività della microglia nella formazione delle placche, sono fra i fattori che possono influire sul decorso e sulla prognosi, realizzando di fatto malattie diverse. Per questo la ricerca che mira a stabilire le cause del diverso andamento e della diversa gravità delle forme cliniche osservate, non deve essere ignorata dai clinici che potranno, in un prossimo futuro, impiegarne i risultati in funzione di una semeiotica più specifica e di un intervento più efficace per il singolo paziente.

 

L’autrice della nota ringrazia il presidente di BM&L, Giuseppe Perrella, con il quale ha discusso l’argomento trattato.

 

Nicole Cardon

BM&L-Marzo 2007

www.brainmindlife.org